Le donne di carta, di Rossella Laterza e Marisa Vinella, 1980

da | Feb 13, 2011 | Scritti d'archivio

BELLE E DANNATE
(tratto da “Le donne di carta”, di Rossella Laterza e Marisa Vinella) 

Le vergini in catene 

Accanto al filone del fumetto erotico, di fantascienza e di avventura, nasce anche quello con la fissazione maniacale per la violenza e la marte, quali attributi di una sessualità alienata. Questi fumetti compaiono alla fine degli anni Sessanta e sollecitano oltre all’erotismo anche il sadismo dei lettori. Come sempre e la donna l’oggetto sul quale si riversano illeciti sogni sadici. Esistono molti scritti d’argomento erotica in cui figure femminili indifese son costrette a subire catene, frustrate, percosse, torture.

« Nella letteratura popolare del secolo scorso, come nell’odierna cultura di massa, alle donne viene negata qualsiasi identità, essa e semplicemente un oggetto che si possiede: strumento di forze maligne dalle quali e posseduta, vergine intorno a cui intessere fantasie sessuali di tipo sadico … Queste fantasie a senso unico non possono essere interpretate che come il segno dell’ostilità maschile che si concretizza in impulsi aggressivi strettamente intrecciati agli impulsi sessuali » .

Spesso si sostiene che il desiderio sadico viene causato da complessi di castrazione, e che questa paura sia generata dai meccanismi di difesa basati sulla sopraffazione e sul piacere che ne scaturisce Il sadismo potrebbe invece dipendere da un desiderio di dominio e di oppressione prodotti dall’antagonismo sociale tra i due sessi. Gli impulsi violenti dell’uomo possono anche essere visti come la risultanza della conflittualità insita nel ruolo maschile di servo-padrone (e vecchia ormai l’analisi sull’operaio o sull’impiegato che dopo aver sopportato per otto ore il sorvegliante o il capo ufficio, in questi casi il padrone, devono necessariamente sfogare la loro tensione su qualcuno; questo qualcuno e quasi sempre una donna).  

Nella società di massa, dunque, gli impulsi distruttivi dell’individuo vengono canalizzati sui soggetti deboli perche meno dotati di forza contrattuale. La responsabilità di tale frustrazione collettiva (originatasi dai meccanismi disumanizzanti di una organizzazione del lavoro sempre più parcellizzato e specializzato) e così fatta ricadere sulla donna. Nella letteratura erotica quindi la donna assume il ruolo della vittima del sadismo e l’uomo quello del malvagio persecutore.

«Il sadico ‘ maneggia’ il corpo dell’altro … il sadico e quell’essere che percepisce l’altro come uno strumento … ciò che il sadico cerca con tanto accanimento, ciò che vuole forgiare con le sue mani, e piegare sotto il suo pugno, e la libertà dell’altro: essa e la, nella carne, e essa stessa la carne, poiché vi e una dell’altro; e di questa, dunque, che il sadico tenta di impadronirsi… il sadico vorrà delle prove manifeste dell’asservimento alla carne della liberta dell’altro: tende a far chiedere perdono, la obbligherà con la tortura e le minacce ad umiliarsi » .

« Lanciai alte grida … urla e contorsioni provocarono il riso di quei mostri che stavano  a guardare, ed io ebbi la crudele soddisfazione di capire che se esistono uomini che, spinti dalla vendetta o da indegne voluttà, possono divertirsi per il dolore altrui, ve ne sono di quelli così barbari da godere gli stessi incanti senz’altro motivo che l’appagamento dell’orgoglio … in ogni caso i mali di un suo simile possono diventare per lui esecrabili godimenti » .

« Il sadismo e passione, aridità ed accanimento … nel sadismo, l’accento viene posto sull’appropriazione strumentale dell’ altro… [i1 sadico] vuole la non-reciprocità dei rapporti sessuali, go de d’essere potenza appropriante e libera » .  

Sono in molti a far dipendere nel maschio la sessualità dall’aggressività e dal suo istinto di competizione. Alcune teorie esaltano l’aggressività come una prerogativa biologica esc1usiva del maschio. Questa gli consente, anzi gli impone, di conquistare il mondo e la femmina. Secondo queste teorie « l’amore e uguale ad aggressività pili rapporto erotico, l’odio e uguale ad aggressività meno rapporto erotico». Ancora una volta, dunque, la biologia pretende di fissare dei valori assoluti, quanto assurdi, che non tengono conto della realtà economica e sociale. In ogni caso, almeno fino agli anni Sessanta, la teoria dell’aggressività del maschio, che si scarica sadicamente sugli esseri femminili, prevale nel fumetto; solo pili tardi, con i’l filone pornografico, vedremo che l’istinto violento non sarà più elemento connotativo esc1usivo dell’uomo, e avremo così tutta una serie di donne malvagie e crudelissime protagoniste del fumetto italiano.

