DRAGHI E LE DONNE CHE VANNO PROTETTE

da | Nov 24, 2021 | L'opinione

di Linda Laura Sabbadini*

Si avvicina il 25 novembre giornata mondiale contro la violenza sulle donne. E il presidente Draghi annuncia l'impegno del governo su questo fronte. Femminicidio. Parola densa di significati. Parola sconosciuta ai più in un passato non molto lontano.
Condensato di violenza sofferta per anni da donne e anche da bambini. Tragedia. Ora sappiamo riconoscerli, come violenza sulle donne in quanto donne. Avvengono ovunque,in piccoli e grandi comuni, al Nord e al Sud, non ci sono confini. Colpiscono giovani, adulte e anziane.

Sì anche anziane, sebbene siano più invisibili nei media. Questa violenza fatale
è assolutamente trasversale. Autori e vittime fanno parte nell'84% dei casi
delle stesse comunità, autore italiano- vittima italiana, autore straniero-
vittima straniera. Il femminicidio è l'espressione più grave della volontà di dominio e di possesso dell'uomo sulla donna.

Dai dati che abbiamo elaborato nell'ambito della Commissione femminicidio
emerge che nel 57% dei casi l'autore è un partner,nel 12,7%è un ex. Ci sono poi i figli che uccidono le madri (9,1%) e i padri che uccidono le figlie
(6,1%), parenti, conoscenti e altri. C'è anche un 30% di casi in cui gli autori si uccidono. Rivendicano la proprietà di quel corpo di donna anche da
morti nella loro tomba. Terribile solo pensarlo.
Un fenomeno ormai strutturale che non si riesce a scardinare, così come la violenza contro le donne nel suo complesso. Ne parliamo, ne parliamo. Ma
passano gli anni e il fenomeno rimane inchiodato.
Il destino di queste donne sfortunate, che pagano con la vita l'assetato desiderio di proprietà maschile dei loro corpi e delle loro menti è strettamente legato a quello dei loro figli. Si tratta di destini incrociati.

I femminicidi colpiscono circa 200 donne in due anni, in media un centinaio l'anno. Accanto a loro non solo ci sono figli che vengono uccisi ma 169 rimangono orfani della loro mamma in due anni.
Un terzo rimane orfano anche – del padre. La maggioranza aveva enr ' “
assistito alla violenza del padre contro la madre, e tra loro c'è anche chi ha scoperto il cadavere della loro mamma. Come potranno dimenticare? La loro
vita sarà segnata profondamente, come sanno le famiglie che con tanto amore si prendono cura di loro.
Spesso neanche l'amore riesce a guarirli. Sono ferite non rimarginabili che questi bambini loro malgrado portano con sé. Tanto, tanto dolore. Dobbiamo
prenderne coscienza. E fare in modo che non esistano più bambini orfani di femminicidio.
Ma non devono esistere più neanche bambini strappati con la forza dalle braccia delle madri perché si rifiutano di vedere il padre. Dietro quel rifiuto può
nascondersi la violenza del padre contro la madre. Le parole dei bambini devono essere ascoltate dai giudici, a queste deve essere dato valore. Passi in
avanti sono stati fatti con la recente riforma. E i bambini devono essere protetti, non possono morire in nome di un falso diritto alla bigenitorialità. Quel diritto appartiene ai bambini che hanno anche diritto alla loro sicurezza. Due numeri devono essere di monito per tutti noi e soprattutto per le istituzioni deputate alla lotta contro la violenza sulle donne.

La maggioranza delle donne uccise non aveva parlato con nessuno della violenza che avevano subito o meglio non risulta nei fascicoli dalle testimonianze.
Solo i115% aveva denunciato.
Per una democrazia questi due numeri sono da brivido. Vuol dire che le nostre istituzioni falliscono nella capacità di intercettare il bisogno di liberarsi
dalla violenza delle donne. Che le donne non le considerano interlocutori validi. E così i destini incrociati di madri e figli rimangono segnati. Il diritto a una vita felice dei bambini non può essere messo in discussione da padri violenti. Né la libertà femminile.
E allora investiamo di più in tutti i sensi su questo aspetto. Ci sono tante donne che lavorano egregiamente con le donne che subiscono violenza dentro
e fuori le istituzioni. Ampliamo il loro raggio di azione.
Investiamo in formazione del personale, facciamo sempre più rete. Solo quando cambieranno quei due numeri cambierà anche il destino incrociato
di donne e bambini. E allora sì, sarà una grande vittoria della nostra democrazia.

*Direttora centrale Istat. Le opinioni qui
espresse sono esclusiva responsabilità dell'autrice
e non impegnano l'Istat

La Stampa, 23/11/2021