Marta Ajò ricostruisce un secolo di storia delle donne socialiste, dalla polemica tra Anna Kuliscioff e Turati fino al ventennio craxiano:
il nodo, mai risolto nella sinistra, tra Partito e movimenti
di Maria Rosaria La Morgia
«La mentalità maschilista non si cambia per decreto» sottolineava Riccardo Lombardi,
storico leader del socialismo italiano, nell’intervista che apriva la prima edizione del libro “La donna nel socialismo italiano
1892- 1978″ di Marta Ajò, riedito a distanza di decenni da Kkien Publ. Int. nel 2022.
Allora come oggi si discuteva del rapporto tra movimenti e partiti, sulla carenza delle forze politiche nel capire e condividere il progetto di liberazione delle donne. Nel riconoscere i limiti del Psi e dei partiti della sinistra Lombardi, storico leader molto stimato, chiedeva di misurarli facendo riferimento a quella che era stata l’Italia fin quasi alla fine degli anni Sessanta: un Paese con bassi livelli di istruzione, intriso di cultura patriarcale. E il maschilismo riguardava la generalità dei militanti, socialisti e comunisti, ricordava Lombardi che, nell’intervista, «mostra l’affanno del leader che, come la gran parte degli uomini della sua generazione, si era ritrovato travolto dalla rivoluzione femminista. Perché di una rivoluzione si deve parlare, anzi a giudizio di molti studiosi che hanno analizzato quel decennio 1968-1978, il femminismo è stata la sola vera rivoluzione prodotta dalla grande ondata movimentista» (p. 18) scrive la storica Simona Colarizi nell’introduzione alla nuova pubblicazione.
Libro prezioso, questo di Marta Ajò, non solo per ricordare la storia del Novecento delle don-
ne socialiste e le battaglie che hanno permesso la conquista di diritti che oggi troppo spesso
vengono dati per scontati, ma soprattutto per riflettere sulla necessità di continuare a battersi per la libertà delle donne, tenendo insieme diritti sociali e civili. Un nodo che veniva posto già nel 1892 da Anna Maria Mozzoni, che non esitò a polemizzare con la Critica sociale, autorevole rivista del tempo, contestando le posizioni socialiste e il loro credere «fermamente che la questione della donna sia in fondo in fondo esclusivamente una questione economica e che vada risolta da sé con la risoluzione di quella» (p. 39).
È interessante ripercorrere le battaglie di Anna Kuliscioff per ottenere leggi di tutela del lavoro delle donne, ritenute «un momento di passaggio, indispensabile a creare condizioni più umane e quindi più favorevoli per spingere le lavoratrici alla lotta e perciò all’associazione, alla
consapevolezza, alla ricerca dell’istruzione» (p. 42).
Tema sul quale non mancarono le polemiche con molte femministe del tempo. Ajò dà conto dell’organizzarsi delle donne socialiste nel Partito nonché del dibattito, molto intenso, che si consumava sulle riviste di area nell’affrontare temi riguardanti la morale, la famiglia e la questione sessuale. Polemiche accese ci furono anche sulla questione del voto, tra le più eclatanti quella che vide Anna Kuliscioff, nel 1910, attaccare frontalmente Filippo Turati: «avrei volentieri rinunciato a questa polemica in famiglia, se Turati non fosse l’interprete fedele dei nostri compagni più autorevoli del Partito» (p. 62).
Ai socialisti italiani Kuliscioff rimproverava un atteggiamento arretrato rispetto agli altri partiti socialisti europei impegnati a battersi per il suffragio femminile. La pressione delle donne, forte e inarrestabile, spingerà il partito a sostenere il diritto delle donne al voto e nel maggio del 1912 i socialisti presentarono un emendamento alla legge elettorale chiedendo di estendere il voto alle donne. Emendamento respinto dalla Camera, sferzante il commento di Anna Kuliscioff: «Ormai l’italiano per essere cittadino non ha che una sola precauzione da prendere: nascere maschio» (p. 65).
Ajò non trascura gli anni bui del Fascismo, segnati da un’opposizione sotterranea, poco visibile nei dati ufficiali ma forte da parte delle donne. Ricorda Lina Merlin, destituita dal suo posto di insegnante nel 1926, lo stesso anno nel quale fu licenziata la maestra ferrarese Alda Costa dopo aver rifiutato di prestare giuramento allo stato fascista.