Nell’America del secondo dopoguerra cominciava già a svilupparsi un tipo di fumetto già più esplicitamente erotizzante (ricordiamo che l’argomento preferito, pili che l’erotismo e il sadismo), in rapporto con la sottoletteratura erotica dell’epoca.E infatti del 1954 un’opera diventata celebre e tradotta in tutto i1 mondo, l’Histoire d’O di Pauline Reage; oltre a questa centinaia di opere erotiche sono state scritte, negli stessi anni, da persone rimaste pili o meno sconosciute. Importanti sotto questa ottica, sono i romanzi di alcuni scrittori, come Henry Miller, Norman Mailer e Jean Genet, nei quali la donna e trattata con un tipo di sadismo che può definirsi più psicologico che fisico. Interessante e l’atteggiamento di questi scrittori, e in special modo di Miller, che definisce l’uomo « essere virile» proprio in quei momenti in cui si esplica tutta la sua superiorità sull’essere femminile, e quando  lo dimostra alla stessa, maltrattandola come meglio può.  

A quei tempi la rivoluzione sessuale, dato eminente di questi anni, era decisamente impensabile e ad avallare, comunque, la tesi di biologi e scrittori maschilisti si aggiunse anche I’utilizzazione di alcune teorie di Freud sulle donne. Freud aveva individuato nella psicologia femminile tre aspetti che egli considera tra i più caratteristici della specie donna: passività, narcisismo e soprattutto masochismo. «Masochismo e passività, vorrebbe farci intendere Freud, non sono solo entrambi femminili, ma sono dinamicamente in rapporto tra loro; il masochismo comprende tutti gli atteggiamenti passivi nei confronti della vita sessuale e dell’oggetto sessuale … II masochismo e femmina, la femminilità e masochista … Portando questo concetto sulle logiche conclusioni il maltrattamento, non solo giova alla donna, ma e quello a cui essa anela! … La crudeltà e erotica in quanto soddisfa la natura di entrambi i compagni. Quasi ogni atrocità perpetrata contro le donne, può, in ultima analisi, trovare circostanze attenuanti nella teoria del masochismo ‘ innato ‘ di Freud».   

Tutti i romanzi che trattavano dei rapporti sadici dell’uomo sulla donna, avevano un solido alibi: la psicanalisi. Su questa scia, dunque, nacquero anche i primi fumetti erotici e sadici in America come in Europa. Tra i primi quello di John Willie « The adventures of sweet Guendaline », autore di una serie di storie che hanno come ingredienti fissi le corde, le cinghie e le catene perennemente avvolte sul corpo di Guendalina, eroina destinata a subire tutte le sventure della virtù allo stesso modo della sfortunata protagonista del romanzo Justine, ovvero le disgrazie delta virtù di Sade.  

Tra una frustatina e un incredibile marchingegno di tortura si pubblicano sottobanco, nell’ America tra gli anni Quaranta e Cinquanta, fumetti sadici per tutti i gusti. Elemento comune in questi fumetti e l’abbigliamento delle protagoniste; si tratta in genere di un vera e proprio armamentario protettivo e opprimente, ancora più perfetto di quello delle eroine eterne fidanzate anni Trenta, che impedisce il contatto visivo diretto con la carne e la pelle. Indumenti soffocanti costringono l’eroina addobbata con calze a rete, stivaletti, vertiginosi tacchi a spillo, arditi spacchi nei punti « strategici », corsetti scintillanti e aderentissimi al corpo, lunghissimi guanti di raso nero, reggiseni di una misura più piccola di quella necessaria, indumenti di pizzo e merletti, il tutto preferibilmente di un elegante quanto tetro color nero; il cerimoniale della svestizione, più della tortura stessa, sembra offrire l’apice dell’ eccitamento.  

II feticismo e, quindi, un elemento importantissimo nel fumetto erotico-sadico. Come afferma Carlo Della Corte, « l’erotismo, prima ancora di De Sade, passando da Masoch, detesta il nudo, lo adorna così come pretende che il coito sia filtrato da una sofisticata griglia intellettuale … Masoch e forse il principe di questa sofferenza vestiaria » .  

Altro elemento comune a tutte le protagoniste del fumetto sadico-erotico, e la bellezza. Più sono belle le eroine, più vengono torturate e seviziate. E impossibile trovare una ragazza priva di qualche attrattiva fisica che sia fatta oggetto di queste tristi attenzioni. Sembra, infatti, che nessun sadico provi gusto ne] torturare la bruttezza, che non può essere sciupata dai maltrattamenti. L’essenza del sadismo risiede invece nel violare non solo la virtù ma anche la bellezza.

Così la tradizione vuole che tutte le vergini in catene siano dannate, ma soprattutto belle.  

Fustigazioni a fumetti e Guendalina 

II sadismo, dunque, ha un posto di prim’ordine nel fumetto come gusto orgiastico per la violenza, che si esprime attraverso manifestazioni che vanno dalle semplici frustrate alle torture pili complesse a sfondo sessuale, sino ad arrivare a ritmi di violenza inaudita, con riti dello squartamento, dell’impalamento e via di seguito. Un posto di privilegio occupa anche lo stupro in tutte le sue possibili variazioni (con narcotizzazione o morte della vittima, con rincorsa e strappo delle vesti, con l’impiego degli arnesi pili disparati).  

