Monica che non mangia

da | Ott 13, 2011 | Filosofando

Una bambina che non parla e non mangia, un’insegnante di sostegno che le offre la possibilità di comunicare, ma l’ambiente scolastico sfavorevole rompe il legame.
Due occhi intelligenti si celano dietro gli occhiali da vista e sotto una frangia troppo lunga e voluminosa, le spalle sono curve e sembrano dover sopportare un peso eccessivo; così appare Monica nel corridoio della scuola elementare che frequenta.
Se la saluti non risponde, se le offri una caramella scuote il capo, abbassa lo sguardo e si chiude in un mutismo inquietante.
Il suo corpo, troppo gracile per una bambina di quasi 10 anni, crea un forte contrasto con la capigliatura folta e riccia, tipo la Mafalda di Quino, che la rende facile bersaglio di una derisione un po’ spietata.

Anche per questa mattina è riuscita a raggiungere la sua classe sfidando le insidie del lungo corridoio, ma come spesso accade è in ritardo e ciò che la attende è un pesante rimprovero dell’insegnante di matematica che la ritiene una bambina poco diligente.

La famiglia di Monica è disagiata e di bassa scolarità: il padre non lavora, ma non vuole accompagnare la figlia a scuola, la madre con grande fatica conduce il menage famigliare e ritiene la scuola il luogo più adatto per tenere la figlia lontana dal marito.
Con molta precisione, Monica dispone sul banco il materiale didattico e si prepara ad assistere alla lezione, ma è lì muta ed immobile in uno stato di apparente trance.
Giunge il momento delle interrogazioni, inevitabile passaggio per verificare l’apprendimento dei bambini. "Quale è il fiume più lungo d’Italia?". Nessuna risposta."Chi ha fondato la città di Roma?". Nessuna risposta."Come si calcola il perimetro del triangolo?". Nessuna risposta."Vedi che ho ragione quando dico che ti prendi gioco di me, se continui così uscirai dalle elementari con sufficiente e alle medie ti bocceranno".

 L’insegnante con un gesto di stizza chiude il registro e passa ad altro. Monica rimane lì muta ed immobile apparentemente imperturbabile, poi abbassa il capo mettendo in mostra la sua folta chioma che in casi come questo funge da ombrello protettivo.   Giunge l’ora della ricreazione, la classe si riempie delle allegre voci dei bambini, i più furbi hanno già consumato la merenda durante le ore di lezione e possono dedicarsi subito al gioco, altri, mentre addentano la focaccina, si preparano per scambiare le figurine….scene di ordinaria confusione da intervallo scolastico.
Monica non si sposta dal banco, spesso non ha la merenda, ma nessuno se ne preoccupa, a parte Francesca, la sua compagna di banco, che le offre un biscotto. Monica tentenna un po’ prima di accettarlo, poi lo sbocconcella senza troppa convinzione.

"E’ inutile insistere, Monica non ha mai fame". Afferma l’insegnante di italiano con un tono di negativa rassegnazione.Monica ama nascondersi al mondo, respinge gli abiti femminili e quando la mamma cerca di convincerla ad indossare golfini a fiorellini, minigonne colorate ed altri graziosi capi di abbigliamento che una benefattrice le regala, va su tutte le furie ed insiste a voler andare a scuola con i soliti vecchi pantaloni e una felpa tinta unita.
Questo suo continuo dichiarare "non ci sono" è una richiesta d’aiuto pesantemente disattesa e simbolizzata dalla bambina con i rifiuti: non parla, non mangia, non si veste da femmina. Tutti segnali d’allarme pericolosamente fraintesi.Il lunedì mattina è un giorno speciale perché arriva Rosanna, la sua insegnante di sostegno: un’isola verde, con il cielo sempre azzurro, circondata da un mare dai riflessi color smeraldo.
Quando la vede, Monica mantiene la sua calma apparente, ma appena Rosanna si avvicina per salutarla lei sussurra "Usciamo?". L’insegnante non perde tempo perché sa quanto siano importanti quei momenti di lezione individuale e si affretta ad accontentarla.

