Al momento le sue possibilità di vittoria sono considerate basse, ma il suo è un profilo che tra i repubblicani ha un certo peso. Fino a dieci anni fa veniva indicata come l’astro nascente del partito. Nell’annunciare la sua candidatura, Haley ha evitato lo scontro diretto con il suo ex capo Trump. Ha invece puntato sull’idea che sia necessario un “cambio generazionale” tra i repubblicani. Per dimostrarlo, ha sottolineato come nelle ultime otto elezioni presidenziali solo una volta i repubblicani siano riusciti a vincere il voto popolare. Il tono si è acceso nei confronti dei democratici, definiti “socialisti” che si fanno bullizzare da Pechino e Mosca. “Cina e Russia vedono un’America vulnerabile, pensano di poterci bullizzare e prendere a calci. Dovreste ormai sapere una cosa su di me: non sopporto i bulli. E quando restituisci un calcio, fa più male se indossi i tacchi”, lo slogan conclusivo di Haley.
51 anni, figlia di immigrati indiani di religione sikh, prima di sposare Michael Haley, si chiamava Nimrata Nikki Randhawa. Eletta per la prima volta nel 2004 alla Camera dei deputati del South Carolina, vi è rimasta per tre mandati. Nel 2010 si è candidata, con il sostegno di Mitt Romney, a governatrice del suo Stato, vincendo contro il democratico Vincent Sheheen. Un risultato che l’ha fatta diventare la prima donna a governare la South Carolina e la seconda governatrice di origini indiane.
Nelle primarie repubblicane del 2016, il suo sostegno era andato al senatore Marco Rubio. E non erano mancate pesanti critiche all’allora candidato Trump. “Non mi fermerò finché non combatteremo un uomo che sceglie di non sconfessare il KKK. Questo non fa parte del nostro partito. Non è quello che vogliamo come presidente”. Il suo affondo allora. Una posizione profondamente critica, poi abbandonata nel corso del tempo, tanto da ottenere la nomina ad ambasciatrice. Il suo mandato è durato due anni per sua scelta. Nel 2018 aveva scelto di dimettersi, parlando di motivi personali. Alcuni media americani riportarono voci interne al partito che sostenevano che le dimissioni di Haley fossero legate a fini politici: la sua speranza sarebbe stata ottenere la candidatura alla vicepresidenza nel 2020, in sostituzione di Mike Pence. Cosa che comunque non avvenne. Lo stesso Pence peraltro, in contrasto aperto con Trump dopo l’assalto al Congresso del 6 gennaio, potrebbe diventare un altro dei candidati repubblicani a sfidare l’ex presidente.
moked/מוקד, 15 febbraio 2023