E’ concepibile accettare che in alcuni, molti, troppi, paesi del mondo si infierisca sul corpo di giovani donne, bambine, con pratiche violente e disumane praticate per una serie di ragioni culturali tendenti a soggiogare o ridurre la sessualità femminile? Cosa si può fare per fermare questi atti di barbarie? Come combatterle?
Ma di cosa parliamo?
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), con l’espressione “mutilazioni genitali” si fa riferimento a “tutte le pratiche di rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o ad altre alterazioni indotte agli organi genitali femminili, effettuate per ragioni culturali o altre ragioni non terapeutiche.”
Le mutilazioni genitali costituiscono un atto estremamente traumatico ed hanno gravi conseguenze sulla salute fisica, psichica e sessuale delle bambine e delle giovani ragazze che le subiscono.
Le mutilazioni genitali sono principalmente diffuse presso gruppi ed etnie dei Paesi dell’Africa subsahariana e della penisola arabica, ma sono praticate anche in Europa e in Italia, per effetto dell’immigrazione. L’OMS stima che sono più di 200 milioni le donne che hanno subito mutilazioni genitali nei paesi in cui si concentra la pratica, e sono a rischio di mutilazione circa 3 milioni di ragazze ogni anno, la maggior parte delle quali prima dei 15 anni. Si conoscono vari tipi di mutilazioni genitali femminili con diversi livelli di gravità, di cui la più radicale è comunemente chiamata infibulazione, una pratica diffusa prevalentemente nell’Africa Subsahariana che l’immigrazione ha fatto conoscere anche in Europa e in Italia.”
Ma esiste una legge per prevenire, contrastare e reprimere queste pratiche?
In base alla Legge 9 gennaio 2006, n. 7 – Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazioni genitali femminile, chiunque pratichi l’infibulazione è punito con la reclusione da 4 a 12 anni, pena aumentata di 1/3 se la mutilazione viene compiuta su una minorenne, nonché in tutti i casi in cui viene eseguita per fini di lucro.
È necessario fare opera di sorveglianza e prevenzione, soprattutto nei confronti delle figlie delle donne che hanno già subito mutilazioni nel loro Paese d’origine.
L’art. 4 della legge prevede che il Ministero della salute emani Linee guida destinate alle figure professionali sanitarie e ad altre figure, che operano con le comunità di immigrati provenienti da Paesi dove si effettuano pratiche di mutilazione genitale, per realizzare un’attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sottoposte a tali pratiche.
Le Linee guida sono uno strumento per le Regioni per attivare sul territorio tutte le iniziative volte alla formazione del personale sanitario per la prevenzione della diffusione delle mutilazioni genitali femminili e un invito al Sistema sanitario ad adeguare le proprie conoscenze e modalità di cura, per rispondere in modo adeguato ed efficace alla domanda di salute proveniente da una specifica fascia di popolazione femminile immigrata.
Il documento si muove nell’ambito di obiettivi generali quali l’affermazione del rispetto della donna come persona, della sua dignità, del diritto all’integrità del suo corpo, alla salute, all’esercizio delle libertà fondamentali.
La legge prevede risorse finanziarie destinate alla formazione, ma anche a campagne di informazione e di divulgazione della cultura dei diritti umani e del diritto all’integrità della persona.
Secondo un comunicato della Cisl, il contrasto a queste pratiche «è una battaglia di civiltà e di umanità che non vogliamo e non possiamo perdere. Abbiamo bisogno di affermare e concretizzare il valore della solidarietà tra donne e uomini, come base di un’azione collettiva per il bene comune. Proseguiamo, pertanto, il percorso a sostegno di azioni d’informazione e sensibilizzazione rivolte alle donne immigrate, insieme al rafforzamento e al potenziamento della nostra presenza in tutti gli ambiti territoriali e nei relativi presidi sanitari. »
Secondo Clara Caldera, coordinatrice dei progetti Aidos sulle pratiche dannose. “Come ogni altra forma di violenza di genere, le MGF sono strettamente legate alle relazioni di potere tra uomini e donne. Per porre fine alla pratica è indispensabile lavorare sulle sue cause profonde e quindi rimettere in discussione i ruoli di genere. Questo vuol dire informare e sensibilizzare le comunità e coinvolgere uomini e ragazzi, al fine di affrontare una mascolinità tossica e quelle norme sociali che perpetuano disuguaglianze e stereotipi di genere, favorendo al contempo l’empowerment di donne e ragazze”, conclude Caldera. Per questo Aidos lancia il suo video sull’approccio trasformativo di genere, per informare ma anche per mettere a disposizione e diffondere uno strumento utile di informazione, formazione e sensibilizzazione per chi lavora sulle MGF, per le donne, le attiviste, le comunità coinvolte e per coloro che lavorano al raggiungimento dell’uguaglianza di genere.
E sempre in occasione della Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili venerdì 3 febbraio, alle 17, presso la Sala del Cenacolo della Camera dei deputati Angels-Associazione nazionale giovani energie latrici di solidarietà onlus discuterà il progetto artistico, culturale ed umanitario “Women in Love”, il cui ricavato sarà impiegato per operare gratuitamente le vittime di infibulazione per il ripristino dello status quo, con il patrocinio del ministero della Cultura, del Dipartimento delle Pari opportunità e della Città di Venezia.
“L’obiettivo di Angels è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema delle mutilazioni genitali femminili”, “per contribuire a porre fine a questa terribile violenza perpetrata su bambine e giovani donne, che avviene anche in Italia clandestinamente, nonostante la legge n. 7/2006”.