comunicato stampa
L’ECONOMISTA DANIELA DEL BOCA a segnavie:
“CON OCCUPAZIONE femminile AL 60%, crescita del pil del 7%”.
“Nonostante le donne italiane siano sempre più istruite e preparate (sono il 60% dei laureati), non sembrano trovare le opportunità e i canali per una maggiore partecipazione alla vita economica e politica del Paese. Favorire attivamente la loro presenza nel mercato del lavoro non corrisponde solo a principi di pari opportunità, ma anche a obiettivi di efficienza economica”.
A dirlo è Daniela del Boca, Dottore di ricerca all’Università di Wisconsin-Madison, Professore di Economia Politica all’Università di Torino, membro del Collegio Carlo Alberto e Direttore del Centro di Economia della Famiglia (CHILD), ospite a Padova del secondo appuntamento del 2012 con Segnavie, il ciclo di conferenze promosso e realizzato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.
Nel suo saggio scritto con Letizia Mencarini e Silvia Pasqua “Valorizzare le donne conviene” (Il Mulino, 2012) Del Boca dimostra che il lavoro delle donne, se messe in condizione di parità, innescherebbe un vero e proprio circolo virtuoso: l’obiettivo del 60% di occupazione femminile fissato dalla Strategia di Lisbona potrebbe creare 15 nuovi posti nel settore dei servizi ogni 100 assunzioni femminili e una crescita del prodotto interno lordo stimata intorno al 7% a produttività invariata. Un incremento dell’occupazione femminile pari a quella maschile potrebbe addirittura generare incrementi del PIL del 13% nell’Eurozona e ben del 22% in Italia (Goldman Sachs).
“A livello macroeconomico – ha affermato Del Boca, intervistata dall’inviata economica de La Stampa Tonia Mastrobuoni – un maggior numero di occupate aumenterebbe le entrate fiscali e previdenziali. D’altra parte, la crescita dell’occupazione femminile stimolerebbe anche una maggiore domanda di servizi, soprattutto di cura, che avrebbe un effetto indiretto sul PIL. A livello microeconomico ridurrebbe il rischio di povertà, rendendo le famiglie meno vulnerabili alle difficoltà economiche”.
Anche la riforma del lavoro Fornero fa troppo poco per le donne: “Non dedica abbastanza spazio a tutelare le donne – commenta Del Boca – riconoscere il peso del loro ruolo familiare e incentivare una loro maggiore presenza sul mercato del lavoro. Questa situazione non può che peggiorare nel breve periodo: le recenti misure economiche stanno spingendo molti comuni a tagliare i servizi pubblici, come asili nido, scuole a tempo pieno, assistenza agli anziani e disabili. Inoltre, in assenza di politiche per la crescita, la disoccupazione dei giovani che vivono in famiglia imporrà ancora più lavoro alle donne anziane che, con la nuova età pensionabile, dovranno conciliare lavoro e famiglia per un numero maggiore di anni. Come è possibile che in queste condizioni le donne possano mantenere o aumentare la loro partecipazione al mercato del lavoro e contribuire così a redditi familiari erosi dalla crisi?”
Le ricerche della Professoressa Del Boca dimostrano che congedi parentali più lunghi e più part time farebbero crescere l’offerta di lavoro del 7-10%, mentre un +10% dei nidi farebbe aumentare la probabilità di lavoro del 7% per le donne europee più istruite, e addirittura del 14% per le donne meno istruite.
Invece, secondo gli ultimi dati ISTAT 2010, il tasso di occupazione femminile in Italia è sceso al 46% tornando indietro ai livelli del 2006, ben lontano dal 60% fissato dagli obiettivi di Lisbona. In Veneto è al 53,3%, in calo rispetto al 53,9% del 2009, molto distanziato rispetto al 75,3% dell’occupazione maschile. La nostra regione si colloca così al 10° posto a livello nazionale. In Francia, nello stesso periodo, l’occupazione femminile è rimasta stabile intorno al 60%, mentre in Germania ha raggiunto addirittura il 66%. L’Italia è quindi sempre più distante dai principali Paesi europei.
Secondo il Rapporto Statistico della Regione Veneto 2011, nel 2010 le donne occupate in Veneto sono oltre 856mila, il 9,3% delle lavoratrici in Italia, contro gli oltre 1 milione e 255 mila lavoratori maschi. Oltre l’84% sono dipendenti e quasi l’88% ha un contratto a tempo indeterminato (gli uomini il 91%), il terzo valore più alto fra le regioni italiane.
Anche in Veneto la presenza femminile ai posti di comando è bassa: gli occupati maschi con cariche dirigenziali sono il 2,1% e i quadri il 4,5%, mentre le lavoratrici donne sono solo, rispettivamente, lo 0,9% e il 3,3%. Sommando questi ultimi due valori, inoltre, il Veneto ha la quota più bassa di donne ai vertici fra tutte le regioni italiane.
Discriminante poi anche lo stipendio. Considerando gli occupati a tempo pieno, nel 2010 si stima che oltre il 18% delle lavoratrici venete percepisce meno di 1.000 euro contro il 9% dei maschi ma fortunatamente al di sotto della media nazionale (22%). Appena il 19,3% delle venete percepisce uno stipendio superiore ai 1.500 euro (23,9% il dato italiano) contro il 34,5% degli uomini (in Italia 33,5%).