Tutti questi elementi trovano un’ampia utilizzazione nelle storie disegnate negli anni Cinquanta da cartoonist come John Willie o Gene Bilbrew o Eric Stanton, i cui temi sono riconducibili alla patologia erotica.

Nelle vignette dell’autore Eric Stanton vediamo ritratte malcapitate ragazze, tutte imbavagliate, avvinte in legacci e strumenti di tortura di sapore medioevale, costrette a posizioni estremamente contorte, nelle quali le patti del carpo si librano innaturalmente nel vuoto.  

Queste sfortunate e floride fanciulle (nelle storie in genere mancano personaggi fissi. Unica costante e la bellezza carnosa delle donnine abbigliate in modo seducente con corpetti aderentissimi, allacciati posteriormente e ridottissimi sul davanti, che ostentano grossi seni frementi), sono obbligate a subire martiri insensati. Quasi sempre si tratta di vittime di rapimenti organizzati da qualche maniaco che si avvale della collaborazione di sinistre fiancheggiatrici, dalle curve piene. (Storia sintomatica e quella della povera Jasmin, danzatrice. orientale del sultano Abon Ben Fez, torturata dalla crudele Jezebel, aguzzina specializzata nel punire le giovani ribelli dell’ harem).  

Le « inquisite » a fumetti presentano i polsi e le caviglie eternamente legate da corde (e ricordiamo che quella della « corda» costituiva nel Medio Evo una delle torture pili comuni) collegate ad un sistema di carrucole fissate al soffitto della camera dei tormenti. Non appaiono invece torture come la « stanghetta » (che consiste nel comprimere le caviglie tra due dadi di ferro), il «fuoco» (che ustiona le pian te dei piedi), il «cavalletto» (strumento che esercita una forzata trazione sulle membra del paziente fino a slogarle), la « ruota» (spesso dentata, che lacera le carni), in somma quei sistemi che procuravano estreme sofferenze e talvolta la morte delle vittime, deturpate e straziate in maniera raccapricciante; questo perche simili  tormenti ucciderebbero le eroine o rovinerebbero inesorabilmente la loro bellezza; invece per accontentare i lettori voyeurs basta tenerle legate e incatenate in modo incredibile per il novantanove per cento delle vignette che compongono le storie.  

Inoltre in questi fumetti non si seguono le istruzioni del perfetto torturatore estraibili da vecchi documenti e incisioni sulle storie della « Santa » Inquisizione (consultati invece per ciò che riguarda genere di torture pili leggeri come quella della corda e per l’iconografia di sinistri accessori come tenaglie, staffili, chiodi, bulini, anelli di ferro, speroni, spilloni, guanti ferrati, manette, bisturi, verghe), perche alle suppliziate non si tenta di estorcete confessioni di atroci crimini o di fedi rivoluzionarie, ma il fine che i disegnatori si prefiggono di raggiungere e solo quello di mostrare come una donna possa essere domata, ridotta ad "un corpo inerme, disposto ad esaudire ogni desiderio e ad offrire insolite pose per il diletto di chi le guarda.  

Queste donne sono quindi alla completa merce del maschio trionfatore, che si diverte ad intrappolarle, liberarle, ricatturarle. L’ironia che percorre sotterraneamente le storie di Eric Stanton, che si diletta nella rappresentazione di particolareggiati marchingegni di tortura, tentativi disperati di fuga, contorsionismi degni di animali invertebrati, e un fattore secondario rispetto all’ostentazione dei materiali della tortura.  

Nelle descrizioni di Gene Bilbrew i tormenti inflitti dagli uomini sono risparmiati e sostituiti da lotte furiose fra donne, ritratte in ampie vignette sintetiche. Le immagini sono estremamente dinamiche ed anche qui i personaggi femminili indossano indumenti che fanno parte del vestiario ritualistico delle orge sadiche. L’autore sottolinea in queste storie l’elemento della conflittualità e rivalità fra donne quasi sempre causata dalla logica della competizione nella corsa alla conquista del maschio o da risse scoppiate per motivi di gelosia.  

Le scene concitate di queste donnine conturbanti e aggressive (non prive di componenti saffiche) risultano ben adatte ad eccitare i1lettore, che trova nella figura del maniaco di turno un termine inconscio di identificazione. Nel fumetto di Gene Bilbrew intitolato Tacchi a spillo nel cosmo, Thork e un individuo losco e sadico la cui professione e quella di catturare ed addestrare delle donne rapite sul pianeta Terra, che rivende poi a creature interplanetarie in cambio di segreti scientifici. Thork definisce le sue prede ribelli « rimarchevoli oggetti di lavoro »; infatti per quest’uomo le donne non sono altro che merce di scambio. Le torture che infligge alle pooverette hanno valore non solo di castigo 0 punizione per gli atti di ribellione, ma servono anche per abituare queste donne a sopportare le pene di una futura coesistenza imposta su altri pianeti.  

In definitiva il compito del commerciante di schiave e quello di trasformare creature libere ed autonome in esseri succubi. L’inferiorità delle donne (terrestri) e il loro masochismo « innato » sono solo un pretesto per scatenare la violenza sadica di Thork e degli altri esseri spaziali, consumatori della Merce Donna.

