Violenza sessuale tentata e non consumata a carico di chi poggia una mano sulla coscia della minore, 13 maggio 2013

da | Mag 14, 2013 | Anno 2013

Violenza sessuale tentata e non consumata a carico di chi poggia una mano sulla coscia della minore
È escluso che il contatto fisico con zone «non erogene» configuri una violazione della libertà di autodeterminazione della vittima nella sua sfera intima

 
 

Non commette violenza sessuale consumata ma tentata chi poggia una mano sulla coscia della minorenne, visto che il contatto fisico verso zone non erogene non configura una violazione della libertà di autodeterminazione della vittima nella sua sfera sessuale. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza 20370 del 13 maggio 2013, ha annullato la sentenza impugnata da un 70enne contro il giudizio di colpevolezza della Corte d’appello di Roma che lo ha condannato a un anno e 8 mesi tentata per violenza sessuale ai danni di una quattordicenne.

Il caso
L’uomo ha caricato in macchina la bambina per un passaggio fino a casa. Durante il tragitto le ha poggiato una mano sulla coscia, durato pochi attimi perché la ragazzina ha aperto lo sportello ed è scesa soccorsa da passanti. La terza sezione penale ha ribaltato la decisione della Corte capitolina ritenendo che non si configura il reato di violenza sessuale ma di tentata violenza sessuale, recriminando ai giudici di merito di non aver eseguito un’attenta analisi al fine di accertare se nel gesto compiuto dall’imputato fosse ravvisabile un tentativo di violenza sessuale ovvero una violenza sessuale consumata. Al riguardo, la Suprema corte ha osservato che «ai fini della integrazione del tentativo di reato a sfondo sessuale deve ricorrere, sul piano soggettivo, l’intenzione dell’agente di raggiungere l’appagamento delle proprie bramosie sessuali mentre, sul piano oggettivo, la condotta deve risultare idonea a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sua sfera sessuale, anche, eventualmente, ma non necessariamente, attraverso contatti fisici, sia pure di tipo superficiale e/o fugace, non indirizzati verso zone “erogene” suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale». E ancora, che «il discrimine tra la violenza sessuale tentata e quella consumata nella individuazione della zona corporea presa di mira dall’agente: laddove l’atto posto in essere dall’agente indirizzato verso una zona “erogena” raggiunga una zona “non erogena” vuoi per la reazione della vittima, vuoi per effetto di altre circostanze indipendenti dalla volontà dell’agente, dovrà configurarsi la fattispecie tentata e non quella consumata, la quale si verificherà, invece, laddove toccamenti, palpeggiamenti o altri gesti equivalenti, anche se di breve durata e non connotati da violenza, attingano le zone corporee “sensibili”, non essendo necessario, ai fini della consumazione del reato, il raggiungimento della soddisfazione erotica». Pertanto, la parola torna alla Corte romana per un nuovo giudizio.