Mary Warnock, 60 anni, preside del Girton College di Cambridge, ricercatrice di filosofia morale al St. Hugh’s College di Oxford. Docente di filosofia, ha presieduto la commissione che ha preparato il rapporto sulle tecniche di fecondazione artificiale per il parlamento inglese.
Dame Warnock, che cosa pensa, come filosofa, della separazione tra momento della sessualità e momento della riproduzione, propria di queste tecniche?
Lo spartiacque l’ha segnato la contraccezione. Ed è molto più semplice, nei paesi in cui la contraccezione è diventata un fatto diffuso e radicato, accettare questa separazione.
lo non trovo un significato morale particolare nel fatto che la fecondazione avvenga fuori, invece che dentro, l’utero. So che la Chiesa cattolica non accetta la fertilizzazione in vitro, ma per me si tratta di un aiuto al concepimento, come il cesareo lo è al parto. A voler essere rigorosi, né l’una né l’altro sono « naturali ».
Come è stata regolamentata la donazione di sperma, ovuli, embrioni?
La commissione ha raccomandato che il donatore e la donatrice siano protetti dall’anonimato, che non abbiano responsabilità né doveri nei confronti del bambino (in teoria il figlio è del donatore, non del genitore sterile) e ha limitato a dieci il numero di utilizzazioni di sperma e di ovuli provenienti dalla stessa persona. Abbiamo anche raccomandato che alla maggiore età il figlio possa conoscere i dati genetici ed etnici del donatore. Se i genitori lo vorranno, potranno aggiungere sul certificato di nascita «per donazione».
La donazione di embrione è in realtà un’adozione pre-nascita. Considerando !’importanza che può avere per la coppia vivere l’esperienza della gravidanza e del parto, la commissione ha acconsentito alla donazione tramite la fertilizzazione in vi tro ma non tramite l’asportazione dell’embrione stesso dalla donatrice, per i rischi che quest’intervento comporta ancora oggi (infezioni uterine, incompleta asportazione dell’embrione).
La vostra linea è quella di mettere al corrente il figlio della sua origine, mentre la tendenza più diffusa è mantenere il segreto, dimenticare e tacere. Non pensa che potrebbero crearsi problemi tra il figlio e il genitore non biologico, fantasie sul vero genitore, quello assente, opposto a quello presente?
La nostra esperienza con gli adottati ci ha mostrato che la segretezza è l’errore più grande. Secondo me la strada migliore è quella dell’apertura, sempre unita a grande delicatezza. Ho parlato con molte persone adottate – in questo paese la legge prevede che a 18 anni si debba conoscere l’identità dei veri genitori, quindi tutti sono sinceri con gli adottati – e mi hanno detto che è piacevole sapere di avere altri genitori quando non si va d’accordo con quelli legali. D’altra parte è molto difficile e stressante, per la coppia, riuscire a mantenere il segreto con tutti: finisce che il figlio viene a sapere la verità nel modo peggiore oppure intuisce che c’è qualcosa che lo riguarda, qualcosa di cui non si deve parlare, e magari immagina di peggio.
La commissione è molto liberale verso 1’inseminazione eterologa; e lei? Non pensa che per il marito e per la moglie possano nascere molti problemi? Fantasie sul donatore?
Personalmente non sono troppo entusiasta dell’inseminazione, ma ormai è diventata tanto diffusa che sarebbe impossibile eliminarla. Allora tanto vale regolamentarla, selezionando i donatori per non trasmettere malattie, fornendo assistenza e consigli perché le persone coinvolte siano tutte perfettamente consapevoli e convinte. Non saprei dire se le donne hanno fantasie sullo sconosciuto donatore. Ma ricordo molto bene che ogni volta che ho partorito, subito, alla prima occhiata, ho cercato istintivamente di riconoscere nel bambino qualcosa di me e qualcosa di mio marito. Qui, invece, uno manca. E non riesco a immaginare i sentimenti di un uomo la cui moglie porta avanti un bambino non suo. Mi sembra che, per quanto egli possa essere convinto dell’ inseminazione, prima o poi debba provare gelosia o risentimento. Non so, forse mi sbaglio. Con l’adozione è molto più semplice, perché entrambi i genitori adottivi sono su un piano di parità.
Nel vostro rapporto dite esplicitamente di non voler far distinzioni tra coppie sposate e no, lasciate aperta la possibilità dell’inseminazione anche per le donne sole, «single», e le coppie lesbiche. Questo dà la misura di come il concetto di famiglia stia cambiando.
