di Linda laura Sabbadini
Le protagoniste sono loro al COP26, anche se da fuori. Tante giovani ragazze alla testa della protesta dei giovanissimi
contro l'inerzia dei grandi sul clima. Greta Thunberg, che dichiara “i leader siamo noi” ai leader del pianeta. Ha una chiara visione dell'empowerment femminile, non arretra e non si fa intimidire da nessuno. La cinese Ou Hongyi che da quando aveva 16 anni, da sola, si piazzava come faceva Greta davanti al palazzo governativo e ostinatamente scioperava.
Ora è in Europa e ha le idee chiarissime sulla difesa del clima. La fantastica ragazze ugandese Vanessa Nakata. Anche lei iniziò uno sciopero solitario a dicembre del2019, contro l'immobilismo nella crisi climatica, interviene abbracciata a Greta chiedendo giustizia climatica per l'Africa, versando lacrime autentiche. Per vari mesi stava li sola davanti al Parlamento ugandese. Nessuno le dava importanza. Ma queste donne “solitarie” stanno facendo la storia. La forma di lotta è la stessa per tutte. Iniziano sole e poi si portano dietro il mondo, leader compresi, che devono fare i conti con loro. Una cosa le accomuna, il coraggio. La forza della loro causa. Loro l'empowerment femminile se lo sono conquistato sul campo, attraverso l'agire quotidiano, alla testa di un grande movimento globale di giovanissimi. Greta dalla Svezia, Ou dalla Cina, Vanessa dall'Dganda, Dominika dalla Polonia, Mitzi dalle Filippine, Alexandra dagli Stati Uniti, Riddhima dall'India. Sono solo alcune.
Tutte donne. Vi meraviglia? È un caso? No. Vediamo perchè.
I cambiamenti climatici sono globali. Quindi, toccano tutti. Ma sono anche selettivi. Colpiscono più alcuni soggetti di altri. Più
i poveri che hanno meno risorse per risollevarsi dopo disastri naturali. I cambiamenti climatici sono moltiplicatori di
disuguaglianze. Per questo battersi per la conversione ecologica significa portare avanti una battaglia di diritti, di giustizia sociale. Non solo nei confronti delle nuove generazioni che devono poter fruire delle bellezze di nostra Madre Terra e viverci, ma anche nei confronti di coloro che stanno peggio. E le donne sono tra questi.
Chi più dipende dalle risorse naturali è più a rischio. Le donne lavorano massicciamente in agricoltura nei Paesi in via di sviluppo, raccolgono l'acqua, coltivano. Se arriva la siccità e la deforestazione le donne delle società rurali sono costrette a lavori sempre più duri, con i loro bimbi, sempre più lontane da casa. A ciò va aggiunto che i momenti di disastri ambientali sono anche quelli che secondo l'Onu mettono più a rischio le donne per la violenza e la tratta di essere umani, e anche le bambine.Per questo battersi per la conversione ecologica favorisce la riduzione delle disuguaglianze di genere.
Ma è vero anche il contrario. Uguaglianza di genere e giustizia climatica sono fortemente interconnesse tra loro. Battersi per l'uguaglianza di genere e avanzare su questo terreno serve allo sviluppo della giustizia climatica. Uno studio australiano ( A.Mavisakalia,Y. Tarverdi 2018) condotto su 91Paesi ha evidenziato la maggiore presenza in Parlamento di donne come elemento esplicativo del maggiore impegno del Paese contro il cambiamento climatico e migliori risultati nella riduzione di C02.
Lo studio sottolinea che garantire un numero maggiore di donne in Parlamento potrebbe tradursi in migliori condizioni climatiche e conseguente abbassamento delle emissioni nei Paesi.
Un motivo c'è.
Una maggiore attenzione alla cura del Pianeta da parte delle donne. Così come maggiore è l'attenzione alla cura delle
relazioni, anche negli stili di leadership. Non è un fatto naturale.lVIa la capacità di cura è anche forte senso di responsabilità, di condivisione e di calda empatia, senso del bene comune. Ci sono anche uomini che la hanno. Non è una esclusiva. Ma questa è la grande forza di tante donne, giovani, adulte o anziane che siano.
Anche per questo cambieranno il mondo. E salveranno il pianeta, facendo cambiare idea a molti leader.
Linda Laura Sabbadini è direttora centrale Istat.
Le opinioni qui espresse sono esclusiva responsabilità dell'autrice e non impegnano l' ISTAT
da La Repubblica, 3 novembre