Donne, sterminata massa di oppresse di Lietta Tornabuoni, La Stampa 1970

da | Feb 18, 2010 | Scritti d'archivio

“Io farei anche lo sciopero del sorriso. Anzi, il boicottaggio permanente del sorriso. Le donne debbono piantarla di sorridere sempre” Per essere dirigente del movimento per la liberazione delle donne e autrice di un libro sulla rivoluzione femminista, La dialettica del sesso, questa signora americana ha un nome davvero inopportuno. Si chiama Sulamita, come una principessa da harem, e Firestone, come la grande industria produttrice di pneumatici: il che non corrisponde affatto al suo rigore severo, al suo appassionato estremismo.
Lo sciopero delle donne che le organizzazioni femministe americane hanno proclamato per il 26 agosto è assolutamente giustificato, dice: “Le donne sono la più sterminata massa di oppressi, la più miserabile colonia del mondo”.

Il “classismo sessuale”, spiega, lacera la società in padroni privilegiati e serve-oggetto; il “sessismo”, la forma più esasperata di razzismo, divide gli esseri umani in maschi eletti e femmine reiette: “Non esiste alcun gruppo sociale in cui le donne siano rispettate come individui o riconosciute dagli uomini come eguali. Persino tra i beatniks di Greenwich Village nel 1960, tra gli hippies di Haightashbury nel 1996, le ragazze rimanevano sempre soltanto quelle che fanno il caffè e l’amore: come persone del tutto invisibili. Addirittura inesistenti”.
Neppure l’azione politica le riscatta: “Nel gennaio 1968 cinquemila donne fecero una marcia per la pace su Washington. Fu un capolavoro di irrilevanza. Nessuno se ne accorse. I giornali neanche se ne occuparono: a che scopo parlare di una massa di galline tanto ingenue da considerare la politica un puro fatto di buona volontà?”.
Meglio allora puntare sull’aggressività: “Gli scopi del nuovo femminismo non potranno mai essere raggiunti attraverso l’evoluzione, ma solo con la rivoluzione”. Quali sono in realtà questi scopi? “Liberare le donne dal ruolo esclusivamente sessuale e riproduttivo cui la società le condanna”. Dunque la stessa meta del vecchio femminismo? “Oggi è diverso. Oggi la maternità può essere rimpiazzata dalla riproduzione artificiale, e la divisione del lavoro può essere abolita dalla eliminazione del lavoro. Oggi le differenze tra i sessi possono non avere più alcun valore sociale e culturale”.
Non è fantafemminismo? “E’ preveggenza, non fantascienza. In prospettiva, ma già sin da oggi, lo sviluppo della tecnologia consente alle donne di liberarsi dagli impacci di una condizione biologica alla quale il classismo sessuale si ostina invece  a volerle condannare in eterno”.
E perché non dovrebbero più sorridere? “Osservi gli uomini nei negozi o negli uffici postali, li osservi chiedere una informazione, entrare in un locale pubblico o incontrare una persona nuova: non sorridono affatto. Osservi le donne nelle stesse circostanze: sorridono sempre, nevroticamente: Sorridono per farsi benvolere, per riuscire gradite, per essere accettate, per sembrare “piacevoli”: Sorridono come il cane che muove la coda per propiziarsi il padrone; o come sorride il bambino che sa di dover conquistare gli adulti per riscattare la propria fragilità e inferiorità. Nelle donne il sorriso è spesso l’equivalente di una dichiarazione di resa: indica la piena acquiescenza della vittima al proprio oppressore. A me sembrerebbe invece giusto che sorridessero soltanto quando sono felici”.

Commento di Marta Ajò

…e non aveva ancora visto le veline…
Avevo intrapreso la lettura di queste righe con un sorriso amicale, solidale e condividente poi, piano piano non ho sorriso più.
Non perché non fossi d’accordo sulla modalità dello sciopero ma perché, al di la del modo desueto di esprimersi, proprio delle femministe che eravamo, molte di noi, alcune cose mi sembrano ancora attuali.
Non capisco perché la mia cagna scodinzoli mentre la guardo di sfuggita; sta proprio sotto il computer, ai miei piedi e forse mentre muove la coda sta pure sorridendo; che lei sia felice? forse è vero che le donne stanno anche peggio dei cani.