Fare e Disfare. Otto saggi a partire da Judith Butler, a cura di M. Pasquino e S. Plastina,
Mimesis, Milano 2008.
Judith Butler. Trouble dans le sujet, trouble dans les normes; cordonnè par F. Brugère e G. Le Blanc, Puf, Paris 2009.
Fare e Disfare. Otto saggi a partire da Judith Butler, pur non essendo un’opera di fedele ricostruzione monografica, è la prima pubblicazione italiana che riassume, indaga e critica lo sviluppo del pensiero di Judith Butler. A differenza della raccolta francese è un testo che si rivolge anche a quanti non sono filosofi/e.
Gli autori dei saggi riconoscono nel pensiero di Butler tre linee guida, tre aspetti che costituiscono la sua prospettiva teorica: in primo luogo Butler come filosofa del linguaggio performativo e studiosa degli effetti del linguaggio in relazione alle esigenze di riconoscimento e legittimazione sociale e politica. In seconda istanza Butler come filosofa politica, impegnata nella rielaborazione del concetto di agency. Il progetto politico che l’autrice porta avanti dagli anni Novanta fino a oggi è infatti diviso in una prima parte che racchiude il momento della performance e in una seconda che si svolge nella profondità dell’io e ha a che fare con l’elaborazione della melanconia di genere. In terzo luogo Butler è definita come teorica dell’anti-naturalizzazione, come colei che difende la legittimità di legami non naturali.
Il primo saggio: Corpo-Linguaggio (M. Pasquino), partendo dal concetto di performatività, esplora come attraverso l’analisi del performativo Butler introduca il tema della vulnerabilità dei soggetti al linguaggio, vale a dire: siamo vulnerabili al linguaggio in quanto il linguaggio pone il limite sempre mutevole dell’intelligibilità del soggetto. Il secondo, Legami che contano. Identità, etica e linguaggio (F. Giuliani), lavora sul tema della vulnerabilità della condizione umana e sulla costitutiva relazionalità dell’io; il terzo, Etica dell’universalità ed etica della vulnerabilità (I. Crispini), partendo dalla condizione umana di vulnerabilità descritta da Butler, si interroga su cosa significa parlare di filosofia morale e di un’etica della responsabilità. Nel quarto, Spazio intersoggettivo e autonomia (F. Giovagnoli), si discutono gli studi butleriani sulla filosofia hegeliana e la distanza da A. Honneth e J. Habermas in tema di dialettica del riconoscimento. Nel quinto, Le ragioni non politiche della politica (K. Menniti), oggetto di indagine è la lettura che Butler fornisce del mito di Antigone; così nel capitolo successivo, Aporie della famiglia (F.M. Cacciatore), attraversando criticamente la tragedia di Sofocle, la riflessione è posta sul tema della famiglia e quindi di parentela come forma simbolica problematica. Qui ci si sofferma sull’interpretazione butleriana di alcuni passaggi della Fenomenologia dello Spirito, soprattutto sul rapporto fratello e sorella. Il settimo, Un intermedio surreale. L’aporia di Antigone tra Judith Butler e Jacques Lacan (F. Palombi), intende valorizzare le affinità tra le due letture, enfatizzando la condizione di “soglia” incarnata dall’eroina greca. L’ultimo, L’enigma della malinconia: Identità e rappresentazione della vita psichica in Judith Butler (S. Plastina), si sviluppa attorno al concetto di malinconia e al legame tra elaborazione del lutto, incorporamento e identificazione.
Judith Butler. Trouble dans le sujet, trouble dans les normes è invece una vera e propria ricostruzione del pensiero butleriano. La filosofa americana è conosciuta in Francia principalmente per aver rilanciato la problematica femminista a partire da una contestazione dell’egemonia della differenza sessuale interpretata come differenza di genere. La contestazione dell’ordine stabilito dei generi partecipa all’analisi delle relazioni di potere nelle vite. Ne risulta un trouble all’interno delle norme che si riflette in un trouble nel/del soggetto segnato dall’esposizione alla malinconia.
Ciò su cui lavorano gli autori è il tentativo di comprendere l’azione delle norme all’interno dell’esistenza umana e la vita delle norme all’interno delle azioni umane, e indagare, quindi, come la vita psichica si strutturi nell’intersezione del potere della norma dentro la vita e del potere della vita dentro la norma.
Tale intersezione viene a costituire il centro di gravità della filosofia butleriana che da Scambi di genere fino a Critica della violenza etica propone di destrutturare il soggetto intrappolato in norme che lo ingabbiano limitandolo, e la norma stessa dalla sua riscrittura permanente nelle pratiche ordinarie della vita. Non esiste, dunque, un fondamento culturale delle norme così come non esiste un fondamento naturale delle vite. Da un lato, sostengono gli autori, la norma ha un’efficacia pratica particolare nel regolare le vite, organizzare i comportamenti, dall’altro è posta nella misura in cui può essere contestata.
