” I DIRITTI DELLE DONNE SONO DIRITTI UMANI, NON SI TOCCANO” il MANIFESTO degli Stati Generali delle Donne

da | Mar 24, 2019 | Donne e politica

Verona 30 marzo

1. E’ ora il momento di agire contro ogni forma di strumentalizzazione razzista e
sessista sui corpi di noi donne.

2. È ora il momento di agire contro ogni forma patriarcale di violenza,
razzista, sessista, transomofoba, che nega diritti di cittadinanza, autodeterminazione e libertà di noi
donne.

3) È ora il momento di porre il femminismo e la soggettività delle donne a
fondamento di una politica che si schieri contro i nuovi
patriarcalismi e contro ogni forma di dominio.

4) E’ ora il momento di praticare una politica che rivendichi diritti per
tutte e tutti, dal lavoro al welfare (welfare al lavoro), dal diritto alla salute pubblica
(a partire dalla difesa della legge 194) all’ambiente, dalla libertà di
scelta alla lotta ad ogni forma di sfruttamento e alla prostituzione, dal diritto alla genitorialità
alla lotta agli stereotipi di genere e all’affermazione del punto di vista delle donne in ogni ambito e in ogni livello.

5) È ora il momento di praticare una politica dell’emancipazione e
dell’autodeterminazione che metta in atto misure concrete per
difendere i diritti di noi donne, per garantire l’accesso a un lavoro dignitoso, la parità salariale e
l’equa rappresentanza (di genere in politica) tra donne e uomini in politica e per garantire i diritti
della comunità LGBT+.

6) È ora il momento di garantire il matrimonio egualitario e il riconoscimento
alla nascita di tutti i bambini e bambine nate in famiglie omogenitoriali escludendo la maternità surrogata.

7) È ora il momento di garantire il riconoscimento del diritto al cambiamento di genere e l’accesso alle procedure di supporto.

8) È ora il momento di favorire politiche di accoglienza, rispetto della diversità culturale e di garantire l’integrazione multietnica attraverso (agli) scambi culturali tra i popoli, sempre nel rispetto dei diritti umani e universali delle donne e delle leggi da loro duramente conquistate.

Attorno al Congresso delle Famiglie di Verona si stanno creando diverse mobilitazioni.
Associazioni Lgbt, femministe e realtà che si occupano di diritti umani e civili hanno lanciato diversi appelli per contestare l’evento.
E da tante città si stanno organizzando pullman per raggiungere Verona e unirsi al corteo.
Da parte di noi donne non possiamo prestare il fianco a una visione anacronistica del nostro ruolo all'interno di una famiglia dipinta con colori arcaici, violenti, di altro tempo.
D'altra parte auspichiamo che ogni confronto avvenga con modalità democratiche e che non si creino situazioni che possano fornire pretesti a intenti criminalizzanti e repressivi in particolare nel corso delle manifestazioni di piazza, sia per la marcia “transfemminista” di sabato 30, sia la “Marcia per la Famiglia” di domenica 31.
Rivendichiamo il femminismo, la sua storia, il suo vissuto, il suo essere oggi.
Il femminismo è delle donne.
Se ripercorriamo solo per un attimo i dati di questa Italia, che continuiamo a definire un Paese che non è per le donne, ricordiamo che un quarto delle denunce per violenza, maltrattamenti domestici o stalking viene archiviato, di più nelle grandi città: 45% a Milano e 35% a Roma. Se si arriva al processo, sembra che esistano leggi diverse a seconda delle aree geografiche: a Caltanissetta quasi la metà degli imputati viene assolta, a Trento solo il 12,6%. Perché? Le denuncianti di alcune zone non vengono credute? Quelle Procure, quei Tribunali, indagano in modo più superficiale, sono inclini a giustificare gli imputati?
Abbiamo evidenti problemi quotidiani di violenza, di non essere credute nelle Procure, di non lavoro. Continuiamo ad essere sempre più disoccupate, più violentate, meno sicure, più sottopagate.
Facciamo anche meno figli perché non abbiamo una sicurezza economica per garantire futuro a noi e alle generazioni future.
Lo Stato ha l'obbligo di fornire reali strumenti e servizi di supporto alle donne disoccupate e alle donne vittime di violenza: assistenza psicologica, orientamento al lavoro, formazione e prevenzione culturale e sociale, a partire dalle scuole. E il Governo ha l'obbligo di gestire i fondi regionali e comunali con trasparenza e accuratezza, accertandosi, con buone azioni di valutazione e di monitoraggio,che vadano alle strutture valide e con metodi sperimentati.
Purtroppo questo ancora oggi non accade e troppo spesso chi ha responsabilità istituzionali non considera il lavoro, la parità di trattamento salariale e la lotta contro la violenza sulle donne e la loro protezione come priorità.
Dedicare tempo, energie, competenze ad un Congresso sulla Famiglia con una visione che ci riporta al passato è solo un folle esercizio mentale. Se c'è violenza non ci può essere famiglia.
Se non c'è autodeterminazione delle donne non ci può essere progresso e modernità. Se le donne non lavorano non c'è la valorizzazione dei talenti del 51 % della popolazione e il Pil non aumenta.
Famiglia è condivisione dei ruoli, rispetto, armonia, accoglienza, integrazione, parità