Con la caduta del Fascismo e l’armistizio dell’8 settembre si rende necessaria una saldatura tra le donne che già erano dentro la Resistenza e quelle che arrivavano alla lotta. Ci fu
una partecipazione attiva, purtroppo sottovalutata dalla «retorica celebrativa della Resistenza, da cui non sono stati immuni nemmeno i partiti di sinistra» (p. 90).
Al Partito socialista Ajò rimprovera la totale assenza di attenzione verso la memoria storica delle resistenti. Una mancata considerazione che ha provocato molte lacune, rendendo difficile la ricostruzione delle singole storie.
Un protagonismo, quelle delle donne socialiste, nel Partito e fuori, che l’autrice auspica venga tenuto in considerazione e che ricostruisce, per quanto riguarda il dopoguerra, nell’ampio capitolo che va dal 1945 al 1978.
È del 1958 il progetto per il “piccolo divorzio” che porta le firme di Roberto Sansone e Giuliana Nenni mentre, in occasione della campagna elettorale, le socialiste chiedono l’abolizione del divieto della propaganda anticoncezionale e una tutela giuridica dei figli nati fuori dal matrimonio.
La complessità di quella che ancora veniva definita la “questione femminile” fu al centro del convegno «La lavoratrice in una società in evoluzione», promosso dal movimento femminile del Partito socialista unificato nel 1967. L’emancipazione raggiunta attraverso il lavoro è insufficiente se la società continua a essere strutturata secondo parametri maschili a cominciare dall’infanzia denunciava, con forza, Elena Caporaso: «[…] Si comincia con un assurdo spartiacque tra giocattoli femminili e maschili che tarpa le ali alle attitudini scientifiche e tecniche latenti in molte bambine delle quali si esaltano più che la personalità complessiva, le qualità “tipicamente” femminili di mogli e di madri» (p. 149).
Una riflessione che continua a essere attuale ancor oggi quando si ragiona del rapporto tra studentesse e materie scientifiche.
Negli anni Settanta, con l’irruzione del Femminismo si avvia un confronto tra Movimento e politica, sono numerose le socialiste che imboccano la strada della doppia militanza tentando «con elaborazioni autonome, di giungere, almeno nell’analisi, a quelle convergenze che sono fondamentali per avviare un’azione comune, necessaria per l’emancipazione e la liberazione delle donne» (p. 153) con l’obiettivo di rifor mare le istituzioni, non di combatterle. Un percorso non facile all’esterno e all’interno del Partito dov’era necessario farsi strada per trovare gli strumenti legislativi necessari per dare risposte concrete a quanto chiedevano le donne
nella società.
Nell’introduzione a questa riedizione del volume (ricordando che la prima si fermava al 1978), Marta Ajò richiama la necessità storica di documentare anche quanto accaduto nel
decennio Ottanta-Novanta, gli anni del Craxi segretario e presidente del Consiglio, che furono radicalmente cancellati dopo la scomparsa del Psi nel 1993. Fu quello il periodo che vide le socialiste coprotagoniste di una politica di azioni a favore della parità tra uomini e donne, quando, sulla spinta di direttive europee, nacquero il Comitato Nazionale per le Pari Opportunità presso il Ministero del lavoro e, nel 1984, la Commissione per la Parità presso la presidenza del Consiglio. Organismi che svolsero un ruolo importante nell’elaborazione di idee e proposte riguardanti il lavoro e il sociale. Un camino che non si fermò con la fine del Psi, ma ha continuato a vivere «nella volontà di cambiamento ormai radicata nell’universo femminile» (p. 11). Nel sottolineare l’operato delle socialiste nel secolo scorso l’autrice invita a non trascurare il loro impegno teso a tenere insieme le istanze libertarie e i principi di uguaglianza dei diritti, sul solco delle battaglie condotte da Anna Kuliscioff come ricorda la
storica Simona Colarizi parlando di passi indispensabili di fronte a un’assurda graduatoria tra diritti sociali e diritti politici che «impediva di individuare la duplice oppressione subita dalle donne, due volte vittime di una società capitalista e maschilista» (p. 17).
Leggendaria 158 / marzo 2023
43PRIMOPIANO / MARTA AJÒ
Marta Ajò
La donna nel
socialismo italiano
1892-1978
nuova edizione
introduzione di
Simona Colarizi
prefazione originale
di Riccardo Lombardi
KKIEN Publ. Int.
Milano 2022
183 pagine, 17 euro
e-Pub 6,99 euro