Anita Nair, scrittrice

da | Dic 3, 2010 | Interviste/Video

Anita Nair, scrittrice

Anita Nair  è fra le autrici indiane più apprezzate da noi, soprattutto dopo il successo di Cuccette per signora.
Nel suo nuovo bellissimo romanzo L’arte di dimenticare mette a confronto due drammi esistenziali che finiranno per convergere: Mira, moglie di un manager di successo che l’ha relegata nell’ombra, riesce a ritrovare la sua identità quando lui l’abbandona; Jak, scienziato metereologo con una figlia in coma a causa di un oscuro incidente, parte per cercare la verità su quanto è accaduto. Le storie parallele di questi due protagonisti seguono l’andamento di una catastrofe naturale paragonabile al ciclone.

Ecco come la scrittrice ci spiega questo collegamento…

Avevo bisogno di una metafora che potesse contenere due personaggi distinti. Poi ho pensato ai cicloni, e funzionava. Mira è la corrente d’aria fredda, Jak quella di aria calda. Quando s’incontrano, si avvia un ciclone, ma non c’è modo di percepirlo, poiché comincia in un mare calmo, poi alcune nuvole pian piano si addensano. Ho cercato di replicare questa situazione nella scena iniziale del party in cui casualmente i due s’incontrano: tutto sembra andare per il meglio, ma può andare in pezzi improvvisamente. L’imprevedibilità con cui il dolore colpisce è uno degli elementi chiave della disperazione umana. Inoltre, spesso non si ha alcuna colpa negli sconvolgimenti che possono abbattersi su di noi, come chi subisce i danni del ciclone non ha niente a che fare con i motivi che l’hanno provocato. Infine, nonostante la devastazione, ci si sforza di andare avanti e ricostruire le nostre vite: anche questa è una lezione che possiamo imparare dai cicloni.

Le ultime pagine del romanzo lasciano in sospeso i lettori: quasi come in un test di personalità, sta a loro ipotizzare un lieto fine, oppure la delusione delle speranze. Come mai questa scelta di un finale aperto?
 
Ho sempre creduto che i romanzi dovrebbero rispecchiare la vita. Non c’è nulla di certo nelle nostre vite e quindi annodare tutti i fili pendenti sembrerebbe troppo perfetto, macchinoso e quindi non realistico. Inoltre, vorrei che la fine dei miei romanzi fosse per il lettore un’esperienza cui arrivare. Ciò che pensano i personaggi li dovrebbe aiutare a risolvere la storia. Mi piace pensare che Jak vorrà fare qualcosa per portare avanti la battaglia della figlia, e che Mira e Jak troveranno gioia uno nell’altra, senza che Mira perda di nuovo se stessa… ma dichiarare tutto questo significherebbe togliere ai lettori la capacità di decidere per se stessi.

Il ruolo giocato dalle donne nella nuova India è fondamentale, ma è anche il più difficile: come conciliare il processo di emancipazione con la custodia delle antiche tradizioni su cui si basa la cultura indiana?

Le donne portano bagagli pesanti nella loro vita adulta. Devono scendere a molti compromessi tra le norme e le credenze secondo cui sono state allevate e i loro desideri ed esigenze. Purtroppo quasi sempre si adattano a ruoli imposti dall’esterno e dalle circostanze, più che adoperarsi per esprimere se stesse. 

24 maggio 2010, intervista di Daniela Pizzagalli