Delmira Agustini, poeta uruguayana (Montevideo 1886 – ivi 1914) di famiglia italiana emigrata, venne assassinata all’età di 28 anni dall’ex marito, che poi si uccise. Una storia torbida, che fornì materiale in abbondanza alle cronache del tempo. La sua poesia, che parte da un’esperienza formale modernista, diventa soggettiva e autentica per la sincerità profonda della sua ispirazione biografica, per la scabrosità dei temi legati all’eros.Ora, finalmente, la produzione di Delmira Agustini appare anche in lingua italiana, in una ricca antologia di testi, per la cura e la traduzione di Betina Lilián Prenz, ispanista dell’Università di Trieste. Con una accurata introduzione e un puntiglioso saggio sulla traduzione delle poesie, Betina Prenz dà conto della problematicità nell’affrontare la traduzione dei testi di Delmira, a partire dall’uso della rima, frequente nella sua produzione, delle ricorrenze dei termini, della molteplicità di significati che spesso le parole spagnole assumono, e che non sempre si riflettono in quelle italiane, e delle scelte linguistiche che, via via, la traduttrice viene a compiere. È anche merito di una piccola casa editrice di Trieste, Hammerle, attenta da diversi anni alla produzione poetica, aver scommesso su questa autrice importante e quasi sconosciuta nel panorama culturale nazionale.
Delmira Agustini scrisse in vita El libro blanco (1907), Los cantos de la mañana (1910), Los cálices vacíos (1913), mentre El rosario de Eros (1924), uscì postumo.
Di lei Rubén Darío scrisse: “Di tutte quante le donne che scrivono oggi in versi nessuna ha impressionato tanto il mio animo come Delmira Agustini, per la sua anima senza veli e il suo cuore in fiore. A volte rosa per il rossore, a volte giglio per il biancore. Ed è la prima volta che in lingua castigliana compare un’anima femminile nell’orgoglio della verità della sua innocenza e del suo amore, salvo Santa Teresa nella sua esaltazione divina”.
Ecco una chiave di lettura, insieme mistica e corporea, di questa straordinaria poeta sudamericana che, nei primi del Novecento, getta scandalo con la sua poesia erotica e sensuale nella società borghese. Ammirata da molte poete seguenti, una tra tutte, Alfonsina Storni, ripresa in diverse narrazioni, tra cui Eduardo Galeano, questa poeta trasgressiva, femminista nella sua ansia di libertà e nelle sue scelte erotiche dichiarate apertamente nella scrittura, è stata un simbolo audace e innocente, come una bambina dall’intelligenza precoce, cresciuta in una famiglia altolocata, che si apre fin da giovanissima all’esperienza della poesia.
È proprio il sostegno della sua famiglia che, nonostante lo scandalo causato dalla sua produzione poetica, non venne mai meno, a forgiare la cultura e il temperamento di Delmira Agustini, fanciulla colta, sensuale, fuori dagli schemi della pur avanzata società uruguayana del tempo.
“Eros, io voglio guidarti, Padre cieco…/ chiedo alle tue mani volenterose/ il suo corpo eccelso rovesciato in fiamme/ sul mio corpo sparpagliato in rose!// L’elettrica corolla che oggi dispiego/ offre il nettare di un giardin di Sposa;/ per i suoi avvoltoi nella mia carne impiego/ tutto uno sciame di colombe rosa.// Dai alle due serpi del suo abbraccio, crudele,/ il mio gran fusto febbrile… Assenzio, miele,/ versami dalle sue vene, dalla sua bocca…// Così distesa, sono il suo solco ardente/ dove può nutrirsi la semente/ di un’altra stirpe folle sublimamente!”
Una scrittura fortemente allusiva, ricca di immagini voluttuose, spudorata nella sua crudezza, dove la violenza dell’eros trova una celebrazione inconcepibile sulle labbra di una fanciulla di buona famiglia. La trasgressione della scrittura, tuttavia, sembra temperarsi nella vita quotidiana, dove Delmira si mostra amabile, rispettosa, intelligente e non provocante. Come in una sorta di dualismo si pongono vita e scrittura, e anche questo fa parte della stigmatizzazione dell’arte che dà respiro e voce alle contraddizioni dell’interiorità, ai desideri, alle fantasie ardite di questa giovane donna.
E’ un amore in forma mistica, puro desiderio, quello cantato dall’autrice, che segue i suoi impulsi amorosi con la stessa audacia e spregiudicatezza di un uomo, con la forza di una immaginazione del tutto dominata dalla poesia. Infatti, come suggerisce Betina Prenz: “Va notato che nelle corrispondenze che Delmira Agustini intrattiene con intellettuali, il tema dell’amore appare solo di sfuggita…”. E più sotto precisa che Delmira “si presenta soprattutto come una donna interessata ai meccanismi e ai procedimenti del fare poetico”. Non a caso, sotto la sensualità e i turbamenti invocati, si avverte una architettura poetica che fa della ricerca estetica un punto fermo dell’arte.
Delmira Agustini, Poesie, Introduzione, traduzione e commento di Betina Lilián Prenz, Hammerle Editori in Trieste, 2012, p. 125, euro 15,00.
Delmira Agustini, Poesias completas, a cura di Manuel Alvar, Editorial Labor, Barcelona 1971.
R. Darío, “Portico” in Delmira Agustini, Poesias completas, a cura di Manuel Alvar, Editorial Labor, Barcelona 1971