Nozze d'argento

da | Nov 13, 2017 | Quello che le donne raccontano

 

Dopo poche settimane dalle nozze d’argento un tragico destino mi portò via la mia amata metà.
Ci eravamo conosciuti sui banchi di scuola del liceo, eravamo compagni di banco, a volte capitava che studiassimo insieme, ci eravamo simpatici, ma solo frequentando l’università ci accorgemmo di essere fatti l’una per l’altro; così decidemmo di metterci insieme e al compimento degli studi pensammo di sposarci. A dire il vero passò qualche anno prima che ci sposassimo e i classici fiori d’arancio li vedemmo quando entrambi avevamo compiuto i trent’anni.
Eravamo tutti e due medici ed esercitavamo la professione in ospedali diversi e neppure tanto vicini tra loro, seppure nella stessa città. Morale della favola ci vedevamo solo alla sera e solo quando uno di noi non era di turno al pronto soccorso. Per molti anni fu così, ma non ci lamentavamo perché quando finalmente potevamo stare insieme il tempo lo trascorrevamo in totale accordo. Avemmo due figli che ora sono entrambi all’università, hanno la loro vita e il tempo per stare insieme ai genitori è sempre stato molto tiranno e li posso capire.
Come stavo dicendo all’inizio, all’età di cinquantacinque anni sono rimasta vedova e posso anche aggiungere inconsolabile, Paolo si può dire che sia stato l’unico uomo della mia vita e quando mi ritrovai sola credetti che essa volgesse ormai al tramonto insieme alla voglia di vivere finché non conobbi, ironia della sorte, ad un funerale, Alberto: si trattava di quello di sua mamma. Fu veramente il caso a farmelo conoscere: io ero andata al cimitero a trovare mio marito quando mi imbattei nella processione, appunto del funerale di questa signora, non so come ma fui quasi fagocitata dal corteo e mi ritrovai a camminare insieme ai suoi parenti e conoscenti.
La seppellirono poco dopo non distante da mio marito, ma questo breve tempo fu sufficiente a farmi conoscere il figlio di questa donna che, credendomi un’amica della madre, non mi diede neppure il tempo di spiegare che ero estranea al suo dolore e nel momento del commiato mi strinse a sé e mi abbracciò. Non so per quale arcano motivo, arrivata alla fossa anziché andare a portare i fiori sulla tomba di mio marito rimasi lì e li posai su quella della signora, so solo che dopo quell’abbraccio mi ritornò la voglia di vivere.
A volte il caso lavora in modo così misterioso e inaspettato che ci lascia basiti, a volte contro di noi ed altre, come in questa, ci dona cose che mai ci saremmo aspettate.

Mnemosine di Max Bonfanti ©Riproduzione riservata