Impossibile rimangiarsi il consenso dato alla separazione anche prima del decreto di omologazione
L’accordo è ormai perfezionato. Il coniuge non può far valere, magari per motivi economici, il vizio del consenso per la via interna del procedimento camerale
Indietro non si torna, almeno dalla separazione consensuale. Una volta che i coniugi hanno confermato di fronte al giudice la volontà di separarsi alle condizioni contenute nel ricorso non conta il successivo dissenso unilaterale espresso da uno di loro, anche prima dell’emissione del decreto di omologa: la revoca risulta irrilevante, l’accordo è da ritenersi già perfezionato. È quanto emerge da un recente decreto pubblicato dal tribunale di Milano.
Famiglia e negozialità
Niente da fare per il coniuge che chiede la revoca dell’omologazione data dal giudice alla sua separazione. La signora ci ripensa, spinta da un movente economico, laddove lamenta che non è stata considerata la «effettiva sostenibilità delle spese» di cui lei «si è fatta carico sottoscrivendo le condizioni della separazione». Ma oramai è tardi. La separazione consensuale, ricorda il giudice, trova la sua unica fonte nel consenso manifestato dai coniugi dinanzi al presidente del tribunale e la successiva omologazione agisce come mera condizione di efficacia dell’accordo, di per sé già integrante un negozio giuridico perfetto e autonomo. L’accordo di separazione, pertanto, costituisce un atto essenzialmente negoziale, espressione della capacità dei coniugi di autodeterminarsi responsabilmente, ponendosi come «uno dei momenti di più significativa emersione della negozialità nel diritto di famiglia». Risultato: alla separazione consensuale si applicano le norme generali relative alla disciplina dei vizi della volontà, entro i limiti di compatibilità con la specificità di tale negozio di diritto familiare; si deve quindi escludere che ciascun coniuge possa contestare l’eventuale vizio del consenso mediante la via interna del procedimento camerale e, nella specie, attraverso la mera unilaterale revoca del consenso in precedenza prestato in funzione di ostacolo alla successiva omologazione dell’accordo che si ritiene non più conveniente o, in taluni casi, inficiato da vizio della volontà.