Il problema della rappresentanza di genere nella nuova legge elettorale non riguarda le donne, ma una migliore selezione di chi ci rappresenta, la vitalità e il futuro della democrazia e delle istituzioni, di Daniela Carlà
La democrazia paritaria realizza la vocazione universalistica della democrazia che, se intrisa delle differenze, rappresenta tutte e tutti ed è a fondamento di una società aperta e plurale. Nulla di più distante, dunque, per le donne delle associazioni e per le parlamentari che hanno sostenuto le proposte per la democrazia paritaria, dalla mera rivendicazione subalterna di spicchi e quote di vecchio potere, di frazioni di assemblee elettive. Nel respingere le proposte per il 50 e 50 con argomenti banali contro le quote rosa, non vi è stata solo incomprensione dell'obiettivo politico alto, unitario e traversale delle donne. Vi è stata anche una mistificazione consapevole, a difesa estrema di pezzi di potere usurato. È prevalsa la preoccupazione, non tanto rispetto alla competizione con singole donne ma, soprattutto, rispetto alle innovazioni complessive – queste sì meritocratiche! – che la democrazia paritaria reca con sé, costringendo a regole, a trasparenza, a confronti su contenuti non routinari. Dietro ai balbettii contro le cosiddette quote rosa e la loro incostituzionalità si nasconde la paura della competizione con uomini più all'altezza del confronto con l'autonomia e la capacità di innovazione delle donne? Insomma, il timore è fondato: le trasformazioni legate alla democrazia paritaria sono irreversibili e decisive. Meno prevedibile era la faciloneria disinformata di parte della stampa, che qualche problema di merito (vero!) apre anche da quelle parti. Ma è accaduto. Il moto della democrazia paritaria è sicuramente inarrestabile, ma il voto alla Camera sulle regole elettorali della medesima ha segnato una temporanea sconfitta.
Si è votato in prima lettura alla Camera e per la Camera. Occorre ora guardare al Senato, auspicando l’assunzione di responsabilità per rimediare alla viltà del voto segreto e restituire fiducia, trasparenza, confronto sui contenuti nell’iter della riforma elettorale. Stiamo definendo le regole elettorali per il futuro, non per una breve stagione, e nel mezzo di una crisi senza precedenti. Non è risolutivo che qualche Segretario suggerisca di compensare, impegnandosi nel proprio Partito, a garantire nei fatti il 50 e 50, in assenza della piena attuazione dell'art. 49 della Costituzione e dell’obbligo della vita interna democratica dei Partiti. Si tratterebbe di – sia pur meritevoli – scorciatoie contingenti, paternalistiche, che alimentano il conformismo e non incoraggiano l’autonomia, la valorizzazione del merito, la diffusione di pari opportunità. Dalla revisione delle regole elettorali democratiche – per garantire con equilibrio governabilità, stabilità autorevole, rappresentanza effettiva – ci aspettiamo, invece, incentivi alla migliore qualità della politica e degli eletti. E non è utile neppure il ventilato ricorso alle primarie, volontarie o per legge. Personalmente non credo alla funzione salvifica delle competizioni primarie come Gange della politica italiana. Anche per le primarie necessita l’attuazione dell'art. 49 della Costituzione, e servono regole chiare e qualità del confronto. Non mi ha convinta l’esperienza del Partito Democratico, che vi ha fatto ampio ricorso. Stimo molti tra gli uomini e tante tra le donne che ne sono usciti vittoriosi, ma il mix tra primarie con preferenze (anche doppie), elezioni senza preferenze e listini, inevitabilmente, rafforza gli iscritti e le cordate di gruppi di potere rispetto alla generalità dell’elettorato. Spero ora che il Senato accolga gli emendamenti per la democrazia paritaria, ma anche che introduca la composizione per genere del voto di preferenza nelle elezioni europee, e che si prevedano chiare garanzie di genere nella composizione non elettiva della nuova Camera che prenderà il posto del Senato.
Non è in gioco il destino personale di qualche donna al posto di alcuni uomini, ma la vitalità e il futuro della democrazia e delle istituzioni. NoiReteDonne è nata oramai anni fa proprio con l'obiettivo di affrontare il nodo del rapporto delle donne con il potere. Il primo impegno è stato di diffondere la doppia preferenza, già passata al vaglio della Corte Costituzionale (all’insaputa di molti parlamentari?). NoiReteDonne ha poi promosso l’Accordo Comune per la Democrazia Paritaria, trasversale e unificante per quasi 60 associazioni, che ha operato per precise garanzie di genere, quale che sia il sistema elettorale di riferimento. Non siamo di fronte, dunque, ad una scomposta iniziativa reattiva ma ad un percorso lungo, rigoroso e costruttivo di trasformazione della politica e di qualificazione di patti e leggi. Il voto in prima lettura alla Camera ha offuscato in parte lo straordinario risultato del primo governo 50 e 50, già contraddetto dall'assenza di donne tra Viceministri, e dall’insufficiente numero tra i Sottosegretari. Non ci è piaciuto l’esame riservato, anche da parte di alcune donne, alle sole Ministre del governo. Non abbiamo apprezzato le polemiche che ne sono derivate. Per noi, resta il dato positivo nella composizione paritaria del governo. I risultati devono essere sempre apprezzati. Ma resta anche il tema – che ci riporta in parte anche al nodo di una riforma elettorale che contribuisca a valorizzare meriti e a incrementare pari opportunità – della riflessione sulle sedi, sui luoghi e sui modi della politica, per uomini e per donne, che riavvii la migliore selezione di chi ci rappresenta.