Il rischio di un ritorno al Medioevo dei diritti e delle libertà delle donne è imminente?
Ecco il pensiero di noi donne degli Stati Generali

Dal 29 al 31 marzo si terrà a Verona il Congresso Mondiale delle Famiglie, evento organizzato dall’International Organization for the Family (Iof) e promosso dal ministro della Famiglia Lorenzo Fontana e che vedrà la partecipazione di importanti leader mondiali. La kermesse, che vuole celebrare e difendere la famiglia naturale come sola unità stabile e fondamentale della società, ha l’obiettivo di unire e far collaborare leader, organizzazioni e famiglie, attivisti anti-aborto e rappresentati dei movimenti che si oppongono alle coppie gay, al divorzio e all’emancipazione della donna.

Sembra un paradosso della storia che proprio a Verona, la città che ha dato vita al femminismo della differenza, si assista alla nascita di un’involuzione culturale e ad un attacco ai diritti e alle libertà delle donne. Tutto è iniziato il 5 ottobre scorso con l’approvazione, in consiglio comunale, della mozione che ha proclamato Verona “città a favore della vita” e ha votato a maggioranza una mozione – la n.434 – contro l’aborto, la libertà di scelta e l’autodeterminazione delle donne, promuovendo il finanziamento con soldi pubblici ad alcune associazioni cattoliche che si battono contro l’aborto. Nell’incipit del testo del provvedimento dal titolo “Iniziativa per la prevenzione dell’aborto e il sostegno alla maternità nel 40°anniversario della legge 194/1978” c’è un chiaro e dichiarato impegno ad attuare politiche di tutela della vita, dal concepimento alla morte naturale, e iniziative a sostegno della maternità sancendo così che l’autodeterminazione della donna viene solo a seguito della sua funzione procreatrice.

Tanti i temi al centro della discussione nella tre giorni della kermesse veronese: si va dalla “bellezza del matrimonio” all’abrogazione della legge 194 sull’aborto fino all’importanza, per un bambino, di crescere con due genitori definiti “normali”: una mamma, donna, e un papà, uomo. Non è un caso che si tratta di temi che manifestano un dichiarato attacco oscurantista alla 194, alle coppie lesbiche, alle LGBT+, alle famiglie omogenitoriali. Il tutto avviene, nell’incredulità di molti e molte, in una città che negli anni 80 è stata il crogiolo di un movimento di donne che dall’Università, che ha oggi preso le distanze da l Congresso, con la comunità di Diotima, ha invaso il Paese promuovendo attraverso un intenso lavoro di ricerche e di riflessioni una cultura delle differenze.

Il clima di odio e di violenza che sta attraversando il nostro paese desta un’enorme preoccupazione perché rischia di farlo ripiombare in un oscurantismo senza precedenti e di fronte ad un ritorno al Medioevo dei diritti e delle libertà, segno evidente di una deriva democratica che colpisce diritti acquisiti, come nel disegno di legge (il ddl Pillon) sull’affido condiviso, è necessaria una mobilitazione per la difesa e l'attuazione dei diritti costituzionali, in difesa del diritto alla salute e per la libertà di scelta, per fermare questa controriforma che apre le porte all’oscurantismo, nega i diritti e la piena cittadinanza alle donne in violazione della Carta Europea.

