Donne,luoghi decisionali, meritocrazia. Qualche paradosso, di Serena Dinelli

da | Lug 21, 2011 | L'opinione

DONNE, LUOGHI DECISIONALI, MERITOCRAZIA. QUALCHE PARADOSSO.

di Serena Dinelli, CD Rete per la parità, area lavoro e professioni; Vicepres. Aspettare stanca.

In questi giorni sui giornali e sul web abbondano commenti sulle implicazioni della legge sulle donne nei Consigli di Amministrazione delle società quotate, approvata dopo lunghe battaglie. Commenti analoghi accompagnano la formazione delle giunte locali e/o i rimpasti, come sta avvenendo per es. a Roma. 

C’è un punto chiave nei commenti negativi, a volte fatti anche da donne: fissare una quota di donne nega la meritocrazia, a rischio di togliere uomini validissimi per inserire donne incapaci e/o favorite per motivi più o meno "ignobili". Questo argomento è paradossale  per due motivi. 1. Una delle ragioni per cui si è voluta la legge è che risulta che le donne sono mediamente più preparate degli uomini, ma statisticamente non ottengono riconoscimento del loro valore. Quindi, la norma ha alla base esattamente un principio meritocratico. 2. L‘idea, poi, che le donne verranno scelte su base non meritocratica, ma per motivi di letto o di scuderia, la dice lunga non sulla legge, ma sulla mentalità di chi scrive queste cose. Visto che, come notavamo sopra, le donne sono larghissimamente sottoutilizzate, dovrebbe essere facile scegliere in questa vasta rosa le più competenti. Se ciò non avverrà, sarà proprio perché chi detiene il potere e lamenta la mancanza di meritocrazia deciderà di non fondare su di essa le proprie scelte. E questo è un problema non della legge, ma di mentalità e cultura "politica". Cultura che da un lato privilegia per lo più la lealtà di scuderia e i network di potere sulla meritocrazia (regola che vale fortemente anzitutto tra gli stessi uomini); e che vede le donne come "accessori" dell’uomo di potere, e non come soggettività autonome e competenti.

Che uso poi le donne faranno del loro potere è tutto da vedere. E’ risultato che le aziende con donne nei CDA hanno risultati migliori e falliscono meno. Ma è anche vero, per esempio, che non mancano proprio in questi giorni casi di donne coinvolte in indagini su possibili operazioni aziendali illegali o che sono risultate di fatto coinvolte in processi già conclusi. Insomma, l’entrata delle donne nei luoghi decisionali ha un potenziale di innovazione importante proprio in termini di meritocrazia e di efficienza. Ma non è detto che sarà utilizzato dai decisori attuali né dalle stesse protagoniste in modo realmente innovativo. Come donne politicamente attive dovremmo pensare a modi per favorire questa auspicabile opzione.

Intanto in questi giorni il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione secondo cui, a partire dal 2015, le donne dovranno coprire il 30% delle alte dirigenze nelle più grandi società quotate in borsa, e il 40% dal 2020. Se le misure su base volontaria per aumentarne il numero dovessero rivelarsi fallimentari, si dovrà applicare la legislazione europea. Le assunzioni nella dirigenza dovrebbero essere basate sulle competenze, qualifiche e esperienze del candidato, ribadisce la risoluzione.