Le atmosfere di questi fumetti non sono del tutto macabre, anzi le atrocità rappresentate appaiono sempre riscattate da finali ridicoli che servono ad allentare la tensione. Ne e esempio la storia di Tacchi a spillo nel cosmo in cui le donne si alleano tra loro e riescono ad annientare il predatore sadico, con un lancio collettivo di scarpe dal tacco aguzzo. Incapace di resistere allo sbarramento Thork precipita nel nulla.  

Sempre ispirato ai temi del sadomasochismo, alle teorie di fustigazioni e catene, il fumetto di Guendalina di John Willie nasce differenziandosi dalle produzioni degli altri autori che, come si e già detto, non hanno creato dei personaggi fissi, ma solo situazioni sadiche ricorrenti. Infatti il personaggio di Guendalina, fanciulla esile e indifesa diversa dalle poderose donnine vittime o aguzzine degli altri fumetti, assume il ruolo di protagonista e fulcro della narrazione.  

L’autore inglese John Alexander Scott Coutts, in arte John Willie, pubblico verso la meta degli anni Quaranta la sua eroina su una rivistina distribuita per posta, « Bizzarre ». Nella sua opera Willie sembra non aver fatto altro che erotizzare i temi lacrimevoli del racconto d’appendice, sottoponendo la sua eroina alle pene pili vili e degradanti. All’inizio Guendalina e protagonista di disavventure basate essenzialmente sulla componente feticista, poi i contenuti delle storie diventano pili violenti e sadici e l’eroina sempre pili spesso viene denudata e frustrata. Flagellazioni, corde, catene, bavagli, calze, veli e mutandine, sana gli strumenti di lavoro dell’autore. Questa tetra armamentario viene pero riscattato da una certa ironia: inizialmente, nella prima serie dei fumetti, Willie si burla del sadismo, Guendalina infatti ha un persecutore maldestro e grottesco che la tortura in modo ridicolo. Nonostante le precauzioni prese dal barone tiranno e dalla sua amante, questa Justine di carta viene sempre salvata da una provvidenziale spia. Continuamente fuggiasca, Guendalina viene sempre ricatturata e, tra una fuga e un rapimento, viene legata, slegata, torturata e curata.

Le manie del disegnatore sana, per lungo tempo, quelle delle cinghie, delle catene, delle corde, che in vari modi impacchettano l’eroina; ben presto pero questi elementi non bastano più. La stessa spia, una magnifica bionda abbigliata con stranissimi indumenti di pelle nera (che comprendono cappello, guanti, mantello e un immancabile scudiscio) invece di liberare l’amica imbrigliata la lega a sua volta, forse per insegnarle a slegarsi da se. Insomma questa fumetto diventa un carosello di intrecciarsi e sciogliersi di innumerevoli nodi.  

Col passare del tempo l’ironia diminuisce sempre di più e il fumetto scade a manuale di feticismo e di tecniche sadomasochistiche. L’accento farsesco sparisce definitivamente, la violenza sadica impera, ed anche la spia arnica, diventata lesbica, infila stivaletti e speroni, per un’ovvia, quanto malsana, utilizzazione. Guendalina diventa esageratamente masochista: scongiura continuamente che le stringano forte i nodi, vigila sui suoi aguzzini che cercano in ogni modo di soddisfarla. Le vengono applicati manette, collari, bavagli, senza che le vengano tolte ne giarrettiere ne calze ne scarpe a spillo ne guanti. L’esile biondina sembra che comunque sopporti tutto benissimo, con gioia sincera.

II fumetto di Guendalina appare largamente razziato per quanto riguarda il materiale sadico e masochista, dalla scadentissima produzione di fumetti pornografici in vendita oggi.

Guendalina dev’essere stata letta anche da americani come I’autore di Phoebe Zeit-Geist, e da italiani come Guido Crepax che certo ha tratto ispirazione dall’eroina inglese per certi indumenti maniacali dei suoi personaggi.  

Oltre la soglia del tempo: Phoebe Zeit-Geist 

La più deliziosa eroina del fumetto sadomasochista (deliziosa perche in fondo sorretta da una straordinaria ironia), figlia di quella progenitrice inglese che fu la Guendalina del ’45, e Phoebe Zeit-Geist, nata nel 1966 in America. Com’era già avvenuto per alcune donnine di carta francesi, entra a far parte delle incredibili avventure di Phoebe anche Ia satira poIitica. A differenza di personaggi come Pravda l’eroina statunitense oppone pero un atteggiamento del tutto passsivo agli avvenimenti che la travolgono, evitando implicazioni ideologiche e giudizi di valore. Questa fumetto si può quindi considerare la risposta americana all’ondata del fumetto erotico francese autoironico (e ci riferiamo ancora una volta in particolar modo a Pravda, che nelle sue lotte combatteva la società dei consumi tra i cui prodotti c’e lo stesso fumetto). 