 Purtroppo le ore di sostegno assegnate alla bambina sono poche, lo psicologo della scuola l’ha classificata intelligente, ma con qualche difficoltà di relazionarsi al gruppo perciò il suo mutismo è un momentaneo disagio che troverà uno sblocco naturale.Maestra ed alunna si avviano verso quel luogo tanto desiderato, Monica procede sempre allo stesso modo anche se, osservandola attentamente, si coglie un guizzo di felicità nel suo sguardo, sì i suoi magnifici occhi neri si illuminano ed esprimono ciò che lei si appresta a vivere: la libertà di essere se stessa.

Eccole davanti la porta dell’aula, Rosanna estrae la chiave, apre il lucchetto e ripone il tutto in borsa. Monica apre la porta dando la precedenza all’insegnante, poi chiude la porta dietro di sé. Appena è dentro la stanza, si guarda intorno per assicurarsi che non vi sia alcun estraneo e poi un’altra Monica compare all’improvviso. Un fiume in piena si lancia in corse sfrenate per l’aula toccando tutti gli oggetti che li vi sono posti ed inizia a parlare con una tale frenesia da impedire a Rosanna ogni possibilità di replica. Dopo l’inevitabile sfogo, iniziano le attività didattiche ed è allora che l’intelligenza di Monica diventa tangibile e il suo rendimento è ottimo in tutte le discipline: sa leggere e sintetizzare un argomento con una tale proprietà di linguaggio rara per le elementari, riesce ad eseguire operazioni di aritmetica con tanta competenza da lasciare stupefatti.

Una volta la settimana giunge nella stessa aula Luisa, un’altra insegnate di sostegno, con due alunni che presentano qualche difficoltà di apprendimento ed è in questi momenti che, con la presenza rassicurante di Rosanna, Monica riesce a socializzare e a scambiare qualche parola con dei suoi coetanei.
E’ proprio Luisa a scoprire un fatto molto significativo: Monica prova un vero terrore per le bambole e i peluche. Li allontana da sé con urla imploranti affermando di provare una grande paura. Quegli oggetti sono stati forse spettatori impotenti di qualche brutta esperienza, vissuta magari in quella parte della casa che prima di allora era stata il regno inviolato del gioco dell’infanzia.
Luisa è una maestra che riesce a comunicare con Monica, la bambina si sente tranquilla e le regala qualche bacio, privilegio solitamente ad esclusivo appannaggio di Rosanna.La sua vita nella classe è sempre più difficile, le maestre persistono nei loro irremovibili giudizi negativi sul rendimento scolastico della bambina sottolineando comportamenti negligenti, a parer loro, agiti intenzionalmente.
La mamma di Monica, nonostante le parole fiduciose e incoraggianti di Rosanna, crede che una nuova scuola possa essere una buona soluzione. Chiede e ottiene il Nulla Osta senza che nessun organo competente e autorizzato muova un dito per impedire l’inevitabile epilogo. Monica con grande accanimento si rifiuta di frequentare la nuova scuola ribadendo ogni giorno l’amore e la nostalgia per Rosanna.
E’ disperata perché ha perso l’unica persona con cui poter parlare dei suoi desideri di bambina, del suo amore per la lettura e delle sue paure. Si è rotto lo "specchio" limpido dove avrebbe forse trovato la sua immagine femminile così tanto temuta. Abbandono scolastico: la polizia municipale la costringe a frequentare la scuola…..Monica non mangia più, un ago buca la sua piccola vena per nutrire il suo corpo….per questa volta ce l’ha fatta, ma per quanto tempo ancora potrà sopportare di vivere senza qualcuno che possa capire il suo dramma e aiutarla a comprendere che è intelligente, desiderabile e degna di essere amata?Monica ha perso tanti chili e troppi giorni di scuola, ripetere l’anno scolastico è l’ennesima frustrazione che il mondo degli adulti le infligge.

Questa ultima esperienza negativa le fa sperimentare l’amara sensazione che vive chi si sente non amato, non capito e non accudito, in altre parole un diverso che difficilmente può conquistare uno spazio nel mondo. Rosanna cerca invano di mettersi in contatto con la famiglia di Monica. Il padre si pone come unico interlocutore e con poca gentilezza risponde all’insegnante di non preoccuparsi della bambina. L’unica speranza di salvezza viene spazzata via con poche e sbrigative parole. 

Maria Giovanna Farina   (Diario, numero speciale-scuola )