Shamsia Hassani

da | Feb 6, 2015 | Donne dal mondo

Afghanistan – Con occhi di donna: La libertà sui muri, di Jessica Cugini

Un Paese che non ti aspetti e che la creatività e l’intraprendenza femminile sanno mettere in luce per occhi che ancora non riescono a vederlo. Alla storia di Shamsia, giovane insegnante che con i suoi graffiti dà vita a burqa azzurri sui muri di Kabul, fanno eco i racconti che della realtà afghana ci rimandano le diverse e straordinarie esperienze di tre coraggiose occidentali

01.02.2015:Il suo nome, Shamsia, significa “sole”. E, come spesso accade, i nomi che vengono scelti alla nascita si rivelano profetici. I raggi di questo sole infatti si riflettono in diversi punti dei muri di Kabul, la capitale dell’Afghanistan, dove questa giovane ventiseienne, insegnante di scultura presso la facoltà di Belle Arti, vive dal 2005. I raggi di Shamsia disegnano burqa azzurri dove meno te l’aspetti. Burqa che prendono vita da spray, colori acrilici e pennelli, riempiendo scorci della città. Spray che si alternano a pennelli, perché non sempre al mercato di Kabul è facile reperire bombolette.

È così che Shamsia Hassani ha deciso di mostrare l’arte a chi spesso ha potuto “godere” di immagini che raccontano solo di guerre. Ha scelto di farlo in luoghi pubblici, affinché i suoi disegni siano più facilmente accessibili alla gente, quella che non può permettersi di andare al museo, di viaggiare, quella che ha necessità di un messaggio. Un messaggio non veicolato da parole, ma da immagini simboliche, che riescano a dire quel che a voce sarebbe difficile esprimere in pubblico.

Nata in Iran nel 1988, Shamsia è figlia di rifugiati afghani originari di Kandahar, patria dei talebani. Nel Paese natio il suo sogno, dipingere, studiare arte, non avrebbe potuto realizzarsi. Frequentare studi artistici era infatti precluso agli afghani, così Shamsia aveva optato, mal volentieri, per ragioneria. Ma il suo era in realtà un sogno solo rimandato. Quando la famiglia nel 2005 decise di trasferirsi a Kabul, Shamsia iniziò a frequentare il Dipartimento delle Belle Arti dell’università della capitale. È l’inizio di un’altra storia, quella che nel 2009 la vede premiata come una dei migliori artisti del suo Paese. Ma la vera svolta per Shamsia arriva con la street art. L’idea di diventare la prima donna graffitista in Afghanistan nasce nel 2010, dopo aver frequentato un workshop con l’artista inglese Waybe “Chu” Edwars, noto per i graffiti in 3D (tridimensionali) e ideatore per la Game Boy del videogioco Aladino. Dopo aver vinto il primo pregiudizio che riconosceva come forme d’arte solo la danza e il canto, Shamsia è pronta per essere la prima street artist dell’Afghanistan. Non senza problemi, in una realtà dove solo il 14% delle donne sa leggere e scrivere, dove bisogna uscire velate. Il problema vero – racconta la giovane –non è tanto la polizia, che non si occupa di queste cose, ma la mia sicurezza.

Non è facile agire indisturbate mentre sui muri si disegnano donne dai burqa azzurri. A piovere su Shamsia non sono solo gli insulti, ma spesso anche le pietre. Le molestie sono all’ordine del giorno.Ma lei non è una che si arrende. Quando il vicolo scelto non è agibile, rimedia subito. Fotografa gli scorci della città che ha scelto e, una volta tornata nel suo studio, davanti al suo computer con Photoshop crea disegni digitali e li adorna, oppure stampa direttamente le foto che ha realizzato e poi ci dipinge sopra. A questa alternativa ha dato anche un nome: Dreaming graffiti. Perché i sogni continuano e dalla foto, prima o poi – lei ne è sicura –, il disegno arriverà al muro.

Mascherina e velo, spray e colori, Shamsia ha scelto l’azzurro come colore per i suoi disegni. Perché per lei è il colore della libertà e della serenità, quel che augura alle donne del suo Paese, di cui è diventata in qualche modo paladina. È vero – racconta –dipingo per lo più donne dal burqa azzurro, voglio raccontare le loro storie, trovare un modo per salvarle dal buio, per mostrarle in altro modo, per dare visibilità a una realtà di cui non si può parlare. La gente è convinta che il problema principale delle donne afghane sia il burqa. Ma non è così. C’è una mentalità da combattere, che porta il sesso femminile a essere escluso dai canali dell’istruzione, rilegato in casa, costretto a una vita già decisa dove la donna può essere solo madre e moglie.

Non a caso il suo graffito più famoso raffigura proprio una donna in burqa seduta sui gradini di un’abitazione diroccata, a rappresentare l’incertezza femminile odierna. Si sta chiedendo se riuscirà a salire o meno questa scala simbolica che altro non è che la società o se invece questa scala crollerà sotto i suoi piedi. L’ho dipinta – spiega – perché le donne in Afghanistan devono stare attente a ogni passo che compiono.

Il sogno graffitaro di Shamsia continua, il prossimo passo è fondare una scuola di street art affinché la libertà di espressione in Afghanistan si propaghi, riempia le strade, riesca a parlare di arte e democrazia. Perché il bello dev’essere accessibile a tutti. Lei la sua parte la sta facendo: Io l’arte ho deciso di portarla in strada, senza nemmeno far pagare il biglietto. E i suoi graffiti hanno attraversato i confini, sono stati esposti nelle ambasciate straniere di Kabul in India, Iran, Germania e Italia. Shamsia ha poi un sogno personale da realizzare: poter disegnare con il disegnatore inglese Banksy, famoso esponente dell’Art activism e famoso autore del graffito della bambina che vola oltre il muro grazie ai palloncini. Perché l’arte può far volare i sogni e a volte riesce anche a realizzarli.

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