« Personaggio enigmatico, vittima muta e passiva … nelle sue avventure troviamo di tutto: perversione, humour, magia e satira politica. Questo comico, che e una intelligente e scanzonata parodia del genere ‘ nero’ e del cattivo gusto contemporaneo, non e privo di approssimati riferimenti culturali e di sferzante ironia» . Rifacimento della produzione sedosa e sadica dell’ America di quegli anni, quelle di Phoebe sono storie oniriche, che illustrano le crudeltà raffinate subite dalla bellissima protagonista, vittima dal principio alla fine delle sue storie.

Denudata, percossa, frustrata, ferita, morsicata, stritolata, violentata persino da un cadavere, questa eroina non si ribella mai, non apre mai bocca e subisce tutto in complice silenzio, tanto che non si può fare a meno di riconoscerle, come nel caso di Guendalina, una più o meno inconscia componente masochista. La liberta d’amare di Barbarella, di JodeUe, di Epoxy, diventa in lei « libertà di necrofilia ».

II nome di Phoebe Zeit-Geist in tedesco significa « spirito del tempo» e infatti nelle sue disavventure viaggia non solo nello spazio, ma anche nel tempo; e costretta così a subire gli orrori e le perversioni di ogni paese e di ogni epoca. A causa di questi spostamenti nel tempo Phoebe e immortale; inutilmente torturatori, avvelenatori, stupratori, maniaci omicidi, seguaci di sette misteriose organizzatrici di riti oscuri e sacrifici umani, cercano di ucciderla nei modi pili perversi, i1 martirio della ragazza sembra non avere mai fine.  

Creata per 1’« Evergreen Review», rivista d’ avanguardia, dal disegnatore Frank Springer su testi di Michael O’Donooghue, Phoebe, vittima delle efferatezze di tanti sadici viziosi, e una ragazza sensuale, dalla bellezza mediterranea, dallo sguardo innocente e timido, i1 che fa credere che non si ribelli ai suoi persecutori, oltre che per la debolezza del suo fisico, anche per la sua incredulità quando si vede circondata da individui ed avvenimenti tanto strani.

Dai primi episodi del fumetto apprendiamo che Phoebe e una giovane ventriquattrenne, figlia di nobili serbi, cresciuta nel Tibet settentrionale, dove impara tutti i segreti delle lotte orientali. «Ha studiato danza c1assica a Montevideo (Uruguay) sotto la guida di colui che tutt’ora e considerato il più brillante protetto di Sergei Diaghilev e per un po’ di tempo ha fatto parte del balletto del marchese de Cuervas … » . Poi su insistenza del padre (la madre e morta di tubercolosi) la ragazza completa i suoi studi in un collegio svizzero. Sin qui la storia dell’eroina americana sembra normalissima, ben presto hanno inizio le disavventure.

Invitata ad un party ad Anversa Phoebe Zeit-Geist è a sua insaputa drogata. Dopo incubi ed allucinazioni si risveglia prigioniera, non si sa per quale mistero, in un oasi della Valle della Morte in California. II suo carceriere e un sadico aguzzino, vestito con una divisa dell’aviazione militare nazista. Questi, senza tanti preamboli, le strappa i vestiti e la fustiga a sangue.  

Se questa e la prima, non sarà certo l’ultima delle sofferenze imposte dal disegnatore alla sua creatura di carta. Oltre allungo elenco di crudeltà già menzionate, dobbiamo aggiungere che Phoebe, durante il suo calvario a fumetti è anche sbranata da misteriose quanto irreali Tigri Zannute, ferita da armi da fuoco e armi bianche, posseduta da cadaveri e da animali, e dulcis in fundo, crocifissa. Anche quella che dovrebbe essere, a questo punto, una consolazione, la morte, non serve a niente, perche Phoebe sopravvive a tutti i livelli della degradazione e dell’avvilimento del corpo e dello spirito, che i suoi frenetici persecutori sperimentano su di lei.  

Abbandonando la strada dell’erotismo scanzonato di molte eroine francesi, il fumetto erotico americano degli anni Sessanta preferisce percorrere le vie del più bieco sadismo, tracciate un ventennio prima da Guendalina. E come l’eroina di Willie, ed ancora prima di lei la Justine di De Sade, Phoebe Zeit"Geist non oppone nessuna resistenza ai suoi torturatori, anzi sembra voler rifiutare, sopportando tutto passivamente, quella euforia di attivismo verbale, di movimenti e di azioni, che erano propri delle eroine francesi.

L’ironia del fumetto di Phoebe non riesce sino alla fine pero a riscattare il gusto macabro profuso nelle avventure; sembra impossibile, ma per fare dell’ humour bisogna mettere in croce delle povere ragazze. Senza la fastidiosa eco delle urla delle vittime, restiamo nella tradizione delle vergini in catene, dannate, belle e soprattutto disposte a subire in silenzio.  

Una frusta per Valentina 

Erede delle follie crudeli di Guendalina può essere considerata una eroina italiana: Valentina, che rivela anche molti punti di contatto con Phoebe Zeit-Geist. Questi sono riscontrabili innanzitutto nell’elemento della tortura e in quello del sadomasochismo. In comune, il fumetto Inglese del 1945, quello americano del 1966 e quello Italiano del 1965 (Valentina fu pubblicata per la prima volta nel 1965 su « Linus»), sembrano avere i legacci e le corde che stringono le eroine, le disumane bardature, le allucinazioni di un inferno tipo lager, torture repellenti e dure fustigazioni, branchi di aguzzini che sottopongono le tre protagoniste alle loro voglie appartenenti alla sfera del più basso erotismo.  