Gli Stati Generali delle donne, così come hanno già fatto associazioni LGBT+, femministe e realtà che si occupano di diritti umani e civili, si mobilitano per prendere le distanze da un’iniziativa che si prefigura come un pericoloso attacco ai principi fondamentali di uguaglianza e non discriminazione garantiti dalla nostra Costituzione. Le donne degli Stati Generali parteciperanno alle attività,al flash mob, al corteo pacifico che il 30 marzo, nel pomeriggio, attraverserà le strade di Verona per ribadire che la famiglia è l’insieme di persone che si amano, a prescindere da sesso, origini e cultura e che non si accetta nessun passo indietro sui diritti delle donne e sui diritti civili. I diritti delle donne sono diritti umani, non si toccano.

Di fronte ad una cultura di odio e discriminazione verso le persone LGBT e ad una visione anacronistica del ruolo della donna all'interno di una famiglia dipinta con colori arcaici, violenti, di altro tempo, lottiamo affinché ognuno/a sia riconosciuto/a e valorizzato/a nella propria differenza e nella costruzione del benessere comune, e rivendichiamo il femminismo, la sua storia, il suo vissuto, il suo essere oggi. Agiamo contro ogni strumentalizzazione razzista e sessista sui corpi delle donne, contro ogni forma di violenza, razzista, sessista, transomofoba, che, attraverso forme di oppressione, strumentalizzazione, imposizione di modelli, nega diritti e libertà delle donne.

Se ripercorriamo solo per un attimo i dati di questa Italia, che continuiamo a definire un Paese che non è per le donne, ricordiamo che un quarto delle denunce per violenza, maltrattamenti domestici o stalking viene archiviato, di più nelle grandi città: 45% a Milano e 35% a Roma. Se si arriva al processo, sembra che esistano leggi diverse a seconda delle aree geografiche: a Caltanissetta quasi la metà degli imputati viene assolta, a Trento solo il 12,6%. Perché? Le denuncianti di alcune zone non vengono credute? Quelle Procure, quei Tribunali, indagano in modo più superficiale, sono inclini a giustificare gli imputati?
Abbiamo evidenti problemi quotidiani di violenza, di non essere credute nelle Procure, di non avere un lavoro. Continuiamo ad essere sempre più disoccupate, più violentate, meno sicure, più sottopagate. Facciamo anche meno figli perché non abbiamo una sicurezza economica per garantire futuro a noi e alle generazioni future.

Lo Stato ha l'obbligo di fornire reali strumenti e servizi di supporto alle donne disoccupate e alle donne vittime di violenza: assistenza psicologica, orientamento al lavoro, formazione e prevenzione culturale e sociale, a partire dalle scuole. E il Governo ha l'obbligo di gestire i fondi regionali e comunali con trasparenza e accuratezza, accertandosi, con buone azioni di valutazione e di monitoraggio, che vadano alle strutture valide e con metodi sperimentati.
Purtroppo questo ancora oggi non accade e troppo spesso chi ha responsabilità istituzionali non considera il lavoro, la parità di trattamento salariale e la lotta contro la violenza sulle donne e la loro protezione come priorità.

Dedicare tempo, energie, competenze ad un Congresso sulla Famiglia con una visione che ci riporta al passato è solo un folle esercizio mentale. Se c'è violenza non ci può essere famiglia. Se non c'è autodeterminazione delle donne non ci può essere progresso e modernità. Se le donne non lavorano non c'è la valorizzazione dei talenti del 51 % della popolazione e il Pil non aumenta.
Famiglia è condivisione dei ruoli, rispetto, armonia, accoglienza, integrazione, parità, al di là del sesso. Il resto non ci riguarda!

Isa Maggi
Coordinatrice Nazionale Stati Generali delle donne

Maria Lippiello
Comitato Scientifico e Coordinatrice Regione Campania Stati Generali delle donne