Carla Baroncelli, ex giornalista del Tg2
Dice di non aver regalato niente a nessuno. Di aver avuto solo la pazienza di ascoltare. Eppure, il suo lavoro un merito grande ce l’ha: quello di aver illuminato la vita di fantasmi, persone che da anni vivono sole e ai margini del mondo. E questo grazie alla sua sensibilità e alla capacità di calarsi sempre nelle storie che racconta.
Si tratta di Carla Baroncelli, ex giornalista del Tg2, nata a Ravenna nel 1949, che ha dedicato il suo ultimo libro – “E LA CASA DOV’E’? – Storie da un asilo notturno’, edizioni Ediesse, Roma – agli ospiti temporanei, a quelli occasionali del Re di Girgenti, un dormitorio pubblico, gestito dai volontari del Comitato cittadino antidroga di Ravenna. Una cinquantina tra uomini e donne che, nella struttura gestita da Carla Soprani, trovano un letto in cui dormire, pasti caldi, abiti puliti, “un ponte per attraversare la strada”, nel libro di Carla, la possibilità di un riscatto. Storie di droga, alcol, carcere e gioco d’azzardo, di notti passate a dormire nei vagoni della stazione ferroviaria, nei bagni di un ospedale. Ma come ci insegna l’autrice con questo lavoro, la spirale si può interrompere ed è allora che squilla il campanello di via Magagnina 61. Si può riprendere fiato e progettare di risalire, ritrovare quanto perso.
Carla, come è nata l’idea di scrivere un libro sugli ospiti di un dormitorio?
Da quando sono andata in pensione dal Tg2, ho scelto di continuare a scrivere, ma come volontaria. Ai primi di gennaio del 2011 mi è stato chiesto, così fra altre chiacchiere, se mi sarebbe interessato scrivere qualcosa sul dormitorio pubblico di Ravenna, Il Re di Girgenti. Non ci ho pensato su un attimo e ho detto subito di sì. Pochi giorni dopo, il primo incontro con Giovanna Piaia, assessora comunale ai servizi sociali, Carla Soprani, responsabile del comitato cittadino antidroga e coordinatrice del dormitorio e due rappresentanti della società sportiva di Ravenna Deportivo La Curnaza, che spesso organizza delle cene di finanziamento per ‘aiutare chi aiuta’. Pensavano ad un libretto stampato in economia, per far conoscere il Re di Girgenti e i suoi ospiti. Andai a letto felice. Non sapevo ancora che il libretto sarebbe diventato un libro con un casa editrice nazionale importante come l’Ediesse.
Quando ha cominciato a lavorare al libro? Quindi quando ha iniziato a frequentare la struttura di via Magagnina?
Sono andata al dormitorio la prima volta il 19 gennaio del 2011. Avevo un appuntamento alle 15 con Carla Soprani: mi avrebbe fatto fare un giro dentro al dormitorio, parlato delle modalità di accoglienza, degli ospiti e fatto capire qualcosa di più del volontariato.
Com’è la “casa”?
E’ una palazzina d’angolo bene conservata. Le tendine bianche alle finestre. Un luogo vivo: i panni stesi nel cortile di dietro, le biciclette nelle rastrelliere, la bandiera che sventola attaccata ad un albero. Era tutto il contrario di quello che avevo pensato di vedere. Appena è arrivata Carla Soprani ho acceso il registratore, per non perdere neanche una sua parola. Ma questo è l’inizio del libro e il seguito va letto.
All’ interno com’è? E quante persone ospita?
La struttura è anni Cinquanta. Sul pianerottolo d’entrata c’è una scala che scende e va nelle docce, nei bagni e nella dispensa, dove si distribuiscono le sportine con la cena e la colazione. La scala che sale, invece, porta alla cucina, al guardaroba, alla stanze delle ospiti femmine col bagno di fronte, alla stanza del custode notturno. Al piano di sopra ci sono le camerate a tre, quattro, cinque letti, un altro bagno e l’ufficio. In tutto gli ‘ospiti interni’, cioè quelle persone che sono state mandate qui dai servizi sociali, per avere un letto e i pasti in attesa che passi per loro ‘a nuttata’, sono ventuno, di cui tre donne. Gli ospiti ‘esterni’, che vengono qui a ritirare solo sportina, spesa alimentare o doccia, sono una sessantina al giorno. 365 giorni l’anno.
La stanza che l’ha colpita di più?
La cucina è la stanza dove si sente di più la ‘casa’: gli odori, le chiacchiere, i divani, il caffè. Anche in questa casa è così.
Per quanto tempo ha frequentato il Re di Girgenti? E per quante ore ci rimaneva?
Le interviste le ho raccolte da gennaio a maggio del 2011, ma non so quantificare orari e pause. So che i miei pensieri hanno girato attorno al dormitorio e a i suoi ospiti da allora fino ad oggi. Perché conoscendo le persone, le loro storie, non puoi restare indifferente. Mi si scatena l’empatia, che unita alla immaginazione mi fa vedere ciò che raccontano. E così ti capita nei giorni successivi all’ intervista di rifermarti a chiedere a una donna se è venuto a trovarla suo figlio o ad un ragazzo marocchino se si è iscritto alla scuola di italiano. Da quando ho iniziato questo lavoro gli invisibili sono diventati visibili. E sono persone con tanti pesi alle spalle e tanta energia inutilizzata.
Chi ha incontrato al dormitorio? E in genere, chi sono gli ospiti della struttura?
Le donne, che notoriamente hanno più risorse mentali, riescono ad adattarsi e a cavarsela meglio, quando perdono il lavoro e la casa. Ce ne sono parecchie fra coloro che vengono a ritirare le sportine o le spese alimentari, ma solo tre sono ospiti interne. C’è un altro dormitorio per donne e bambini piccoli, del quale per ora non mi sono occupata, Negli ultimi mesi sono in aumento gli uomini di mezza età che hanno perso, nell’ ordine: lavoro, casa e famiglia. Molte persone fragili, naufragate nelle dipendenze o nella delinquenza, che con l’aiuto di Carla Soprani tentano di attraversare la strada. Molti sono stranieri coi sogni a pezzi e la politica che li confonde. Ragazzi pieni di salute, italiani o stranieri, che non trovano nessuno che voglia le loro braccia o le loro menti. Un irlandese di 30 anni, una signora italiana di 72 anni. Un bosniaco. Un nigeriano. Un ivoriano. Qualche marocchino.
Come è riuscita ad avvicinarli e farli parlare?
Come ho scritto nel libro, per avvicinarmi non ho dovuto portare una coperta, perché al dormitorio è caldo come nelle ‘case’. Ho portato castagnole di carnevale, una torta di riso fatte da me, Del mio arrivo, della mia intenzione di raccogliere le loro storie e di farne un libretto, aveva già avvisato tutti Carla. Con quale domanda iniziare l’intervista, invece, è stata una scelta che mi ha dato da pensare per due, tre notti. Poi ho deciso di partire, chiedendo la descrizione della casa dove sono nati e i racconti si sono snodati da soli. Ovviamente col registratore sempre acceso, perché la commozione mi ottenebrava l’attenzione. Ho solo ascoltato le loro storie così come le hanno vissute e me le hanno raccontate. Con rispetto e silenzio. Anche durante le loro pause.
Intervista di Cinzia Ficco