Altre costanti riscontrabili sia nel fumetto di Guendalina che di Valentina, sono gli indumenti intimi ostentati dalle eroine: stivaletti neri, corsetti e reggiseni pieni di nastri, reggicalze in pizzi, calze a rete nere, tacchi alti, slip in nylon trasparenti.

Ma se e vero che anche Valentina e torturata e sadicizzata spesso e nei modi più insoliti, e anche vero che, a differenza di Phoebe e di Guendalina, non e mai vittima passiva ed incosciente; in realtà non si farebbe mai maltrattare da nessuno, anche perche vive nel suo mondo, negli anni Sessanta, in una grossa città come Milano, e non in posti lontani e sperduti come la Valle della Morte della protagonista americana. Inoltre Valentina e il simbolo della donna moderna molto emancipata, e non rimanda assolutamente a quei modelli di everywomen (donne medie) della « Soap Opera» americana funzionali ad una pedagogia immobilistica.

I tormenti che subisce la creatura di Crepax non sono che proiezioni delle sue angosce intime. Questa graziosa e giovane ragazza, dal corpo fragile e snello, che volentieri esibisce nudo senza alcuna malizia, e sempre in bilico fra il vissuto e l’ipnosi delirante, fra la realtà ed il sogno. Avviluppata da una rete di atroci allucinazioni, essa, con le immagini oniriche, rimuove le sue paure e le sue ossessioni (le quali del resto, sembrano gratificarla sessualmente).

Valentina ci appare come un personaggio complesso e sofisticato, forse pili audace e perversa di Barbarella, in realtà molto pili vicina alla delirante Phoebe Zeit-Geist. La creatura di Guido Crepax e in effetti una vera « contemporanea ». Le sue intime nevrosi nascono dalla consapevolezza degli orrori del nostro tempo e forse anche da quelli di epoche passate, stratificati nel suo subcosciente.

 Scrive Oreste Del Buono che Valentina non tiene affatto alla conservazione del mondo attuale, cerca di liberarsi dai suoi condizionamenti, non conosce moralismi ed ipocrisie. Antitesi della tiranna domestica, travolta dalle avventurose vicende, non aspira alle godurie del lavoro domestico; non e una fidanzata eterna ma piuttosto va a caccia di uomini; e molto spregiudicata e libera: «Non e un’avventuriera sedotta: caso mai potrebbe essere definita, al contrario, una seduttrice avventurosa ». Valentina non nasconde il suo corpo, non 10 capitalizza, si soglia di frequente senza che le strappino gli indumenti di dosso, ed in questo e abbastanza consapevole e lucida, non stordita o maliziosa.

Lei non e un’esibizionista, ma lo è forse di più il suo autore che la costringe ad una biancheria intima feticistica che ben si abbina ai lacci e alle stringhe legati attorno i suoi polsi e le caviglie. Valentina comunque esordisce, per puro caso, nel ’65 su « Linus» come una striscia intitolata Neutron, in cui si raccontano le avventure di un giovane dallo sguardo paralizzante, che può bloccare per un certo tempo qualsiasi uomo o oggetto. E il critico d’arte Philip Rembrant che, venuto in Italia dagli USA, si incontra per caso con Valentina Rosselli, fotografa. I due si uniscono ben presto in un rapporto sentimentale, dal quale nasce il piccolo Mattia. Tuttavia Valentina con il suo lungo corpo abbondantemente scoperto (ed e questo l’unico punto di contatto con le tante eroine del fumetto erotico francese del ’60), con i capelli neri tagliati alla paggetto ed il volto fresco, sottilmente sensuale, riscuote subito un gran successo e diventa la protagonista principale del fumetto.  

Crepax, per disegnare la sua creatura, si e ispirato ad una attrice dal volto cesellato, dagli occhi allusivi e penetranti, Luise Brooks, che negli anni Venti conquisto il mondo cinematografico, diventando il prototipo della femme fatale. Ispirata al simbolo della donna ammaliatrice, dall’innocenza di una bambina e l’istinto della mantide, Valentina rappresenta la resurrezione della mitica mangiatrice di uomini.

I racconti di Guido Crepax, si svolgono su tre livelli narrativi differenti, quello della realtà, del sogno, e del ricordo, spesso fra loro intrecciati. Inoltre a storie di netta impostazione gialla, si alternano storie fantastiche, e ultimamente si sono aggiunti anche elementi fantascientifica, con Valentina che visita pianeti abitati da strani mostri ed astronauti nei cui volti lei riconosce se stessa 0 Philip. Ci sono poi le sequenze degli incubi e delle allucinazioni, che tormentano ed attraggono nello stesso tempo la nevrotica protagonista.  

