Chi era Anna Freud? Semplicemente la figlia di Sigmund Freud, oppure la first lady della psicoanalisi?

da | Ott 15, 2023 | Dietro la lente

Riprendo la questione, da proporre anche così: Anna Freud si ricorda come la prima donna psicoanalista con Melanie Klein, ovvero “le due figlie del padre della psicoanalisi”. La prima legittima, la seconda come frutto della sua geniale teoria, oppure la figlia semplicemente del teorico del complesso edipico?

Anna è la sestogenita di Marta Bernays e Sigmund Freud. Seguirà il padre e la madre nel loro viaggio di fuga da Vienna, verso Londra, per scappare dalle persecuzioni naziste che incalzavano. Si dice che il genio dell’inconscio pagò i nazisti per fuggire. Prova ne è, forse, che gli fecero tante foto nel tragitto, sull’aereo, in una dimora in Francia, poi a Londra.
Chissà Freud che dovette fare per salvarsi…anche corrompere degli aguzzini così malvagi per sopravvivere!

La grande psicoanalista austriaco-inglese, che scrisse, epigone del padre, “L’io e i meccanismi di difesa”, scritto fondamentale sul ruolo che giocano le difese psicologiche, come la rimozione nella vita intrapsichica inconscia del soggetto, ebbe la sua infanzia con un padre tradizionale e autoreferenziale, narcisista e creativo quanto basta per analizzare anche la figlia.

Ma perché, vi chiederete, analizzare la propria figlia è dannoso, è iatrogeno, ovvero patogeno a livello psicologico?
Ebbene sì. Sì crea infatti una relazione di transfert, con il proprio psicoterapeuta o con il proprio psicoanalista, di forte coinvolgimento emotivo, quasi da provare una sorta di innamoramento, ma se gestito sapientemente, professionalmente, diventa energia mentale per un buon miglioramento nel percorso psicoanalitico.

Freud aveva studiato proprio il fatto che, se ci si incagliava nell’innamoramento per un genitore nella fase genitale dello sviluppo psicosessuale, se non c’era barriera o interdizione all’incesto psicologico, il soggetto non poteva identificarsi in modo normale sessualmente, nel suo genere, e optare per un’attrazione verso persone dello stesso sesso.
Insomma così grande e ingombrante, così geniale e a suo modo non conformista, Freud studiò con il complesso di Edipo la prima psiconevrosi. A quei tempi, verso la prima metà del ‘900, il DSM non era ancora stato pubblicato, manuale di psichiatria, ma lui impostò una psicopatologia dell’omosessualità, che inizialmente fu introdotta nel DSM sotto forma di malattia mentale., dando un taglio ulteriore morale al modo in cui si pensa all’omosessualità.

Adesso essere omossessuale non è più considerata una vera e propria psicopatologia, ma una scelta sessuale di genere, un orientamento psicosessuale, non una malattia mentale.
Anna Freud rimase legata per più di 40 anni ad una donna, Dorothy Burlingham, ma anche devota e attaccata profondamente al padre, a cui doveva la sua iniziale teoria, ovvero una importante spiegazione della vita inconscia impostata dal padre.
Nonostante il suo debito simbolico, intellettuale e teorico con il padre, a cui dicono assomigliasse anche come temperamento, Anna Freud diventò famosa per la psicoanalisi con i bambini, perchè fu tra le prime donne della psicoanalisi a capire l’importanza per il tempestivo intervento sulla psiche infantile quando si presentano i sintomi nevrotici, anche lievi.
Infatti se si interviene in modo da trasformare il sintomo in un’altra forma di vita armoniosa e di benessere mentale, il soggetto in evoluzione riprende presto il suo cammino evolutivo, quasi spontaneamente.

Dire che Freud inventò la via regia dell’inconscio, ovvero la psicoanalisi, è riduttivo, dato che chi fa questo lavoro come me, o almeno la usa, la pensa come lo strumento intellettuale ed emotivo che più dona  libertà e senso di nuova vita ai soggetti che soffrono psicologicamente.
Non si può neanche affermare che Anna Freud diventò la persona che era per la responsabilità esclusiva del padre Sigmund Freud o per la depressione post-partum che colpì la madre nei suoi primi anni di vita.

Infatti dire ad un genitore: “E’ colpa tua, se sono fatta così!”, non era proprio di Anna Freud, estimatrice profonda del padre, ma consapevole del ruolo della mente. A volte misteriosa, di ciascuno di noi, del nostro inconscio, ed infine, ma non per ultimo, di cosa noi vogliamo fare  dell’eredità dei nostri legami familiari.