Recovery Fund quali investimenti per le donne

da | Ott 14, 2020 | Donne e politica

di Isa Maggi

E se il Recovery Fund fosse una chimera?
Occorrono ad oggi nuove risorse proprie per sbloccare il negoziato

di Isa Maggi – Stati Generali delle Donne

 

Noi donne stiamo chiedendo da tempo di utilizzare i fondi europei per dare una svolta storica alle nostre economie, e alle nostre vite ,ma all’esame di realtà notevoli sono i blocchi.
La chiusura di Berlino, rispetto alla richiesta di una nuova proposta, ha condotto il portavoce del Parlamento europeo, Jaume Duch, ad annunciare lo stop del negoziato: senza accordo sul QFP, salta anche l'avvio del Recovery Fund.
Per il Parlamento UE la proposta di compromesso sul Quadro finanziario pluriennale 2021-27 presentata dalla presidenza tedesca del Consiglio è inaccettabile. Ma i tagli al bilancio UE imposti dagli Stati membri potrebbero essere compensati da nuove risorse proprie, soprattutto rendendo concreto il progetto – fermo dai tempi della Commissione Barroso – di una tassa sulle transazioni finanziarie.
Il presidente della commissione Bilanci dell'Eurocamera e capo negoziatore per il Parlamento Johan Van Overtveldt ha chiarito, con una lettera all'ambasciatore tedesco Michael Clauss, che un accordo sarà possibile solo incrementando le dotazioni per i 15 programmi faro dell'UE, i finanziamenti cioè – da Horizon a Digital Europe – che sostengono il perseguimento delle ambizioni politiche dell'Unione.
Al successo della trattativa sul bilancio UE, però, gli Stati membri hanno subordinato il via libera alla decisione sulle risorse proprie, che è stata già approvata dal Parlamento e che deve essere ratificata dai 27 per permettere alla Commissione di raccogliere sui mercati i 750 miliardi per il pacchetto per la ripresa Next Generation EU.
Una prospettiva insostenibile per l'Europa, che il Parlamento propone di sbloccare compensando i tagli voluti dagli Stati membri con nuove risorse proprie: la tassa sulla plastica, l'aumento delle risorse provenienti dalle aste del sistema europeo di scambio delle quote di emissioni ETS, il meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera, la digital tax e, soprattutto, una tassa sulle transazioni finanziarie. Quest'ultima è l'ipotesi più complessa dal punto di vista politico, ma tecnicamente è già pronta dai tempi della Commissione Barroso, ha spiegato il relatore sul bilancio UE 2021 Pierre Larrouturou in un punto stampa con i giornalisti. E da sola potrebbe generare fino a 50 miliardi di euro all'anno.
A complicare il quadro c'è il tema della condizionalità legata allo stato di diritto: gli eurodeputati hanno votato a favore dell'istituzione di un meccanismo permanente di protezione dei valori dell'UE con un ciclo di monitoraggio annuale, raccomandazioni specifiche per Paese, procedure di infrazione e infine la possibilità di bloccare l'erogazione dei fondi UE in caso di gravi e ripetute violazioni dello stato di diritto, anche se non direttamente collegate alla protezione del bilancio dell'Unione.
Il Consiglio, invece, ha votato – tra l'altro solo a maggioranza qualificata – un meccanismo che permetterebbe di sospendere l'erogazione dei fondi europei solo quando le violazioni intaccano direttamente la sana gestione del bilancio UE.
Ma noi donne saremo in grado di coinvolgere il Governo per una giusta destinazione dei fondi europei?
Circolano intanto diverse anticipazioni sui fondi che l'Italia potrebbe ottenere una volta che il negoziato si sarà concluso, oltre ai 193 miliardi del Recovery Fund, che potrebbero salire a 209 miliardi in base all'accordo raggiunto a luglio da Consiglio europeo.
Secondo documenti interni alla Commissione, la dotazione della Politica di Coesione dovrebbe aumentare di cinque miliardi rispetto all'attuale programmazione, per un totale di oltre 37,3 miliardi. Di questi circa 12,9 miliardi sarebbero a titolo del Fondo sociale europeo (FSE), 23,6 miliardi verrebbero dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e 830 milioni di euro andrebbero ai progetti italiani nell'ambito del Fondo per la cooperazione territoriale.
Quanto alla Politica agricola comune (PAC) si prevede una dotazione di circa 38,7 miliardi di fondi europei, di cui 25,4 miliardi per i pagamenti diretti, 10,7 per lo sviluppo rurale (9,8 miliardi dal bilancio e 925 milioni dal Recovery Fund), 2,3 miliardi per l'OCM vino, 242 milioni per l'olio d'oliva e 36 milioni per il miele.
Ammonterebbe invece a 937 milioni di euro il tesoretto proveniente dal Just Transition Fund, il Fondo per la transizione equa, di cui 535 milioni dal Recovery Fund e 401 milioni nel quadro dello strumento InvestEU.
La via si sta delineando ma al momento poco è previsto per la svolta storica che noi donne stiamo da tempo auspicando.

