Banche dati per l’anagrafe degli animali d’affezione: accordo Stato-Regioni da attuare entro l’anno
Cani da registrare col microchip entro il secondo mese di vita, nessun obbligo per i gatti estranei a colonie feline. Divieto di vendita per i non identificati
Via libera all’armonizzazione sul territorio nazionale della legislazione sugli animali d’affezione. È pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 63/2013 l’accordo raggiunto in sede di Conferenza unificata fra Stato, Regioni, Province autonome e altri enti territoriali (il testo è qui disponibile come documento correlato).
Registrazione e adempimenti
Entro un anno dal patto raggiunto con il Governo le Regioni si impegnano ad adottare disposizioni specifiche in materia di responsabilità e doveri del proprietario e del detentore di animali d’affezione. Gli enti territoriali, in particolare, dovranno istituire e implementare l’anagrafe degli animali d’affezione attraverso una banca dati regionale collegata a quella nazionale. Il proprietario o il detentore di un cane deve provvedere a far identificare e registrare l’animale entro il secondo mese di vita con l’applicazione del microchip. Diverso il discorso per il gatto, laddove il proprietario o il detentore può provvedere, su base volontaria, allo stesso adempimento previsto per Fido. I gatti delle colonie feline, invece, devono essere identificati al momento della sterilizzazione e registrati nell’anagrafe degli animali d’affezione a nome del Comune competente per territorio.
Stop ai “trafficanti”
Tra le novità indicate importanti dagli stessi animalisti c’è il divieto di vendita e cessione, a qualsiasi titolo, di cani e gatti non identificati e registrati. E altrettanto vale per i cani e i gatti di età inferiore ai due mesi, fatti salvi i casi in cui i cuccioli devono essere allontanati dalla madre per motivi sanitari certificati da un medico veterinario pubblico o privato abilitato ad accedere all’anagrafe canina regionale. Da non sottovalutare anche l’obbligo per il veterinario di segnalare la mancanza o l’illeggibilità dell’identificativo al Servizio veterinario pubblico. Ora tocca agli enti territoriali darsi da fare.