La Cenerentola che c’è in te

da | Giu 17, 2010 | Filosofando

 

La Cenerentola che c’è in te

Raccontare e raccontarsi è un bisogno tipicamente umano. L’uomo è un raccontatore di storie, ama narrare le proprie vicende che spesso arricchisce di dettagli inventati per colmare lacune affettive, esprimere desideri di rivalsa e bisogni di raggiungere obiettivi. Durante l’infanzia le fiabe hanno un ruolo importante per trasmettere insegnamenti, per superare o far nascere paure, per imparare a sognare. Da adulti con occhi più disincantati continuiamo a sognare, ma possiamo analizzare le favole della nostra infanzia, trovarvi qualche insegnamento per la quotidianità e, perché no, qualche idea da eliminare. Prendiamo ad esempio Cenerentola, la sfortunata ragazza vittima di una perfida matrigna (guarda caso nelle fiabe la matrigna è sempre cattiva e ciò ci porta nel mondo degli stereotipi presenti in abbondanza nelle fiabe; nella realtà sappiamo che molte volte invece la matrigna può dare di più della mamma naturale) che trova la sua salvezza di donna nella provvidenziale apparizione del principe azzurro. Se da un lato il bene prevale, dall’altro la vicenda sottolinea l’assoluta casualità del riscatto sociale femminile. E’ come se, da sola, la donna non possa cavarsela egregiamente. Sicuramente Cenerentola ha fatto e fa ancora sognare, ma soffoca la capacità di tirare fuori quella grinta determinante per contrastare chi impedisce la libera espressione del sé. Quante donne ancor oggi sono obbligate a tacere per il cosiddetto quieto vivere e quante nell’attesa del principe azzurro sopportano di essere eternamente subalterne? Ciò deve farci riflettere sull’eventuale Cenerentola che può esserci in ognuno di noi (non dobbiamo stupirci, ma la “Cenerentola” esiste anche nei maschi): per superarla possiamo iniziare ad esempio una lotta tenace in difesa dei più deboli ogniqualvolta si presenti l’occasione. Difendendo i più deboli impariamo a difendere le nostri parti meno autonome e incapaci di autodifesa Le mosse successive saranno indirizzate verso una progettualità personale fatta di piccoli passi quotidiani utili a rinforzare l’idea che ognuno può realizzarsi al di là del principe azzurro e un sogno d’amore. Ricordiamo che essere Cenerentola significa cercare la propria “salvezza” attraverso il lasciarsi condurre passivamente dall’altro. Se invece la realizzazione di sé avviene attivamente, allora l’uomo dei sogni (o la donna dei sogni) assumerà la giusta collocazione nella vita di ognuno perdendo la connotazione di riscatto sociale. 

Maria Giovanna Farina