Oggi è la giornata mondiale indetta dall’Onu contro le Mgf Mutilazioni genitali.

da | Feb 6, 2017 | Editoriali

coinvolgono 140 milioni di donne di cui 3 milioni sono bambine tra i 4 e i 14 anni. Quali sono le misure italiane e internazionali?

Ripropongo la lettura di questo articolo, pubblicato da l'indro il 06/02/2012, per sottolineare quanto poco sia stato fatto contro queste barbare pratiche. 

 

Ancora una giornata/ricorrenza, quella del 6 febbraio, istituita e promossa dagli Organismi Internazionali delle Nazioni Unite per dedicare un tempo necessario alla sensibilizzazione degli Stati membri nei confronti di un argomento d’interesse comune, che in questa giornata riguarda L’abbandono delle mutilazioni dei genitali femminili (MGF). Una pratica drammatica che coinvolge oltre 140 milioni di donne nel mondo, di cui ogni anno almeno 3 milioni sono bambine. Pratiche che vengono eseguite su bambine in età tra i 4 e i 14 anni e in alcuni Paesi persino nel primo anno di vita. Un fenomeno ed una pratica importata ed estesa con l’immigrazione fino ad Europa, America, Canada e Australia.

Come gli altri Paesi membri, anche l’Italia si è impegnata a operare una politica di sensibilizzazione ed informazione attraverso tutti i canali, per mettere in moto un’azione di prevenzione a salvaguardia della salute e del rispetto della dignità della donna; per questo si era già impegnata a stanziare ogni anno i fondi necessari, come stabilito dalla legge n.7/2006.
Questa legge, tra l’altro, è considerata un esempio a livello internazionale, perché non si limita alle misure penali. È, infatti, l’unica legge al mondo ad aver previsto, nel suo primo capitolo, attività di prevenzione volte a scoraggiare la pratica, e dunque a limitare il ricorso a misure penali, e a stabilire per tali attività la gestione di un numero verde di segnalazione, un finanziamento pari a complessivi 5 milioni di Euro l’anno a partire dal 2005.
Negli anni i finanziamenti erogati sono stati progressivamente tagliati e ora poco o nulla si sa di questi fondi. Inoltre poco si conosce anche di come siano stati spesi, se lo sono stati, i fondi erogati negli anni precedenti.
Per comprendere meglio la portata del fenomeno è interessante cercare di saperne di più.
In un interessante studio, Francesca Rossi, studiosa di lingue e civiltà orientali, indica che la pratica della mutilazione genitale femminile MGF, abbia origine nell’antico Egitto (infatti è anche conosciuta con il nome di ’infibulazione faraonica’). Essa è diffusa, secondo diverse modalità, in quaranta Paesi, la maggior parte dei quali è africana ma seguono poi alcuni Stati mediorientali e asiatici (anche islamici), oltre che in Perù, Brasile e Messico.
In cosa consiste quindi la MGF? Vi sono tre tipologie molto precise:

1. ablazione del prepuzio clitorideo e talvolta della punta del clitoride. Per i musulmani questa pratica è conforme alla Tradizione del Profeta, la “Sunna, oppure alla consuetudine del suo tempo;
2. ablazione del clitoride (questa è la cosiddetta “clitoridectomia o “escissione), e, a volte, delle piccole e/o grandi labbra;
3. ablazione del clitoride, piccole e grandi labbra e successiva cucitura dei due bordi della vulva, lasciando un piccolo passaggio per l’urina ed il mestruo. Questa pratica è conosciuta come ( ’infibulazione’, o ’circoncisione sudanese o faraonica’).
Storicamente le opinioni favorevoli alla mutilazione si basavano su due tesi principali, sostiene ancora Rossi: “Il contenimento del desiderio femminile e la motivazione estetica. Le donne non circoncise diventavano inevitabilmente vittime della libidine, della perversione e della lussuria, che le portavano all’adulterio o alla prostituzione”. Ancora oggi queste motivazioni non sono state completamente abbandonate e sopravvivono soprattutto in ambienti rurali o fondamentalisti.

E’ interessante anche menzionare quali sarebbero considerati i ’benefici’ garantiti da questa pratica secondo le culture di provenienza: l’eliminazione dei cattivi odori, la credenza l’igiene si può ottenere solo tagliando il clitoride e le piccole labbra; la pratica consente la conservazione della sensibilità con la riduzione dell’istinto sessuale femminile, soprattutto in rapporto al calo dell’istinto del marito a causa dell’età; tutela l’onore e la moralità delle donne, dissuadendole dal compiere atti proibiti.
Ma quali sono i rischi che questi interventi possono provocare nella salute della donna? Immediati, come l’emorragia dovuta a lesione dei vasi sanguigni, shock soprattutto a causa del dolore, perché la circoncisione è praticata senza anestesia, infezioni, lacerazioni di organi come vescica e uretra, ritenzione di urina (che si verifica sempre subito dopo l’intervento a causa del rigonfiamento dei tessuti e del dolore e può aumentare la possibilità di infezioni); a lungo termine per l’indurimento delle cicatrici che porta a problemi durante i rapporti sessuali ed il parto, cisti, ristagno di urina e mestruo con conseguente formazione di calcoli nella vagina.

