Anche un solo episodio fa scattare la responsabilità penale. Le dichiarazioni della vittima sono sufficienti nell'ambito di un'unione segnata dalla prevaricazione – Sentenza del 23 gennaio 2015
Forzare la moglie, con la quale c’è un’intimità regolare, ad avere anche un solo rapporto è violenza sessuale.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 3231 del 23 gennaio 2015, ha reso definitiva la condanna pronunciata dalla Corte d’Appello di Ancona nei confronti di un marito violento che, oltre alle pressioni psicologiche, in un paio di occasioni aveva forzato la moglie ad avere rapporti intimi.
La terza sezione penale ha quindi condiviso le conclusioni dei giudici territoriali e in motivazione ha spiegato che in ambito coniugale, sia del tutto irrilevante il fatto che tra il marito e la moglie esista una abitualità di rapporti intimi perché, in ogni caso, ciascuno di essi deve essere caratterizzato da una convergenza di volontà e non può mai discendere dalla imposizione di una parte sull'altra in nome di una sorta di abitudine o (ancor meno) di una pretesa conseguente all'esistenza del rapporto di coniugio. Per questo non ha nessun rilievo che, nella specie, gli atti sessuali imposti con la violenza siano stati solo due perché, per l'integrazione della condotta delittuosa, ne sarebbe bastato anche uno solo.
Sul fronte della prevaricazione “Piazza Cavour” ricorda inoltre che il reato di abuso sessuale, proprio perché coinvolge una delle sfere più intime dell'individuo, sussiste anche laddove la vittima, per “rassegnazione”, abbia finito per non opporsi più, né con le parole né con i fatti, alle avances sessuali del soggetto attivo quando questi si sia mostrato del tutto incurante delle iniziali espressioni di diniego e la situazione complessiva ponga la persona offesa in una condizione di soggezione.