Condannata la maestra che isola l'alunno irrequieto in una stanza buia

da | Feb 3, 2019 | Anno 2019

C’è ben poco del «metodo montessoriano» nel sistema educativo seguito dall’insegnante che ricorre a comportamenti violenti, sottoponendo i bambini a vessazioni morali e fisiche

 

Finisce in carcere per maltrattamenti la maestra che isola gli alunni più irrequieti nella “stanza del telefono” o nella “stanza del pensiero” per indurli a riflettere sulle marachelle. A sancirlo è la Cassazione con la sentenza 5205/19, pubblicata dalla sesta sezione penale.

Inammissibile il ricorso di una maestra condannata a più di due anni di carcere per maltrattamenti perpetrati ai suoi alunni, oltre al risarcimento dei danni e al pagamento delle spese di processo in favore delle parti civili costituite. Le condotte dell’imputata, secondo la versione della difesa, non sono idonee a integrare il reato previsto dall’articolo 572 Cp, trattandosi di comportamenti da ricondurre nelle modalità di insegnamento montessoriano seguite da una maestra dell’infanzia con una lunga esperienza alle spalle. In particolare, con il ricorso alla cosiddetta “sedia del pensiero”, l’insegnante invitata il bambino ad accomodarsi su una piccola sedia accanto a lei per riflettere sulla «marachella» e solo quando aveva compreso il suo errore poteva tornare a giocare con gli altri. Ma non c’era solo la “sedia del pensiero”, ma anche la “stanza del telefono”, vale a dire la camera usata per segregare i bambini più irrequieti che, sempre ad avviso della difesa, era in realtà una stanza ben illuminata. La Corte suprema ritiene corretta la condanna della Corte di appello perché nella sentenza impugnata si fa riferimento a «un uso sistematico di comportamenti violenti, obiettivamente non leciti, insuscettibili di essere qualificati come espressivi di metodi educativi: schiaffi ripetuti, tirate di orecchio e di capelli, sottoposizione a vessazioni morali e fisiche consistite nell’apostrofare i bambini in malo modo, nello strappare i loro disegni, nel sottrarre loro l’acqua, allontanarli dagli spazi di condivisione comune per lasciarli da soli in bagno ovvero in una stanza poco illuminata per riflettere, la cosiddetta stanza del telefono».