Abbiamo già detto che si tratta di sogni sadomasochisti con una notevole componente erotica, durante i quali la nostra eroina deve sottostare ai giochi morbosi di biechi ufficiali tedeschi in divisa nazista, con tanto di monocolo e con la grinta del perfido, di scheletrici cavalieri in divisa da ussari, signorotti barocchi 0 spagnoli vestiti ala moda del XVII secolo, i quali la spogliano, la legano, la palpano, la trascinano, la frustrano, l’avvincono in macchine fantasmagoriche e mostruose, per sottoporla a torture raffinate.

L’aria di « sofisticata petulanza salottiera » (come la definisce Strazzulla) scompare nel fumetto per lasciare posto alle motivazioni psicanalitiche. II mondo onirico di questa ragazza sembra aver riscontro nella realtà, nei turbamenti nei confronti della vita che Crepax prova: «Mi identifico in lei – ha affermato il creatore di Valentina -. Mi riconosco in lei, nella professione dela non-violenza. Le mie infatti, a saperle leggere bene, sono le storie di un non-violento: le scene di crudeltà e di prevaricazione fisica avvengono solo nei sogni o per gioco ».

« Valentina è una proiezione di me stesso … Pur essendomi raffigurato in Neutron, il mio vero alterego e lei. Mi hanno infatti pili volte rimproverato di averla fatta troppo mascolina. D’altra parte non avrei potuto realizzarla altrimenti. Pur volgendo certe sensazioni e certi sentimenti al femminile, rimango pur sempre un uomo e Valentina riflette soprattutto me stesso. Potrei giungere a dire che le mie storie sono un diario psicoanalitico redatto di giorno in giorno ».  

La creatura di Crepax e un essere abbastanza autonomo, anche se non immune da un certo snobismo (il fatto stesso di fare una professione alla moda, di operare scelte culturali, che abbiamo già definito salottiere). Questo pero soprattutto nella prima Valentina, per la quale Crepax e accusato di essere disegnatore di un fumetto frivolo e disimpegnato, un prodotto consumistico per elite. Poi, in un secondo periodo se da una parte verta accentuato il lato contraddittorio della personali di creatura reale-irreale, proiettata continuamente nel sogno-allucinazione e spesso ripiegata narcisisticamente nella contemplazione di se stessa o di una controfigura (Marianna) che è solo il suo alterego, d’altra parte diventerà psicologicamente più matura, mente legata a quegli anticonformismi del suo ambiente elitario, che risultano essere alla fine soltanto conformismi.  

Valentina è la prima eroina italiana ritratta durante la gestazione, ma anche la tangibile realtà d’essere madre, non è che il pretesto di una serie quasi infinita di immagini oniriche, al confine estremo col surrealismo pili sfrenato e raffinato. Al centro di queste immagini c’e sempre lei, unica e sola protagonista, personaggio conturbante e sconcertante.

Tuttavia il fumetto di Valentina non e l’espressione di un erotismo grossolano e volgare, commercializzabile nelle nostre edicole come i prodotti pornografici di anonimi autori. Solo parzialmente questo fumetto può dirsi legato al mondo erotico sviluppato negli stessi anni in Francia, esso e piuttosto un fanta-racconto che si ripropone come un « discorso simbolico sulla società borghese di cui Valentina appunto, e un modello, con la sua indipendenza, aggressività, voglia di avventure … ».

II fumetto di Valentina appartiene, per via della sua struttura narrativa contorta, estranea a quella del fumetto tradizionale, al filone impegnato inaugurato in Francia e ossequiato .in Italia dalla grafica originale di Guido Crepax.  

Beatrice l’ultima strega 

Bella, ma dannata in tutt’altro senso e quest’altra eroina che non appartiene pero al filone del fumetto erotico. Se i personaggi come Guendalina di Willie, Phoebe Zeit-Geist di Springer-O’Donoghue, o la Valentina di Crepax, appaiono spesso, nei loro fumetti, avvinti in catene, corde e legacci di ogni genere, che le tengono ben strette a pali o rudimentali croci, questa nuova figura femminile e perennemente avvinta ad una croce, unico esempio in tal senso.  

Apparsa per la prima volta nel febbraio del 1970 questa eroina vive in una dimensione fuori del tempo, su un rogo eterno e viene programmata dagli autori, come personaggio di rottura, soprattutto con gli schemi stereotipati delle strips straniere, troppo facilmente imposti in Italia, qualunque fosse la loro provenienza. Essa, dunque, eternamente legata, con affianco il boia anonimo e silenzioso nel suo aspetto di eterno incappucciato, subisce una tortura disumana, il suo rogo infatti arde senza mai consumarsi. Beatrice, così crocifissa, e al centro di una commedia umana in cui si aggirano personaggi storici appartenenti ad epoche differenti: intellettuali, poeti, artisti, inventori, condottieri. Dante Alighieri, Leonardo da Vinci, l’imperatore e l’Antipapa, Sant’Antonio ed i diavoli dell’inferno, il crociato, Guglielmo Tell, sono i personaggi fissi del fumetto.

