LEGGE 22 MAGGIO 1978, N. 194 – NORME PER LA TUTELA SOCIALE DELLA MATERNITA’ E SULL’INTERRUZIONE DELLA GRAVIDANZA
1978: presa di posizione a cura della Direzione Nazionale e del Comitato Regionale PSI Emilia-Romagna Coordinamento Femminile PSI.
Presentazione.
L’approvazione da parte del Parlamento della legge per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione della gravidanza è un primo punto significativo dell’iniziativa portata avanti in questi anni dalle masse femminili, dalle componenti più coerenti dello schieramento politico, e quindi dal PSI, per affrontare e risolvere non solo la vergognosa piaga dell’aborto clandestino di massa ma anche per adeguare la legislazione del nostro Stato a quella dei paesi più compiutamente collocati nell’area europea e per creare un diverso rapporto, più libero e perciò più saldo, tra individuo e società.
Ma questa legge sarebbe ben poca cosa se fosse slegata dal suo naturale contesto: quello di una presa di coscienza della necessità e dell’urgenza di affrontare le questioni che riguardano la vita di milioni di donne e di conferire alle masse femminili il ruolo che esse hanno conquistato nello scontro tra ipotesi di rinnovamento della società e ipotesi di conservazione di strutture inadeguate a rispondere alla domanda di nuovo che viene dal paese.
In connessione con il problema dell’aborto è infatti esplosa tutta l’urgenza della questione femminile, della collocazione centrale che essa assume per qualsiasi discorso di avanzamento democratico della società. L’aborto deve quindi essere affrontato come momento, forse il più drammatico perché il più intensamente legato alla condizione femminile, della vasta tematica riguardante la situazione della donna nel nostro paese. Esso è il prezzo più vistoso che la donna paga alla mancanza di un processo riformatore. Infatti la carenza di una politica di riforme essenziali per la società la cui mancata attuazione ricade in prevalenza sulle donne, costituisce un ostacolo notevole alla libera scelta di essere o non essere madre. E’ invece diritto fondamentale della persona umana decidere liberamente, senza vincoli di natura economica e senza strumentazioni, il numero dei figli e il momento di procrearli.
Il diritto di una procreazione libera e cosciente: esso deve essere legato ad alcune riforme essenziali per la qualità democratica della nostra società, dalla riforma sanitaria a quella assistenziale, a tutti quei provvedimenti che portano ad un sistema di sicurezza sociale al quale va ricondotto il problema sociale della maternità.
L’aborto è certo un dramma ed una sconfitta, ma non soltanto dell’individuo che abortisce, bensì e soprattutto della società che ha abdicato ai suoi compiti di prevenzione, educazione, assistenza.
Ogni discorso sulla libertà di abortire sarebbe monco e crudele se mancasse una azione intesa a conquistare alle donne la libertà effettiva di non abortire. Ma è parimenti necessario che all’aborto, che è un rimedio estremo, possa ricorrere in condizioni sanitarie e psicologiche accettabili chiunque sia nella necessità di farlo.
Ora la legge sull’interruzione della gravidanza c’è, anche se l’avremmo voluta in alcuni punti diversa: è stata una conquista delle donne e delle forze democratiche del nostro paese, prima tra tutte il partito socialista che su questi temi, per sua natura ed impostazione ideologica, ha sempre avuto non solo una funzione dinamica e propositiva ma anche trainante e coinvolgente rispetto agli altri partiti.
Ma lo strumento legislativo non può appesantire ulteriormente discriminazione e oppressione: quindi le leggi non devono ipotizzare di fra fronte a situazioni medie ma di sanare quelle che rappresentano il massimo del bisogno. Perciò nel caso dell’aborto, la legge per risultare efficace deve essere rapportata alla condizione delle donne che maggiormente sono sottoposte a vincoli culturali, sociali ed economici come ad esempio le minori. Da questa esigenza prioritaria discende la necessità di indicare e di mettere in atto quei meccanismi di modificazione in grado di sanare le situazioni di oppressione.
Questo è stato il senso della battaglia per l’autodeterminazione.
Questo è anche il significato di questo libretto che abbiamo stampato, in modo chiaro e semplice, per offrire alle donne uno strumento di conoscenza, di sostegno, di aiuto.
Come donne socialiste con tutte le altre donne per dare loro la nostra solidarietà e il nostro appoggio. E’ necessario che le donne si organizzino per superare e sconfiggere atteggiamenti autoritari e paternalistici che rischiano di fare anche di questa legge un ulteriore esempio di quel gattopardismo diffuso del nostro paese cioè di cambiare tutto perché resti come prima.
E per finire …
Questa legge forse non è la migliore possibile, però può funzionare se noi tutte saremo impegnate a farla funzionare.
Certo noi non vorremmo abortire, farlo significa subire violenza; non intendiamo però relegare ancora una volta nel nostro privato il dramma che viviamo quando dobbiamo ricorrere all’aborto.
Noi intendiamo prevenire una maternità non desiderata e pretendiamo dalle Istituzioni risposte coerenti alla legge sull’aborto: questo significa ottenere un’educazione sessuale e sanitaria sino dai primi giorni di scuola, un’ampia e capillare informazione contraccettiva e una diffusione dell’uso degli anticoncezionali di cui legge prescrive la somministrazione anche alle minorenni nelle strutture sanitarie e nei consultori.
"Nell’Italia malata di oggi il sistema istituzionale costituisce una delle piaghe più gravi; lungi dal fornire gli strumenti per affrontare i tanti problemi del Paese esso si risolve in realtà in un loro amplificatore e finisce così per aggravarli …" (da il Progetto Socialista).
L’operatività della legge sull’aborto chiama in causa proprio le Istituzioni e dal modo con cui esse dimostreranno la volontà e la capacità di dare le risposte che la legge prevede e le donne vogliono, potrò instaurarsi un rapporto diverso tra cittadine e Stato. Le strutture sanitarie pubbliche sono oggi sicuramente insufficienti a dare adeguate forme di assistenza alle donne che si trovino costrette ad interrompere la gravidanza, tanto più che le conseguenze di un’obiezione di coscienza indiscriminata di gran parte del personale medico e paramedico rischia di far scoppiare la capacità di risposta delle strutture pubbliche. Come donne socialiste dichiariamo il nostro impegno affinché lo Regioni usino i potere loro conferito non solo per potenziare le strutture pubbliche, istituendo i poliambulatori, ma anche per acquisire convenzioni per abortire, con le Case di Cura private che abbiano servizi ostetrici e ginecologici adeguati.
Mai come ora la Riforma Sanitaria rappresenta obiettivo prioritario e urgente per diventare concreta risposta e non restare una chimera da far apparire e scomparire secondo i momenti. E’ nell’ambito di una legge sanitaria quadro che potranno istituirsi all’interno delle USSL i poliambulatori attrezzati nei quali le donne, senza ricovero, potranno celermente e con la migliore assistenza, praticare l’aborto esercitando la loro libertà di scelta che è libertà di abortire se non si può o non si vuole avere un figlio.
Struttura privilegiata per la prevenzione, restano i consultori.
Sino ad ora le Regioni potranno usare i 50 miliardi annui che la legge sull’aborto prevede, per potenziare i consultori. Da ricordare come da 3 anni, dall’approvazione della legge che istituisce i consultori, in molte regioni (nel sud specialmente), non è stato aperto nemmeno un consultorio, e addirittura in 2 regioni (Sicilia e Sardegna) non sono state approvate ancora le leggi regionali.