Nel calcolo della pensione di reversibilità rientra anche la durata della convivenza prematrimoniale
Da considerare tutta la durata del rapporto. Il criterio temporale, anche se preponderante, non è però esclusivo
Per il calcolo della pensione di reversibilità deve essere presa in considerazione tutta la durata del rapporto: dunque, anche la convivenza prematrimoniale. Lo ha sancito la Cassazione con la sentenza 10391/12 del 21 giugno.
Il fatto
La Corte d’appello di Roma ha ripartito la pensione di reversibilità di un dipendente di banca, tra la coniuge superstite e la ex moglie, rispettivamente del 35 per cento e 65 per cento. La coniuge superstite, che era stata sposata per otto anni, ha lamentato le modalità di applicazione del criterio base di ripartizione della pensione di reversibilità fra lei e l’ex coniuge, costituito dalla durata del matrimonio. La ricorrente lamenta che la Corte romana non ha preso in considerazione anche gli anni di convivenza antecedenti il loro matrimonio. La seconda sezione civile ha ritenuto erronea la decisione di merito, osservando che l’art. 9 L. 01.12.1970, n. 898, come modificato dall’art.13 L. 06.03.1987, n. 74, dispone che la ripartizione della pensione di reversibilità fra ex coniuge e coniuge superstite va fatta "tenendo conto della durata del rapporto". E ancora, che «dopo che le Sezioni Unite, con la sentenza n. 159 del 1998, avevano interpretato tale disposizione nel senso che la stessa preveda un rigido ed esclusivo criterio di proporzionalità rispetto alla durata dei rispettivi rapporti matrimoniali avuti dalle parti interessate con il de cuius, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 419 del 1999, ha escluso il contrasto della medesima disposizione con gli articolo 3 e 38 Cost. adottandone una diversa interpretazione». Insomma, Piazza Cavour, valorizzando anche il dato testuale che impone soltanto di "tener conto" della durata del matrimonio, ha ritenuto che il criterio temporale, per quanto necessario e preponderante, non sia però esclusivo: la valutazione del giudice, cioè, «non si riduce a un mero calcolo aritmetico, ma comprende la possibilità di applicare correttivi ispirati all’equità, così evitando l’attribuzione, da una parte, al coniuge superstite di una quota di pensione del tutto inadeguata alle più elementari esigenze di vita e, dall’altro, all’ex coniuge di una quota di pensione del tutto sproporzionata all’assegno in precedenza goduto». Pertanto, il ricorso è stato accolto e rinviato per un nuovo giudizio.