Delibata la sentenza di nullità dell’unione religiosa. La prima sezione civile respinge il ricorso della Procura – Sentenza, 8 ottobre 2018
È pienamente legittima la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, anche durato oltre tre anni (in questo caso ventisette) in caso di incapacità di un coniuge di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio.
Con una decisione che sembra sconfessare il limite più stringente alla nullità delle nozze, e cioè la convivenza che si protrae oltre i tre anni, la Corte di cassazione – sentenza n. 24729 , 8 ottobre 2018 – ha respinto il ricorso della Procura generale presentato contro la delibazione.
I Supremi giudici, sposano, almeno sulla carta, l’approdo giurisprudenziale raggiunto dalle Sezioni unite della stessa Cassazione nel 2014 (sentenza n. 16380) ma, di fatto, arrivano a una diversa conclusione: e cioè che le nozze possono essere annullate al di là della convivenza triennale.
Per gli Ermellini, infatti, proprio il Massimo consesso di Piazza Cavour, nelle famose decisione gemelle di quattro anni fa, si è dato carico del consolidato orientamento giurisprudenziale restrittivo in tema di eccezioni in senso stretto, richiamato nel ricorso della Procura generale, concludendo tuttavia motivatamente che l'eccezione relativa alla convivenza triennale come coniugi, ostativa alla positiva delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, rientra appunto tra quelle che l'ordinamento riserva alla disponibilità della parte interessata; e ciò argomentando sia dalla “complessità fattuale” delle circostanze sulle quali essa si fonda e dalla connessione molto stretta di tale complessità con l'esercizio di diritti, con l'adempimento di doveri e con l'assunzione di responsabilità personalissimi di ciascuno dei coniugi, sia dalla espressa previsione della necessità dell'eccezione di parte nell'analoga fattispecie dell'impedimento al divorzio costituito dall'interruzione della separazione, ai sensi dell'art. 3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898.
Ora il matrimonio della coppia può dirsi definitivamente annullato. L’istanza era stata avanzata dal marito per l’impossibilità di assumersi i doveri fondamentali del matrimonio e per cause di natura psichica.
Inutile anche la richiesta di rimettere nuovamente la questione di fronte alle Sezioni unite civili della Suprema corte.