 

 

Recovery Fund Perché spetta all’altra metà del cielo
Le linee guida che indirizzano gli investimenti dovranno puntare all’uguaglianza di genere. Solo così l’Italia ripartirà 

di Linda Laura Sabbadini

 

Le linee guida del Recovery Fund vanno modificate, perché non centrano l’obiettivo dell’uguaglianza di genere.
Eppure le posizioni del segretario del Pd Nicola Zingaretti andavano in questo senso e così anche della Ministra Elena Bonetti, della vice presidente Maria Edera Spadoni del M5S. Perché non si traducono in chiara azione di governo? Perché non si è individuata una missione “uguaglianza di genere”? Perché non si è declinata con un piano straordinario per le infrastrutture sociali e per un forte sviluppo dell’occupazione femminile? Perché le donne sono ancora considerate una categoria, e non la metà del nostro Paese, un grande soggetto di cambiamento su cui investire. Siamo ancora in tempo per recuperare.
La parità fa bene al Pil
Eppure se crescesse l’uguaglianza di genere aumenterebbe il Pil. Secondo la Banca d’Italia, se l’ occupazione femminile arrivasse al 60 per cento aumenterebbe il Pil di 7 punti percentuali. E, aggiungo io, diminuirebbero le disuguaglianze. Più occupazione femminile significa un reddito di più in famiglia, meno povertà.
Più nidi, non qualunque ma di qualità e con personale specializzato, significa meno carico femminile di lavoro di cura dei bambini, più possibilità di lavorare per le donne, meno disuguaglianze tra bambini. Più welfare di prossimità incentrato sulla cura delle persone, anziani, disabili, con problemi mentali, attraverso la domiciliarizzazione della cura significa meno sovraccarico di cura per le donne, più occupazione femminile e minori disuguaglianze tra anziani, disabili e persone con problemi mentali.
Significa rafforzamento del tessuto sociale anche attraverso il coinvolgimento del terzo settore e degli stessi giovani del servizio civile. Se non si lavora, non si è liberi e indipendenti economicamente. Le donne non lo sono perché meno della metà lavora, in condizioni peggiori e troppo spesso fuori dai luoghi decisionali. Hanno perso più occupazione degli uomini in seguito all’epidemia, perché più precarie e irregolari e maggiormente inserite nei servizi. Bisogna intervenire.
Infrastrutture per le mamme
Nel II trimestre 2020 il tasso di occupazione femminile è arrivato al 48,4 per cento in Italia, al 60 in Francia e al 70 nel Regno Unito e anche la Spagna sta sei punti sopra di noi. Non è solo un problema di Covid. Leggi inattuate che si cumulano, obiettivi europei falliti da anni come sui nidi e occupazione femminile.
Nessuno paga per i risultati non raggiunti, tranne le donne. In assenza di politiche di redistribuzione delle ore di lavoro familiare nella coppia e nella società tramite i servizi, alla nascita dei figli le madri lavoratrici interrompono il lavoro in un caso su cinque. In seguito, sono costrette a prendere il part time e condannate a basse paghe. Serve un piano straordinario per lo sviluppo delle infrastrutture sociali, nidi di qualità fino al 60 per cento, tempo pieno, welfare di prossimità per anziani, disabili, persone con problemi mentali, sviluppo delle strutture sanitarie territoriali. Va fatto nel quadro del Recovery Fund. Serve liberare tempo per le donne e rendere possibile lo sviluppo di un’occupazione femminile più estesa e qualificata, per colmare un ritardo enorme.
Più sanità, più occupazione
L’Italia investe in sanità meno di Francia, Germania e Regno Unito. Se consideriamo l’assistenza è ancora peggio. ancora meno degli altri. E così per i servizi educativi per l’infanzia. La conseguenza è che la percentuale di occupati nell’assistenza sociale è da noi il 2,5 per cento, un terzo della Francia(7,1%), meno della metà della Germania (5,8%) e del Regno Unito (6,2%). E ci rimettono le donne che in questi settori sono la stragrande maggioranza.
Se solo investissimo in sanità e assistenza quanto la Germania, il Comitato Colao ha stimato che avremmo circa 2 milioni e 300 mila occupati in più, di cui 1 milione e 700 mila donne.
Premiare i virtuosi
Infrastrutture sociali, incentivi all’imprenditoria femminile, approccio di genere in tutti i punti del Recovery Fund, misure contro gli stereotipi di genere, sviluppo della formazione in materie STEM. Questo significa adottare l’uguaglianza di genere come obiettivo centrale nelle Linee guida del Recovery Fund.
Da ultimo, due proposte. La prima riguarda la valutazione di impatto di genere prima del varo della destinazione del Recovery Fund. E la seconda parte dalla considerazione che con il Recovery Fund si attiveranno gare pubbliche per miliardi di euro. Perché non seguire l’esempio della Regione Lazio che ha inserito criteri di premialità nelle gare, come la presenza di donne nei luoghi decisionali dell’impresa, e l’assenza di discriminazioni di genere? Sarebbe un modo intelligente da parte pubblica di innescare circoli virtuosi nel privato per favorire la presenza femminile nei luoghi decisionali e l’abbattimento delle discriminazioni.