Separazione: la casa non è «quota in natura» dell’assegno, ma la facoltà di risiedervi riduce l’importo, 22 luglio 2011

da | Ago 3, 2011 | Anno 2011

Separazione: la casa non è «quota in natura» dell’assegno, ma la facoltà di risiedervi riduce l’importo
Ai fini del mantenimento rileva ogni utilità economica. E sul conto dell’ex marito girano troppi soldi
 

Principio analogo espresso da altre sentenze  Consulta massima e sentenza relative all’articolo
La casa coniugale non può essere considerata una componente in natura dell’assegno dovuto dopo la separazione al coniuge finanziariamente più debole. Ma ai fini del mantenimento conta comunque ogni utilità economica e, nella determinazione dell’importo, la disponibilità dell’immobile non può essere ignorata. Lo precisa una sentenza pubblicata il 22 luglio 2011 dalla prima sezione civile della Cassazione.

Transiti eccezionali
La sentenza di merito riduce l’assegno di mantenimento a carico del marito proprio sul rilievo che alla moglie era stata attribuita la casa familiare con un inevitabile sacrificio economico a carico dell’onerato, comproprietario dell’immobile. La Suprema corte, tuttavia, si limita a correggere la motivazione della Corte territoriale, laddove parla della casa quasi fosse una quota del mantenimento corrisposta in natura anziché in denaro: la pronuncia non è cassata perché risulta comunque conforme al principio secondo cui fra gli elementi economici da prendere in considerazione ai fini della quantificazione dell’assegno rientra a pieno titolo la disponibilità della casa coniugale. L’ex marito, dal canto suo, non riesce a sfuggire all’obbligo del versamento mensile: al di là del guadagno netto, osservano i giudici, sul conto corrente della società di cui l’onerato è titolare si rileva un forte flusso di somme transitate e di somme compravendute.