Guardare dentro se stessi, a volte, crea più di un problema.
L’ identità di una persona adulta è frutto di un miscuglio di culture, di storia, di mondo, di famiglie.
Essa si è formata senza mai prescindere da alcuni valori personali ma che nel tempo sono stati messi costantemente alla prova.
E se l’identità personale è rimasta ben radicata, i valori hanno più volte vacillato incontrando situazioni inconciliabili: «Se esiste una discrepanza fra azione e valore, il risultato sarà una sensazione di disagio sotto forma di senso di colpa, di dubbi profondi o tormentosi ripensamenti, di scrupoli o rimorsi, e simili». (Daniel Goleman).
Abituati a considerare “valori” identitari azioni e comportamenti riconosciuti dalla struttura sociale, essi non rivestono comunque un significato unico o universale per tutti gli individui.
Nel corso del tempo, a quei valori che comunemente vengono riconosciuti tali, siano etici, morali, culturali, spirituali, si sono aggiunte una serie di categorie che definiscono ulteriormente un’identità temporanea.
Libertà, tolleranza, diritto. Patria, appartenenza, cittadinanza. Solidarietà, condivisione, sostegno. Uomo, donna, LGBTQ. Parità, disuguaglianza, emarginazione. Banalmente destra, sinistra e centro (come dire bianchi, rossi e neri). Buoni e cattivi, intelligenti e sciocchi, istruiti e ignoranti, delinquenti e onesti, stimabili e spregevoli ecc.
Ogni categoria però prima di essere definita tale ha ragionevolmente diritto al beneficio della prova.
E il racconto della storia ha dimostrato come alcuni fatti, nella loro epoca giusti, si siano dimostrati ingiusti nella valutazione successiva. Alla luce di risultati raggiunti o delle conseguenze successive, del senno di poi son piene le fosse.
Solo il “futuro” esula da ogni categoria, anche se il passaggio temporale tra presente e futuro non ci rende esenti da nessuna delle definizioni precedenti.
Divisi tra mantenere l’esistente e progettare l’indefinito.
Di questo futuro, l’unica distrazione impossibile riguarda il Pianeta, unico percepibile. La necessità di passare dal suo sfruttamento alla sua conservazione.
Lo sviluppo che l’economia globale ha avuto non ha portato solo benefici ma anche molti danni di cui il principale è infatti l’inquinamento ambientale, derivato dalle attività industriali, dall’ inquinamento delle fabbriche, dagli impianti di produzione energetica, dal riscaldamento, dal traffico.
Inquinamento atmosferico, idrico e dell’aria, con conseguenze climatiche quali la siccità, gli incendi, inondazioni devastanti per tutti, mettono a rischio la vita.
Quando milioni di persone muoiono a causa di questi episodi o sono costrette ad abbandonare le proprie terre, le proprie case, a spostarsi senza prospettive certe, minacciate anche nella salute, l’identità individuale si trasforma inevitabilmente in un egoistico adattamento.
La necessità di un impegno personale (che divenga responsabilità sociale collettiva) verso la salvaguardia ambientale non può richiedere atti di altruismo verso l’ignoto. Che, essendo tale, non può essere riconosciuto come valore né positivo né negativo. Mentre, nelle categorie conosciute e riconosciute, ad ognuna risponde la concretezza dell’ evidenza.
Cosa attira più di una soddisfazione nel presente? Il futuro può avere obiettivi ipotetici ma le risposte restano incomplete e i benefici da ricavare non racchiudono le soddisfazioni immediate.
Nell’ identità umana, il “futuro” dei popoli scomparsi che non sapevano di esserne portatori, forse come oggi lo si comprendeva o lo si presentiva, senza averlo mai conosciuto. E questo vale per noi anche oggi.
Proprio alla luce del passato però siamo in grado di provare che si può andare oltre l’immaginazione per il futuro della collettività, grazie al valore concreto e organizzativo derivato dai collegamenti offerti dalle tecnologie. Ma l’ipotesi che oggi tutti siano in grado di diventare “costruttori” del futuro è azzardata e, in questo investimento meglio non perdere di vista i “valori” e la centralità dell’essere umano.