Lo psicoterapeuta che ha rapporti sessuali con la paziente approfittando del transfert deve risarcirla, 23 gennaio 2013

da | Gen 24, 2013 | Anno 2013

Lo psicoterapeuta che ha rapporti sessuali con la paziente approfittando del transfert deve risarcirla
Non trasgredisce solo la professionalità ma anche la dignità del malato che a lui si affida

 
Lo psicoterapeuta che abusa sessualmente della paziente compulsiva in cura presso il suo studio, è condannato al pagamento del risarcimento del danno per aver violato una norma del codice deontologico.
Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza 1600 del 23 gennaio 2013, ha respinto il ricorso di un medico contro il giudizio di colpevolezza emesso dalla Corte d’appello di Milano che lo ha condannato al pagamento di 30 mila euro per aver costretto una sua paziente a intrattenere con lui rapporti sessuali.
La terza sezione civile, in linea con la Corte di merito, lo ha ritenuto colpevole di tale reato: la paziente era affetta da gravi disturbi psicologici, come psicoterapeuta «non poteva ignorare il problema di transfert e della sua intensità in pazienti compulsivi ed era in grado, o avrebbe dovuto esserlo, di valutare la situazione di vulnerabilità in cui si trovava la donna e la conseguente condizione di dipendenza che veniva a instaurarsi, vulnerando la capacità di liberamente determinarsi proprio a causa dello stato di inferiorità psicologica in cui si veniva a trovare». Per questo, Piazza Cavour ritiene correttamente applicato l’art. 609 bis Cp, accertando la sussistenza dell’abuso della condizione di inferiorità, ora richiesto dalla norma a differenza del previgente art. 519 Cp. Insomma, il professionista ha violato una norma del codice deontologico: «La violazione dell’art. 28 del codice deontologico da parte dei medico – si legge in un passo della sentenza – costituisce elemento integrante perché quel divieto imposto in via deontologica è strettamente ancorato non solo alla professionalità del medico e alla eticità dei suo comportamento, ma anche alla intangibilità della dignità del paziente che a lui si affida, per cui il giudice solo nei casi di minore gravità può attuare un certo bilanciamento con altre circostanze». Al medico non resta che pagare anche quasi 5 mila euro di spese.