Essi conducono i loro affari, tranquillamente, mentre la povera Beatrice soffre, si lamenta e brucia sul suo rogo eterno, simbolo di un passato che risorge continuamente. I personaggi, affaccendati chi per un motivo e chi per l’altro, sembra non abbiano ne la voglia ne la capacita di liberare la ragazza. Così Beatrice resta vittima di una condanna crudele, e non le vale a niente implorare e chiedere aiuto.  

Leonardo la vuole ben ferma sul rogo, perche altrimenti non potrà portare a termine la sua Monna Lisa, il cui sorriso e dipinto sul modello di quello della strega: «E orribile, inumano, mostruoso … la tortura e i roghi andrebbero aboliti … questi sistemi barbarici sono un vero schifo … e tutta colpa di quel maledetto rogo, se la mia modella ha spostato di qualche millimetro le labbra ». Dante non vuole che Beatrice si muova dal suo posto, perche ella deve fornirgli l’ispirazione per comporre la Divina Commedia. Senza la Beatrice al rogo come potrà scrivere della Beatrice in Paradiso? II crociato non può ascoltare le implorazioni dell’innocente crocifissa perche è troppo preso dal suo eterno dilemma: «Meglio partire subito, o attendere che la crociata finisca? ».

Anche Guglielmo Tell è troppo occupato la centrare mele con le sue frecce. Alla richiesta di Beatrice: «Liberami dal rogo Guglielmo Tell, dimostra il tuo coraggio » egli sa solo rispondere: «Liberarti? Faro molto di più e ammirerai… i1 mio coraggio! » e così dicendo fa dell’eroina un piedistallo per le sue mele-bersaglio. Sant’ Antonio si avvicina alla fanciulla solo per riscaldarsi le mani al calore delle fiamme che l’avvolgono e per chiederle se lei, in qualità di strega, sa dov’e

di casa il diavolo. Solo l’inquisitore-boia fa il suo mestiere, guarda in silenzio ed aggiunge legna. Insomma tutti hanno bisogno della strega che arde nel fuoco, tutti sfruttano i suoi consigli, ma nessuno le porge aiuto. Nessuno si curerà mai di lei, neppure gli artisti e gli intellettuali che all’avanguardia in ogni occasione, sembrano tanto battersi per la libertà e la giustizia.  

Unica e paradossale azione che essi faranno, credendo forse di agire secondo il desiderio di Beatrice, ed invece dimostrando solo il loro conformismo da « maschietti » pervasi da smanie sessuofobiche, sarà firmare un « manifesto di intellettuali » in favore di Beatrice; il manifesto afferma: «Questa sconvolgente mostruosità ha scosso le nostre coscienze. Nel nome dei pili alti principi morali, esigiamo che … le sue nudità siano coperte! », lasciando la povera ragazza, per un attimo in sospeso nell’illusione di essere salvata, con una lacrima che scorre lungo la guancia.

Beatrice, forse per l’ironia degli autori verso il dilagante fumetto erotico, appare sempre nuda nelle sue strisce, e il suo corpo abbondantemente esposto, e infatti l’unico elemento di contatto con il fumetto erotico francese. Qualche volta, anzi, gli autori hanno voluto coprire la povera streghina con slip pieni di pizzi e merletti, con attillati costumini neri che le fasciano le forme, con pili pezzi di stoffa sfilacciata o con pezzi di carta. II più delle volte pera, questa dolce e triste eroina e avvolta solo dai suoi lunghi capelli biondi e dalle corde che le cingono i fianchi.   

Questo fumetto, secondo i soggettisti, ha tentato di vedere in modo critico un « mondo che ha riempito di roghi una notte durata secoli » 18. Anche se forse non era nelle intenzioni di Carpi e Rostagno, Beatrice è per noi il simbolo di tutte le angosce, i problemi, le difficoltà che hanno afflitto le donne per secoli, e che l’uomo non ha mai voluto ascoltare perche sempre occupato dai suoi problemi. Purtroppo, sembra che la protagonista di questo fumetto non riesca a sciogliersi dai nodi che l’avvolgono per scendere da sola dal rogo e poiché nessuno l’ascolta, il suo perenne supplizio e forse destinato ancora ad ardere sotto gli occhi dei protagonisti di sempre. « Mentre ognuno di questi personaggi e schiavo della sua immagine, Beatrice, la strega, nel suo rogo eterno, esprime la libera coscienza che viene perseguitata ma non distrutta ».

Con ogni probabilità, Beatrice, raffigura ,l’aspirazione nell’individuo che rifiuta di farsi catalogare, etichettare, massificare. Libera da ogni schema, da ogni protezione, da ogni asservimento ideologico, Beatrice prototipo di una ribellione moderna rappresenta con la sua tortura il prezzo che si paga ogni qual volta si irride al Potere in ogni sua forma (politico, culturale, economico, militare) per proc1amare, in nome dell’individuo, la soggettività del singolo, refrattario al servilismo dell’uomo-massa.  

Commento di Marta Ajò 

Un’ampia e sistematica indagine sulla donna nei fumetti e sui ruoli e modelli che le sono stati attribuiti in uno dei più efficaci veicoli della cultura di massa, quella che le autrici hanno fornito nel loro libro “Le donne di carta”, edito nell’80 da Dedalo, e di cui riportiamo questo significativo capitolo.