Digital Gender Gap

da | Lug 25, 2019 | Donne e lavoro

di Grazia Mazzé

La partecipazione delle donne nel mercato del lavoro già negli anni 70 ha evidenziato la differenza tra genere maschile e femminile. È comunque negli ultimi venti anni che le donne vi sono entrate massicciamente: sono circa il 50%, e si sono ampliate le fonti che ne regolamentano le attività.
L’Italia deve molto della sua legislazione alle iniziative per le pari opportunità degli altri Paesi, con delle differenze per quanto riguarda l’applicazione e l’efficacia.
Oggi le lavoratrici operano ancora in una condizione né equa né giusta. La loro carriera è qualitativamente peggiore: guadagnano meno degli uomini e a parità di curriculum progrediscono più lentamente.
Le perfomance accademiche femminili sono migliori a parità di percorso di studi rispetto agli uomini ma il differenziale di genere si manifesta nella transizione scuola-lavoro: l’occupazione femminile subisce una “segregazione di ingresso” ed esprime lo svantaggio in termini di occupabilità.
In questo contesto dobbiamo osservare un’altra realtà che incombe sulla vita professionale delle donne, la tecnologia intelligente e digitale per effetto della quale le aziende stanno cambiando l’organizzazione e gli organigrammi.
La digitalizzazione e l’informatizzazione stanno cambiando profondamente il mondo del lavoro, di certo l’effetto è positivo nei Paesi emergenti ma presenta rischi maggiori per le donne, penalizzate nelle professioni con più alto contenuto tecnologico. Il processo di digitalizzazione, infatti, non è neutro al genere.
Il principale ostacolo per le donne resta comunque la disoccupazione. È difficile rendere conto della complessità della povertà femminile, però le donne insieme ai minori, ai giovani e ai migranti sono le soggettività più esposte alla miseria; inoltre aumentano le famiglie monoparentali che spesso hanno come riferimento una donna; in prospettiva, è indubbio un aumento esponenziale dell’indice di povertà assoluta per le donne.
Bisogna incoraggiare di più le professioni tecnologiche per le giovani, l’informatica e l’ingegneria saranno alla base delle professionalità future; lavorare sui pregiudizi, a casa, a scuola, nella società; fare in modo che la competenza digitale sia un diritto che possa qualificarle nel lavoro. Una competenza professionale obsoleta inciderà nella formazione del salario e le escluderà ancora di più dal lavoro; una vera e propria rivoluzione aziendale inciderà nei processi operativi; le attuali generazioni, individuabili nella così detta generazione Y o Millennial, inizieranno a rappresentare la forza maggiore del lavoro.
Uno studio della società di consulenza manageriale McKinsey afferma che entro il 2030 dal 7 al 24% delle donne occupate dovrà spostarsi in ruoli che richiedono più competenze digitali.
Ed ecco che dal Gender Gap misuriamo il Digital Gender Gap, il divario esistente nel rapporto tra donne e nuove tecnologie, rispetto agli uomini, anche a parità di istruzione, di età e di condizione sociale.
Una bassa partecipazione di donne allo sviluppo del mondo digitale rischia di rendere quest’ultimo meno aperto e inclusivo, finendo per incorporare, nei sistemi e negli algoritmi che regolano la società, stereotipi e pregiudizi tipici di una cultura maschilista.
È fondamentale che per il Gender Gap presente nel settore dell’intelligenza artificiale ci sia un cambio di rotta; solo le economie che saranno in grado di sfruttare ogni talento disponibile si riveleranno vincenti alla fine della quarta rivoluzione industriale.
Necessita contrastare, a partire dalla famiglia e dalla scuola, condizionamenti sociali e pregiudizi e bisogna vigilare perché nelle funzioni del comparto tecnologico delle aziende si combatta la discriminazione di genere.
Una possibilità è forzare l’equilibrio di genere per via normativa. Abbiamo come esempio gli effetti della Legge Golfo-Mosca, l’iter per prolungarla è iniziato a marzo. L’applicazione è risultata positiva, la rappresentanza femminile nei CdA delle società quotate è passata dal 7% del 2011 al 36% del 2018.
Di certo non basta, le pari opportunità non si costruiscono solo nei CDA, sono altre le palestre di sviluppo professionale. È il cambio di cultura nei modelli organizzativi che può incidere nella discriminazione e nella disparità, dai livelli operativi ai livelli manageriali.
Dobbiamo chiederci, la riduzione del Gender Gap sarà favorita dalla tecnologia o l’automazione e l’informatizzazione relegheranno le donne, più degli uomini, ai lavori di basso profilo? Di quali skills dobbiamo dotarci noi donne per non subire passivamente il nuovo mondo tecnologico che avanza?
Le relazioni industriali sono protagoniste dei processi di cambiamenti economici e sociali con i conseguenti effetti sul lavoro. Ed ecco che diviene prioritario un salto di qualità verso nuove forme di contrattazione, più sociale e inclusiva, promuovendo tutele contrattuali, infrastrutture sociali e welfare sostenibili per la cittadinanza: un rilancio del welfare pubblico che si intrecci con le dinamiche e gli interessi delle lavoratrici e delle imprese.
Tra le priorità degli agenti negoziali bisogna insistere sull’integrazione tra scuola e lavoro, sulla tutela della diversità e dell’inclusione, sulle pari opportunità.
Se nell’intento dei confronti negoziali si terrà conto maggiormente dell’uguaglianza di genere, anche le aziende ne avranno benefici, come il mantenimento del talento di lavoratrici e lavoratori mediante la fornitura di congedi maternità e paternità adeguatamente retribuiti; l’aumento della produttività delle donne attraverso le pratiche discriminatorie; la riduzione dell’assenteismo adottando soluzioni per l’infanzia nell’ambiente di lavoro.
Il sindacato deve assumersi l’impegno a contribuire per l’uguaglianza di genere, per l’eliminazione delle discriminazioni, per un cambiamento della cultura del lavoro maschile.
Si dia più peso alla redistribuzione del tempo tra lavoro e famiglia, più alla produttività individuale e meno alle ore passate fisicamente sul luogo del lavoro.
La disparità di genere sarà notevolmente ridotta se le aziende smetteranno di incentivare e valorizzare i lavoratori che lavorano più a lungo e oltre l’orario ordinario.
È indispensabile ripensare la strategia comunicativa, bisogna smettere di parlare alle donne e di donne. Il coinvolgimento degli uomini promuoverà il cambiamento nel loro comportamento sul lavoro, affinché sempre più condividano con le donne lo spazio e il tempo non solo famigliare ma anche lavorativo.

fonte: https://vitaminevaganti.com/2019/07/20/digital-gender-gap/