Maltrattamenti in famiglia: utilizzabile la testimonianza del minore anche senza le garanzie di «ascolto protetto», 2 febbraio 2012

da | Feb 3, 2012 | Anno 2012


Maltrattamenti in famiglia: utilizzabile la testimonianza del minore anche senza le garanzie di «ascolto protetto»
Il bambino non dev’essere necessariamente sentito in un’aula arredata in modo consono e con impianto di videoregistrazione

 

Orientamento: nuovo  Consulta massima e sentenza relative all’articolo
Via libera all’utilizzo delle testimonianze del minore anche senza le garanzie di «ascolto protetto»: sono sufficienti le valutazione e il convincimento del giudice.
Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza numero 4526 del 02 febbraio 2012, ha respinto il ricorso di un 45enne (accusato di maltrattamenti in famiglia) contro l’ordinanza emessa dal Tribunale di Brindisi, che applicava all’uomo la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla ex moglie e alle due figlie minorenni.
La Corte di merito ha basato la misura cautelare adottata sul presupposto della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza nei confronti dell’uomo (desumibili dalle dichiarazioni della ex moglie e riscontrate dall’esame testimoniale delle due figlie), correlate al pericolo di reiterazione dei comportamenti criminosi.
Il Palazzaccio, al riguardo, ha ritenuto legittime le dichiarazioni testimoniali dalle due figlie minorenni del ricorrente, anche se rilasciate senza idonee garanzie di "ascolto protetto”, osservando che nel ricorso «si sono confuse con tutta verosimiglianza le cautele e le metodologie suggerite dalla Carta di Noto in tema di esame testimoniale di minori vittime di reati sessuali, ipotesi criminose del tutto estranee alla regiudicanda da cui è investito l’uomo. Le indicazioni offerte dalla Carta di Noto non hanno alcun valore normativo, ma di semplici suggerimenti volti a garantire l’attendibilità delle dichiarazioni del minore. Nel vigente sistema processuale penale la testimonianza di persona minorenne deve essere unicamente valutata dal giudice (articolo 196 del codice di procedura penale) sotto il duplice profilo della sua capacità di deporre (quale attitudine, rapportata all’età, a memorizzare gli avvenimenti ed a riferirne) e della veridicità del racconto. Ciò implica che, una volta positivamente valutata sotto entrambi i profili, la testimonianza del minore che sia anche persona offesa dal reato può anche da sola integrare la prova dei fatti narrati, senza la necessità di ulteriori elementi rafforzativi del convincimento del giudice».