La nonnetta in amministrazione di sostegno non può fare testamento: parenti-serpenti a mani vuote, 26 ottobre 2011

da | Ott 31, 2011 | Anno 2011

 

La nonnetta in amministrazione di sostegno non può fare testamento: parenti-serpenti a mani vuote
Lecita l’estensione al soggetto vulnerabile dei limiti previsti per l’interdetto, nonostante la dottrina
 

  Orientamento: nuovo  Consulta massima e sentenza relative all’articolo
 Al beneficiario dell’amministrazione di sostegno non si può vietare di sposarsi ma di fare testamento sì, al di là di quanto invece sostiene certa dottrina: è infatti legittima l’estensione delle limitazioni previste per l’interdetto al beneficiario dell’assistenza di cui all’articolo 411 Cc, laddove la mancanza della capacità di agire in sede negoziale sia accertata in sede di rituale contraddittorio alla presenza del difensore del soggetto vulnerabile. È quanto emerge da un recente decreto pubblicato dall’ufficio volontaria giurisdizione del tribunale di Varese (giudice tutelare Giuseppe Buffone).

Basta coi “furbetti”
La nonnetta ha quasi cent’anni e, negli ultimi tempi, ha cambiato vari testamenti: si sospetta fondatamente l’influenza di terzi, magari qualche parente che vuole fare bottino pieno con i lasciti dell’anziana; il giudice tutelare, allora, dispone la consulenza tecnica d’ufficio e il risultato non lascia dubbi: la beneficiaria dell’amministrazione di sostegno non è in grado di agire con capacità negoziale; scatta allora il decreto del magistrato: la vecchietta non potrà redigere testamento finché dura lo stato di incapacità e salvo nuovo provvedimento del giudice di revoca o modifica.

Morte civile
Il decreto è frutto del “combinato disposto” degli articoli 411, comma 4, e 591, comma 2, n.2 Cc: la prima disposizione autorizza il giudice ad adottare limitazioni previste dalle norme per l’interdetto o l’inabilitato purché siano nell’interesse del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, la seconda esclude la capacità di testare in capo all’interdetto per infermità di mente. Che il provvedimento sia nell’interesse del soggetto vulnerabile, osserva il giudice tutelare, non è revocabile in dubbio; poniamo ad esempio che, in assenza di legittimari, la designazione testamentaria sia fatta a un terzo estraneo alla famiglia, impedendo la chiamata per legge dei prossimi parenti: accanto alla persona in difficoltà possono spuntare finti amici in cerca soltanto di denaro. Insomma, lo stop al testamento è inevitabile: il negozio di ultima volontà «l’espressione del diritto di autonomia privata» e, dunque, incapace a testare è colui il quale non risulta capace di agire. Non convince la tesi sostenuta dalla dottrina che milita per l’inapplicabilità delle limitazioni di cui comma 2, n. 2 Cc: in ogni circostanza del genere, si evince dal provvedimento, il giudice sarebbe costretto a imboccare il percorso interdittivo (quello sì che porta alla morte civile), mentre l’amministrazione di sostegno pare per sua natura adatta ad assumere su di sé decadenze analoghe a quelle previste a tutela dell’interdetto, ma anche non la compressione di diritti fondamentali della persona come quello al matrimonio. La presenza del difensore dell’amministratore si rende necessaria vista la rilevanza del provvedimento limitativo da assumere nei confronti del soggetto debole.