La relazione tra il soggetto e le norme non può essere che una relazione troublée, cioè confusa, problematica: da qui il titolo trouble all’interno delle norme e trouble nel soggetto. Tale turbamento, lungi dall’essere ciò che impedisce la produttività della norma e lo sviluppo della soggettività, è, al contrario, ciò che la favorisce.
Possiamo rintracciare allora quattro tesi che vengono sviscerate all’interno del volume: la prima è che pensare le norme essenzialmente in funzione del genere è interessante per un’analisi dei corpi sessuati.
Denaturalizzare il genere è un modo per chiarire le scene sociali e culturali che costruiscono le opzioni performative del genere e permette di destabilizzare le norme di genere che si applicano alle identità sessuali. Il genere sessuale non rivela alcuna ontologia, trovandosi all’interno di contesti politici particolari che valorizzano delle strutture identitarie. L’identità maschile o femminile, così come quella eterosessuale o omosessuale, sono infatti soprattutto prodotte da un meccanismo iterativo o citazionale del discorso che tali identità rafforza e normalizza, stabilizzando sia il posizionamento dei privilegiati che quello degli abietti.
Interrompere l’uniformità di tale ripetizione, attraverso combinazioni impreviste di identità ritenute incompatibili, diventa così una strategia di sovversione.
Butler, dunque, introducendo un trouble nel genere, opta per una scelta militante in favore dei modi e degli stili di vita minoritari e sovverte la differenza sessuale stabilita dal paradigma eterosessuale. Il tentativo della filosofa americana è allora quello di pensare una nuova soggettività femminile a partire dal concetto di vulnerabilità.
La seconda tesi che possiamo enucleare è quella secondo cui la vita psichica come vita dentro le norme rimette in questione il confine tra interno e esterno: la vita psichica non appartiene più a un soggetto, ma comporta l’essere fuori di sé del soggetto. Il soggetto è, in questa prospettiva, del tutto legato alle dinamiche di assoggettamento regolate attraverso le relazioni di potere.
Terza tesi è vedere come un pensiero etico originale cerca di rispondere alla questione dello spossessamento di sé all’interno del registro delle relazioni di potere. La realtà del soggetto butleriano è rintracciabile all’interno di pratiche relazionali che fanno dei soggetto degli esseri dipendenti l’uno dall’altro, vulnerabili fin dal primo istante.
Quarta e ultima tesi è che nella produzione di Butler venga interrogata la stessa nozione di umano nella misura in cui non a tutte le vite viene riconosciuto lo statuto di umano, ciò che si chiede è legato alla legittimazione della violenza nella cultura occidentale per cui alcune vite sono degne di essere vissute e la cui perdita suscita orrore e scandalo, mentre altre no. Sono cinque i saggi che compongono il volume: Spectres de Hegel. À propos de Subject of Desire de Judith Butler (P.Sabot), Les aporie de la lutte pour la reconnaissance. Hegel, Kojève,
I primi due saggi, così come l’ultimo, si soffermano soprattutto sul rapporto con Hegel, riproponendo la tesi per cui il progetto filosofico butleriano resta all’interno dell’orbita definita da un preciso insieme di domande hegeliane: qual è la relazione tra desiderio e riconoscimento? E com’è che la costituzione del soggetto comporta una radicale e costitutiva relazione con l’alterità? Il terzo saggio è un tentativo di trasferire la riflessione femminista nota come ethics of care (etica della cura) all’interno dell’universo di Judith Butler; mentre il quarto affronta la melanconia di genere, partendo dall’assunto che l’attaccamento alle norme rende problematica e dolorosa la loro depotenzializzazione. L’autore interroga il rapporto tra le norme e il meccanismo di identificazione, enfatizzando il riferimento alla melanconia, ritenuto essenziale perché capace di render conto dell’attaccamento alle norme del soggetto butleriano.
“Rifiutare alle norme di definire qual è una vita vivibile”. Questa frase caratterizza assai bene l’intenzione etica che anima oggi il lavoro di Judith Butler.
Il gesto critico di Butler si indirizza allora contro la costituzione di ogni egemonia. Piuttosto che liberare le norme, bisogna tentare di sospendere il loro potere di sanzione sulla vite. Di fronte alla fissazione di un campo trascendentale che decide in anticipo del confine tra la legittimità e l’illegittimità, si tratta di lasciar essere i corpi o di far sentire la voce di coloro che si situano fuori dal campo predeterminato.
Politica & Società, marzo 2009
Carrocci Editore