QUANTO MANCA ANCORA PER UNA VERA PARITA’ DI GENERE?

da | Gen 17, 2024 | L'opinione

Quanto noi donne dobbiamo ancora attendere per raggiungere una vera parità?
La domanda sorge ogni qualvolta i diritti delle donne a partecipare alla vita pubblica non riescono ad essere rispettati o presi in considerazione, ogni volta che una donna diventata madre deve rinunciare al proprio lavoro o all’impegno politico.
Succede ancora ai nostri giorni, nella nostra evoluta società.
E’ successo a Monza dove una consigliera neo mamma, non potendo presenziare ai consigli comunali con una figlia di pochi mesi, ha chiesto che si predisponesse una delibera che, in via provvisoria ed urgente, consentisse per lo stretto tempo necessario di partecipare ai lavori dell’aula  da remoto. E’ vero che la modifica del regolamento del consiglio comunale prevede una procedura molto lunga, ma una delibera no, ed infatti in altri importanti comuni, di diversa impostazione politica, la decisione deliberativa è stata assunta. Così a Genova, Torino, Vercelli la neo mamma consigliera ha potuto partecipare da remoto ai lavori consiliari, il tempo necessario affinchè la propria bimba potesse rimanere a casa con il papà.
Così non è accaduto nel comune di Monza e chissà in quanti altri comuni le consigliere neo mamme vivono la stessa esperienza. Il neo papà non ha questi problemi, perchè non allatta il proprio pargolo, perché non riveste gli stessi compiti che spettano ad una mamma. Ci chiediamo quanto tempo ancora occorra affinchè la genitorialità non sia una esperienza che debba porre la donna al bivio fra impegno esterno e impegno materno; affinché la società, in ogni ambito, preveda sistemi organizzativi che possano consentire alla donna di essere al tempo stesso madre e professionista.
Nei regolamenti dei consigli comunali generalmente questa previsione non è contenuta, forse perché tradizionalmente l’impegno politico ha visto in prima fila gli uomini, ma è tempo che si ponga rimedio se veramente vogliamo raggiungere una piena parità di diritti e doveri.
A Monza la consigliera PD Francesca Dell’Aquila si è dimessa e, dovendo scegliere, ha scelto la figlia, perchè neanche il suo stesso gruppo consiliare ha accettato di presentare un ordine del giorno che impegnasse il consiglio a deliberare per introdurre questa novità, che poi non è tanto una novità dal momento che dopo il Covid moltissime aziende hanno permesso ai propri dipendenti di lavorare in smart working.
Come possiamo pensare di migliorare i tassi di natalità o avvicinare le giovani alla politica se poi si incontrano queste difficoltà?
Regione Lombardia ha di recente varato una delibera di giunta (XII/1141) che stabilisce che per favorire ed incentivare la la natalità i consultori familiari debbano essere dotati di maggiori ore di ginecologia e di un coordinamento assegnato ad un ginecologo. Ancora una volta si agisce come lo stolto che guarda il dito e non la luna. Davvero si pensa che la difficoltà a mettere al mondo dei figli sia un problema di tipo fisico-ginecologico? Davvero si omette di prendere in considerazione quali siano i veri ostacoli di tipo organizzativo, economico e sociale?
Sembra proprio così e fino a quando non si sarà capaci di osservare il fenomeno natalità/genitorialità in modo complessivo e sistemico avremo ancora le donne che debbono rinunciare agli impegni esterni se diventano mamme, dovremo ancora discutere e chissà per quanto tempo di mancato raggiungimento di una vera parità salariale e di diritti.
Spero che l’esperienza di Francesca sia monito e sprono per un cambiamento culturale.

Melina Martello
(Psicologa e Psicoterapeuta, Comitato Scientifico degli Stati Generali delle Donne)