Per quanto riguarda l’ambito psicologico la situazione non è meno traumatica: si rischia depressione, frigidità e psicosi. In genere prima la donna viene mutilata, maggiori sono i danni; la possibilità di provare piacere viene compromessa per sempre se c’è una ablazione totale. La clitoridectomia, comunque, riduce la sensibilità, ma non il desiderio sessuale, che fa parte, invece, della sfera psicologica.
Il valore attribuito alla verginità in alcune società (nonostante negli ultimi anni si stia assistendo ad una parziale inversione di rotta) riguarda, però, solo i ceti elevati delle comunità, influenza sicuramente la diffusione di queste pratiche. Come se un uomo facesse un investimento sposandosi e volesse perciò essere sicuro dell’integrità di ciò che compra.
Purtroppo, in alcune realtà è la stessa comunità ad esercitare una pressione psicologica sulle bambine, affinché si convincano che i loro genitali sono ’pericolosi’ o ’sporchi’. Cosi facendo sarà la stessa bambina a voler essere uguale alle altre attraverso la mutilazione. A questo proposito, dice ancora Rossi “è da rilevare il fatto che la maggioranza delle escisse ignori completamente la funzione del clitoride. Per loro non essere circoncise vuol dire solo essere umiliate, derise, escluse dalla società e quindi dalla possibilità di trovare marito e avere figli. Insomma la loro vita non vale nulla al di fuori del matrimonio e le uniche due cose che possono garantirlo e quindi assicurare anche felicità e soddisfazione sono la verginità e la mutilazione”. Prova ne è il fatto che le donne circoncise godono di un alto prestigio sociale e che coloro che praticano la mutilazione ne hanno fatto una professione che si tramanda di madre in figlia e assicura guadagni (e questo alimenta un circolo vizioso che contribuisce a perpetuare la consuetudine).

In occasione di questa giornata, dunque, è giusto chiedersi come l’Italia si sia attivata. Innanzi tutto istituendo il divieto di praticare le MGF sul proprio territorio, prevedendo contestualmente la promozione di numerose attività di contrasto di queste pratiche. Il Coordinamento è stato affidato al Dipartimento per le Pari Opportunità, presso il quale altresì è stata istituita una Commissione con finanziamenti ad hoc, per promuovere campagne informative attraverso associazioni o operatori locali. Dal novembre 2009 è attivo inoltre un numero verde gratuito anche presso il Ministero dell’Interno per segnalazioni o notizie di reato sul territorio italiano di tali pratiche. Infine il Ministero della salute ha rilasciato alcune linee guida destinate alle figure professionali sanitarie nonché ad operatori che lavorano con le comunità degli immigrati dai paesi in cui tali pratiche sono effettuate regolarmente, per realizzare un’attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine che ne sono state vittime.
Gli obiettivi generali contemplano l’affermazione del rispetto della donna come persona, della sua dignità, del diritto dell’integrità del suo corpo, alla salute, all’esercizio delle libertà fondamentali. Negli anni i finanziamenti erogati sono stati progressivamente tagliati e ora poco o nulla si sa dei fondi che ogni anno la legge n. 7/2006 mette a disposizione per le attività di prevenzione. Inoltre poco si conosce anche di come siano stati spesi, se lo sono stati, i fondi erogati negli anni precedenti.

La preoccupazione che i tagli di bilancio possano presentare il rischio di porre fine anche a queste attività non è peregrina. Il ruolo del Ministro al Welfare con delega alle Pari Opportunità, Elsa Fornero, ha una funzione molto importante.La lotta contro le MGF si pone infatti nell’ordine degli interventi per il futuro dei giovani di oggi e, in ampio respiro, per le generazioni future che vivono in Italia.
Sottrarre le giovani bambine, nate su territorio italiano, a pratiche cruente solo perché obbligate da tradizioni culturali e familiari è un impegno da cui l’Italia non può sottrarsi. L’abbandono delle MGF ha un impatto diretto sul raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, sull’uguaglianza di genere, sulla salute infantile e sulla salute materna, impegni che coinvolgono anche il nostro paese.

di Marta Ajò

già pubblicato su l'indro, 06/02/2012