Non agevola la prostituzione chi aiuta la donna a scambiare foto “hard” con ricariche telefoniche
Da escludere la responsabilità del marito che avvia in chat i contatti per conto della moglie: non c’è induzione ma pieno accordo fra i coniugi
Il marito che, in accordo con la moglie, scambia foto hot di lei con ricariche telefoniche non commette reato di favoreggiamento della prostituzione, anche se si impegna sulle chat-line nell’avviare i contatti gli acquirenti. Lo ha sancito la Corte di cassazione con la sentenza 1164 del 9 gennaio 2013.
Il fatto
La terza sezione penale ha ribaltato il giudizio di colpevolezza del tribunale del riesame di Sondrio che ha ritenuto l’uomo colpevole di avere agevolato la prostituzione della propria moglie attivando numerose utenze telefoniche sulle quali confluivano, sotto forma di ricariche telefoniche, i proventi del «meretricio» online: la condotta incriminata si sostanziava nella realizzazioni di immagini hard che venivano inviate ai clienti individuati, anche grazie ad attività di ricerca di clienti effettuata anche dall’uomo. Per la Suprema corte quello che designa una condotta come prostituzione è «il fatto di mettere il proprio corpo alla mercé altrui disponendone, dietro corrispettivo, secondo la volontà dello stesso». E va ricordato che l’ordinamento giuridico penale non sempre risulta sovrapponibile a valutazioni di ordine etico. Spiega Piazza Cavour che «le prestazioni sessuali eseguite in videoconferenza via web-chat, in modo da consentire al fruitore delle stesse di interagire in via diretta e immediata con chi esegue la prestazione, con la possibilità di richiedere il compimento di determinati atti sessuali, assume il valore di prostituzione e rende configurabile il reato di sfruttamento della prostituzione nei confronti di coloro che abbiano reclutato gli esecutori delle prestazioni o che abbiano reso possibile i collegamenti via internet, atteso che l’attività di prostituzione può consistere anche nel compimento di atti sessuali di qualsiasi natura eseguiti su sé stesso in presenza di colui che, pagando un compenso, ha richiesto una determinata prestazione al fine di soddisfare la propria libido, senza che avvenga alcun contatto fisico fra le parti». Insomma, non si è configurata nessuna induzione da parte dell’uomo nei confronti della consorte, ma una comune “intraprendenza” nell’avviare i contatti sulle chat-lines, attività di comune accordo in cui i proventi confluivano su conti bancari comuni (cointestati, cioè, ai due coniugi) lucrosa ma non illecita. Pertanto, la sentenza è stata annullata senza rinvio.