Vorrei parlarvi di Liliana Segre, proprio oggi.
Perché il 27 gennaio è il giorno della Memoria, il giorno in cui si commemora in tutto il mondo le vittime dell’ Olocausto, ebrei, prigionieri politici, disabili, zingari, tutte le minoranze perseguitate dal nazifascismo. Si ricorda del momento in cui l’Armata Rossa ha liberato gli ebrei sopravvissuti alle persecuzioni e all’ internamento nei lager nazisti, come per Liliana Segre.
Ho letto le parti salienti del libro che la senatrice a vita ha scritto con il giornalista, “penna” fluida e originale, Enrico Mentana:” La memoria rende liberi”.
Mi sovviene così il ricordo delle parole di Hannah Arendt, che dicono di non dimenticare e far sì di costruire un dialogo sul male subito e, in questo preciso caso tragicissimo, di un evento epocale in cui il Male è stato diffondere un clima di morte, producendo milioni di vittime, con una tale facilità e superficialità, una tale leggerezza così palpabile, da non avere la consapevolezza di ciò che stava accadendo.
Liliana Segre, come la Arendt, si è espressa a più riprese, proprio denunciando l’assenza di alcun principio etico e valori civili umani, nella società dell’ epoca, volendo promuovere la memoria del danno e delle ferite sofferte dagli ebrei, protagonisti in Europa della sofferenza umana e civile, nella storia, per antonomasia.
Questa messa in questione permette di acquisire e promuovere un dialogo e una riflessione che dia un senso a ciò che è stato di orribile e devastante anche a livello psicologico nelle comunità ebraiche. Si omette, si tralascia, di essere ebrei, e si fa in modo che la gente non sappia questa origine, per una angoscia, vecchia come Israele, di essere ammazzati, perseguitati perché ebrei, fin dalla notte dei tempi.
L’attività politica indipendente e, in generale, di attivista per lo Stato italiano, Liliana Segre la deve al suo essere profondamente civile e antifascista, cresciuta come “irriverente” e “ribelle” nei confronti dell’ubbidienza e all’ossequio che si doveva al fascismo, non amando le personalità dispotiche ed autoritarie, già nella sua infanzia, segnata dalle Leggi razziali del 1938.
Leggendo il libro della senatrice a vita, si coglie uno spiccato senso critico e indipendente, imparato probabilmente nel distinguersi da una parte della sua famiglia, che vedeva in Mussolini un vero leader.
Tuttavia suo padre Alberto era in modo chiaro e schietto antifascista, di una sensibilità profonda, con un senso di responsabilità nei confronto del lavoro per l’azienda di famiglia. Liliana stessa diventerà imprenditrice, educata e allevata dal padre e dai nonni paterni e materni, dopo essere rimasta orfana di madre dopo poco tempo dalla sua nascita.
Per Liliana, si capisce ciò dal leggere spunti di personalità spiccata, il padre era un vero e autorevole riferimento, a cui era attaccatissima, da lei vissuto come dolce, premuroso e attento ai bisogni educativi e di metterla in salvo, senza riuscirci purtroppo, durante i rastrellamenti nazisti. Così Liliana, che dopo l’esclusione dalla frequenza delle scuole pubbliche italiane frequentò una scuola privata cattolica, si è dovuta battezzare, non senza la tristezza e l’umiliazione sue e del padre.
A scuola si affezionò ad un’insegnante a cui rimarrà legata tutta la vita. Il padre, aperto all’istruzione e alla cultura femminile della figlia, pensò di chiedere proprio a questa un ulteriore apporto per migliorare l’apprendimento scolastico di Liliana. La Segre ebbe anche una tata, Susanna, non ebrea, che aiutò la famiglia a conservare i loro ricordi, oggetti e foto familiari, e li seguì affettuosamente in quel periodo buio.
Tuttavia mi sembra giusto ricordare cosa dice Liliana dell’ingenuità per l’attaccamento del padre Alberto all’Italia, senza ascoltare tutte le proposte di amici e conoscenti per emigrare. Così uno ad uno furono deportati, detenuti come Liliana, che sopravvisse all’internamento del lager in Germania, mentre nessuno della sua famiglia con cui viveva fino ad allora, i nonni paterni e il padre Alberto, rimase in vita.
Il nazifascismo le tolse i suoi amati riferimenti. Ci possiamo immaginare quanta forza di vivere le sia accresciuta dall’aver superato una prova come l’internamento nazista.
Chissà cosa le rimanda la figura paterna. Magari amore e malinconia, rispetto morale e rettitudine. A lei, a Liliana Segre, che ci appare autorevole e stabile emotivamente, “ferma” nelle sue convinzioni politiche e civili, priva di ombre. Per le sue attività svolte con alta dignità, nell’ambito dell’osservatorio antisemita, nel contesto del suo lavoro, e non per ultimo nella sua vita di moglie e madre, con i suoi figli e il marito che hanno attraversato contraddizioni politiche, ma superate dal confronto attivo e tenace di Liliana.
Grata e riconoscente per il suo impegno civile, figura femminile così bella ed elevata, sento di svolgere un dovere, scrivendone, per chi ha bisogno di riferimenti nella nostra vita così complessa e frammentaria a livello psico-sociale, e nella politica in generale, per una costruzione sistematica e robusta della civiltà italiana.