Affido condiviso negato all’ex marito troppo “mammone”
Il rapporto «irrisolto con la madre» può compromettere lo sviluppo psicofisico del bambino. No all’autonomo diritto di visita dei nonni paterni
Il giudice può negare l’affidamento condiviso a un padre troppo “mammone” che ha cioè un rapporto irrisolto con la propria madre. A maggior ragione in presenza di contrasti e ostilità verso la ex moglie.
Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 17101 dell’11 agosto 2011, ha negato il diritto alla bi genitorialità a un padre “mammone” che non aveva mai tagliato il cordone ombelicale con la madre. Non solo. A peggiorare la sua posizione anche i contrasti continui con la ex moglie.
E ancora. In queste lunghe e interessanti motivazioni la Cassazione ha negato un autonomo diritto di visita dei nonni paterni ai quali è stato concesso di frequentare la bambina solo durante i pomeriggi che questa passava col padre.
Insomma, sposando in pieno la decisione della Corte d’Appello di Brescia la prima sezione civile ha chiarito che i giudici di merito hanno correttamente concentrato le loro valutazioni sull’interesse della minore, «motivando il loro convincimento sugli effetti pregiudizievoli che potrebbero derivare allo sviluppo psicologico della medesima dall’affidamento condiviso sia in positivo (con riguardo alla capacità genitoriale della madre) sia in negativo (con riguardo alla particolare situazione del rapporto del padre con la famiglia d’origine e in tale contesto al comportamento gravemente denigratorio da lui e dalla sua famiglia assunto nei confronti della ex moglie».
Sul fronte della richiesta avanzata dai nonni paterni di un autonomo diritto di visita il Collegio di legittimità ha risposto che «l’articolo 155 del codice civile non attribuisce agli ascendenti del minore un autonomo diritto avente il contenuto indicato dal padre. La norma attribuisce invece al minore il diritto di conservare rapporti significativi con gli ascendenti, nel quadro del mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con i propri genitori e con la medesima finalità di evitare, per quanto possibile, che la separazione produca traumi nello sviluppo della personalità del minore stesso».
Il caso riguarda una coppia di Firenze. I due vivevano in un appartamento attiguo a quello dei suoceri. Dopo le nozze era nata una bambina. Ma poi i contrasti fra moglie e marito, ma più che mai fra suocere e nuora, erano aumentati. In alcuni episodi era stato richiesto l’interveto delle forze dell’ordine. Così la coppia si era separata.
Il Tribunale aveva addebitato tale separazione alla donna. Poi le cose sono andate diversamente in appello. La Corte territoriale ha ribaltato il primo verdetto per due motivi: il rapporto di dipendenza di lui dalla madre e le fortissime conflittualità contro la ex moglie.
Ora la decisione è stata resa definitiva dalla Cassazione.