Da sempre, in particolare dagli anni 70 (in cui è coniata la parola), la “sorellanza” viene indicata come principio-valore fra donne da cui non si può prescindere per combattere la disuguaglianza di genere e sostenere la difesa dei loro diritti. Si pensò allora che un cambiamento sociale e culturale, che prevedesse uguaglianza nella differenza, prima di divenire attivo e collettivo, dovesse passare dall’unione delle donne stesse. Nel tempo, quello che allora appariva come un’utopia ha raggiunto incontrovertibili progressi pur rimanendo complessivamente, nel mondo, più sul piano teorico che realistico.
E se alla base della “sorellanza” c’è l’unione, a prescindere dalle differenze di classe sociale, di religione e di razza, la complessità geografica e politica, spezza l’unicità e la validità di questo obiettivo.
Eppure nonostante il susseguirsi di avvenimenti drammatici come pandemia, guerre, violenze, che accendono ogni volta questo bisogno di ricompattarsi, non si sono costruiti ancora legami abbastanza solidi per durare nel tempo né resistere al rischio di romperli.
Anche il più recente virtuale conferma questo pericolo.
Sul web, spesso compaiono commenti inaspettati.
Come lo sdegno di alcune donne per un like sul post di un’altra di diversa ideologia, l’insofferenza verso una candidatura femminile di altra appartenenza politica ecc. Ed a anche se la velocità della comunicazione on line fa comparire e scomparire in un attimo questi commenti, l’evidenza che niente venga interpretato o perdonato, neanche tra donne, è evidente. Emerge una tendenza alla divisione ideologicamente criticata quanto negata, un’incapacità di comprendere che le relazioni tra simili vanno interpretate con la stessa tolleranza che si richiede per se stesse e in considerazione del proprio vissuto.
La vera “sorellanza” è una cosa difficile e le donne, pur consapevoli che gli antagonismi danneggiano- indeboliscono il genere femminile e il valore delle loro rivendicazioni, rischiano ancora una volta di tramutare un fatto acquisito in utopia. Ripetendo l’errore di quando le femministe si scontrarono con le referenti dei partiti (dovendo infine venirne a patti).
L’utopia della “sorellanza” rende questo gruppo di genere, grande e numeroso, solitario nell’insieme. La perseveranza dimostrata nello spezzettare gruppi di donne e renderle competitive tra loro, sconfigge i risultati che la loro storia meriterebbe.
La vera “sorellanza” , quella che dovrebbe essere perseguita nella pratica del vivere e del fare, restano una premessa indispensabile e una promessa ancora da realizzare.