Eccola, finalmente, Mona Eltahawy! A conclusione del suo tour italiano iniziato il 21 maggio al Salone del libro di Torino, venerdì 26 maggio l’agguerrita giornalista e attivista egiziano-americana arriverà qui da noi, nella Casa Internazionale delle donne di Roma, in un attesissimo evento in collaborazione con Amnesty International Italia, la Casa Internazionale delle donne, Archivia, Feminism e Zalib. Il saluto della presidente della Casa Maura Cossutta darà il via all’incontro, coordinato da Loretta Bondì, presidente di Archivia, nel corso del quale Eltahaway dialogherà con la giornalista Cecilia Dalla Negra e Tina Marinari, campaigner Amnesty International.
Mona Elthaway, femminista musulmana e queer che scrive su “New York Times”, “Time”, “Guardian”, sul suo seguitissimo blog Feminist Giant e tiene conferenze in tutto il mondo su questioni legate al mondo arabo e sul femminismo, è autrice di Sette peccati necessari, dirompente e dissacrante manifesto contro il patriarcato pubblicato dalla piccola ma straordinaria casa editrice le plurali, con la traduzione di Beatrice Gnassi e l’intensa prefazione di Igiaba Scego. “ Ho scritto questo libro con una rabbia sufficiente ad alimentare un razzo”: questo l’incipit, che molto ci attira e ci elettrizza in questo tempo di regressione, passioni tristi, raffiche di divisioni e spaccature. E davvero si sente questa rabbia nel tono energico, appassionato e potente con cui l’autrice ci fa inoltrare sia nelle sue esperienze personali sia nelle tante storie di donne che in tante parti del mondo- governate da regimi repressivi o da governi che si dicono democratici- si stanno battendo con coraggio e determinazione contro i sistemi multipli di repressione messi in atto dal patriarcato, spesso in alleanza con le derive integraliste delle diverse religioni. Perché il patriarcato gode ancora di ottima salute ed è ovunque, in Arabia Saudita ma anche in Canada, in Nigeria come in Bosnia, in Egitto come negli Stati Uniti, ma in alcuni paesi sa occultarsi meglio e spesso, elargendo briciole di potere, riesce ad avvalersi della complicità di quelle che l’autrice definisce “le operaie del patriarcato”. Tutto inizia -racconta- quando a quindici anni, durante il rituale pellegrinaggio alla Mecca, viene molestata sessualmente. E come spesso accade, le ci vogliono anni per riuscire a raccontare a qualcuno ciò che era accaduto: ma nel momento in cui ne parla in pubblico spalanca le porte a una serie di denunce, e il suo hashtag #MosqueMeToo su Twitter ottiene migliaia di condivisioni. E una reazione ancora più ampia avrà l’hashtag successivo, #BeatMyAssaulter, in cui raccontando di aver picchiato un tizio che l’aveva molestata in una discoteca di Montreal, invita le donne a raccontare le loro esperienze. È tra queste fasi-una di faticosa consapevolezza maturata all’interno di una società sessista e l’altra di reazione fieramente rivendicata- e attraverso i numerosi esempi tratti dalle storie di donne e di persone queer di tutti i continenti, di diversa età, etnia, estrazione sociale, fede religiosa, che divampa la rabbia di Mona contro il patriarcato, si accende la rivendicazione personale e politica delle sue molteplici identità, e si apre lo spazio di libertà mentale per la formulazione dei sette peccati necessari a sovvertire le regole del sistema. Certamente, non sono peccati: ma il patriarcato nelle sue varie e subdole forme li ha considerati e continua a considerarli peccati, perché non si adeguano alle sue norme. Educare noi stesse, le bambine e le giovani donne ad esprimere la rabbia, esigere l’attenzione oltre la barriera del “chi ti credi di essere?”, praticare una disturbante quanto liberatoria volgarità, coltivare l’ambizione, mirare al potere, anzi “inventare il potere che la nostra libertà richiede”, considerare la violenza come “una forma legittima di resistenza”, vivere la lussuria, ovvero il godimento libero della propria sessualità: questi i sette peccati da compiere per conquistare la libertà. E questo avventuroso percorso, iniziato da un pellegrinaggio religioso ch’è stato violato, può così chiudersi nel segno di una nuovissima celebrazione: “Celebriamo donne e ragazze che peccano!” .
Per chi voglia conoscere un po’ più da vicino questa donna che, come scrive Igiaba Scego, è “una sorella che, attraverso il dolore, ha saputo costruire un alfabeto di lotta per se stessa e per chi le sta intorno”, l’appuntamento è per venerdì 26 maggio, ore 18,30, alla Casa Internazionale delle donne.
Maria Vittoria Vittori