di Gabriella De Michele *
La recente, deplorevole vicenda della scuola di formazione per aspiranti magistrati «Diritto e Scienza», diretta dal consigliere di Stato Bellomo, im pone un'attenta riflessione. Una maggiore tempestività di intervento, unita a regole più stringenti e puntuali controlli, avrebbe forse evitato
degenerazioni, come quella oggi agli onori della cronaca. Non si tratta però solo di «degenerazioni», intese come deviazioni da un percorso di per sé sano: non è un mistero infatti che centinaia di giovani aspiranti magistrati si accostino, a pagamento, a scuole di formazione private organizzate e gestite, appunto, da magistrati in servizio, o alle quali questi ultimi prestano collaborazione, pubblicizzata in funzione della loro presenza. Tali attività, non consentite ai magistrati ordinari vengono abitualmente autorizzate, invece, per i magistrati amministrativi. Fra questi ultimi tuttavia molti consapevoli dell' intenso ed esclusivo impegno, richiesto per l'espletamento delle delicate funzioni istituzionali da tempo si chiedono come possano fino a oggi essere state accordate tante autorizzazioni, per il reclutamento a titolo oneroso di magistrati da parte di scuole private, senza considerare la fondazione da parte degli stessi di tali scuole, persino in diverse città, nonché l'avvio di parallele iniziative editoriali. Esiste al riguardo una prima questione di opportunità, relativa al tem¬ po occorrente per lo svolgi¬ mento delle attività in questio¬ ne, difficilmente conciliabile con il servizio di istituto.
Una seconda questione riguarda l'immagine di terzietà di questi giudici, quando le offerte di collaborazione provengano dal mondo accademico forense. Una terza questione riguarda l'entità dei compensi, quando questi siano di livello tale da diventare la prima fonte di reddito per i magistrati in questione, se non addirittura il provento di attività parallele, di stampo imprenditoriale. Un urgente appello è da rivolgere al consiglio di presidenza della magistratura amministrativa per l'adozione di criteri del tutto analoghi a quelli previsti dal Consiglio superiore della ma gistratura, che vieta il coinvolgimento di magistrati ordinari nella formazione privata.
E' anche auspicabile che alla formazione di giovani laureati si aprano a titolo gratuito le aule dei nostri tribunali e del consiglio di Stato, a fianco dell'istituzione dell'Ufficio del processo, mentre dovrebbero senza indugio cessare iniziative a scopo di lucro, incompatibili con il codice deontologico della categoria, a cui la maggioranza dei magistrati amministrativi vorrebbe conservare l'onore di appartenere. Pur consapevole della difficoltà di un percorso che si scontra con interessi economici di non irrilevante entità, ritengo ancora possibile un rinnovamento profondo. Ne hanno bisogno i nostri giovani, alle prese col difficile accesso al mondo del lavoro e meritevoli di avvalersi di opportunità di formazione, trasmesse con più generosità dalla generazione che li ha preceduti. Ne ha bisogno il Paese, che per il suo rilancio mai come in questo momento necessita di legalità, competenze e impegno.
*Presidente della III sezione esterna del Tar del Lazio,
già presidente del Con ma (Coordinamento nuova magistratura amministrativa, associazione di consiglieri di Stato) e deii'Anma (Associazione
nazionale magistrati amministrativi)