La famiglia è sempre stata una struttura molto flessibile. Certo oggi sta radicalmente cambiando. Il numero sempre crescente di divorzi (in Inghilterra un matrimonio su tre finisce in divorzio, ndr) e la conseguente formazione di nuclei con figli dell’uno che non sono figli dell’altro, ha mutato molto il panorama. Non so se sia bene o male che una donna sola o una coppia di lesbiche facciano un figlio. Qui abbiamo l’esperienza positiva delle adozioni da parte di una persona sola, uomo o donna, Non succede spesso e non con i bambini molto piccoli, ma a volte capita e abbiamo notato che un adolescente può accettare più facilmente un genitore piuttosto che due. D’altra parte mi sembra che sarebbe impossibile regolamentare per legge questa materia: la legge dovrebbe essere estremamente intrusiva per dimostrare che una persona è omosessuale e si troverebbero subito mille modi per aggirarla.
Sugli uteri in affitto avete espresso un no deciso, ma non eravate tutti d’accordo.
Alcuni hanno proposto che la surrogacy fosse permessa in centri appositi, con controlli accurati. La maggioranza dei membri, tuttavia, ha rispecchiato l’opinione prevalente nella società, che ritiene moralmente inaccettabile il considerare una donna come un’incubatrice umana. Un primo effetto del nostro rapporto riguarda proprio gli uteri in affitto: entrambi i rami del Parlamento hanno giudicato illegale l’istituzione di agenzie per questo scopo. Certo, è diverso se uno scambio del genere avviene tra sorelle o tra amiche e la legge non ne sa niente. In questo caso non vogliamo che le singole persone siano perseguibili penalmente. In Inghilterra abbiamo avuto diversi casi finiti disastrosamente. Kim Cotton (la vicenda risale a un paio di anni fa e fu molto pubblicizzata anche in Italia, ndr), che pure non è un tipino delicato, ha scritto un libro in cui dice che rimpiange amaramente di averlo fatto. Un’altra donna non riesce a perdonarsi di avere dato via il figlio. Una terza, e questa è la storia più triste, ha fatto il figlio per quella che credeva un’amica, sperando di poter poi far parte della famiglia, ma è stata scacciata, respinta, diffidata. La madre surrogata dovrebbe restare anonima, ma come si fa? I rapporti tra le persone coinvolte sono troppo complicati e il ricatto emotivo è più che prevedibile. L’uomo dà il suo seme e basta, ma la donna? Porta avanti la gravidanza per nove mesi e poi dovrebbe dar via il bambino, spezzando quel legame forte che già si è creato? So che mi si può accusare di fare del sentimentalismo sulla gravidanza e sul parto, ma pensare di poter fare un figlio per dado via è quasi al di là dell’immaginazione, è rendere tutto molto volgare.
C’è un altro punto altrettanto controverso: la ricerca sugli embrioni (cioè gli ovuli fertilizzati e non impiantati in utero). E stata una scelta coraggiosa quella di consentirla.
È stato il punto più difficile.
E, d’altra parte, come conciliare la posizione della Chiesa cattolica, che la vita umana ha inizio fin dal concepimento, con l’esigenza degli scienziati di fare ricerca? L’opinione pubblica teme che nei laboratori ogni tipo di mostruosità possa aver luogo, perché non ha fiducia nella classe medica, ed è ‘molto sensibile su questo tema, Noi abbiamo insistito che la ricerca può esser fatta solo da persone serie, selezionate e deve essere controllata da un organismo apposito.
Abbiamo visto che, nella stessa commissione, alcuni membri inizialmente contrari hanno cambiato opinione quando hanno capito che cos’è un embrione esattamente. La confusione è veramente molta, c’è chi pensa che sia addirittura un feto in miniatura.
In realtà non è che un insieme di cellule visibile solo al microscopio. E il limite di tempo che noi abbiamo posto, cioè l’embrione fino al quattordicesimo giorno, lo fa cadere addirittura nella fase pre-embrionale, quando le cellule non hanno ancora iniziato a differenziarsi in quella che sarà la placenta e quello che sarà l’embrione vero e proprio.
Abbiamo sbagliato a non fare questa precisazione nel rapporto, ma l’abbiamo scritto in fretta, forse non avrebbe cambiato niente per chi crede al dogma della Chiesa, ma avrebbe fatto chiarezza tra i laici. Dubito che fosse possibile raggiungere un accordo tra tutti, né ci si può aspettare che tutti abbiano le stesse opinioni in fatto di morale. Ma si può adottare una legislazione – e il compito di chi sarà chiamato a presentarla non è per niente facile – in cui tutti possano riconoscersi.
Intervista fatta da Patrizia Giovanetti per "Noi donne"(8 marzo 1986)