Comunicato stampa
Ci state ammazzando.
Ogni giorno le/i nostre/i figlie/i vengono uccise/i per punirci della nostra libertà e autodeterminazione.
Gli uomini che decidiamo di lasciare ci ammazzano.
Sono uomini lucidi che scientemente decidono di ucciderci.
Lo stato e la legge sottovalutano questo rischio quando denunciamo, quando chiediamo aiuto. Ci ammazza quindi anche la complicità di governi silenti di fronte a tale violenza contro di noi.
Ci chiedete di lasciare le nostre case, di nasconderci, di lasciare il lavoro e affermate che si deve fare per la nostra sicurezza.
Perché invece non controllate lui, il maltrattante, il violento; perché ci chiedete di lasciare le/i nostre/i figlie/i agli incontri col padre (protetti o liberi che siano) anche quando noi li temiamo e vi preannunciamo il peggio o quando sono le/i figlie/i stessi a non volerli?
Se non controllate lui e non adottate misure su chi agisce la violenza è perché non ci credete, non credete a quello che diciamo, non credete a quello che denunciano le donne.
E così ogni giorno viviamo, non solo nei centri antiviolenza, l’incubo di nuovi femminicidi, perché noi invece, alle donne, crediamo!
Ci chiedete di lasciare tutto per la nostra sicurezza e per poi farci vivere in strutture, non case nostre, con 400 euro al mese, con la difficoltà di trovare un lavoro regolare e, quando va peggio, con il rischio di essere sfruttate e molestate.
Se non sei italiana è anche peggio perché la casa non te la vogliono affittare (anche se siamo donne sole con i bambini) e il lavoro, il più delle volte siamo costrette ad accettarlo anche se è soltanto sfruttamento e umiliazione, perché il permesso di soggiorno (concesso per motivi di lavoro) ci serve assolutamente per poter continuare a vivere qui.
Ancora la vigente cultura retrograda, maschilista e patriarcale, sottintende che: “stiamo esagerando”
“qualcosa per farlo arrabbiare lo avremo fatto”
“in fondo lui ci ama troppo ed è per questo che reagisce così” “non siamo delle bravi madri perché vogliamo separarci”.
Questa è la verità di ciò che succede!
Quando veniamo a denunciare vorremmo trovare agenti delle forze dell’ordine preparati a leggere quella che è violenza.
Vorremmo un legislatore pronto ad intervenire su di lui per allontanarlo da noi, per controllarlo nelle sue azioni e nel suo stato psichico, per obbligarlo a frequentare percorsi di riabilitazione e per concedergli di vedere le/i figlie/i solo dopo avere dimostrato di essere “un padre adeguato”.
E già, un padre adeguato.
Non sono padri adeguati quegli uomini che urlano, picchiano, svalorizzano e insultano le madri, anche se lo fanno lontano dagli occhi delle/dei figlie/i.
L’aria violenta che producete, voi uomini maltrattanti, la respirano anche le/i vostre/i figlie/i che spesso strumentalizzate per controllarci e altre volte li uccidete per punirci.
Non vi chiediamo soldi, perché non saranno mai abbastanza per restituire dignità a chi si ri- costruisce da sola e a ripagare il debito secolare che la politica ha con noi donne.
No, non vi chiediamo neppure più casa o lavoro. Lo facciamo già da troppo tempo.
In casi fortunati, a riempire il vuoto delle risorse destinateci dagli enti pubblici, arriva l’appoggio di Fondazioni che riconoscono il valore del lavoro dei Centri antiviolenza rispondendo alla nostra richiesta di più sostegno economico alle donne che decidono di emanciparsi dalla violenza.
Noi vi chiediamo di ascoltarci, non solo il 25 novembre. Vi chiediamo di sostenerci, non solo l’8 marzo.
Vi chiediamo di crederci.
Vi chiediamo di agire, e di farlo ora. Perché ci stanno ammazzando.
Perché vogliamo vivere, non sopravvivere.
Lo chiediamo per tutte quelle donne uccise dopo avere denunciato, violentate e abusate ma trattate come imputate, per quelle donne che gridano le loro ragioni perché sperano di vivere una vita migliore.
Alle nostre proposte, alle nostre intuizioni e alle nostre richieste lo Stato non risponde? Organizziamo la rabbia per riprenderci la nostra libertà, ogni giorno.
La ribellione di ciascuna di noi alla violenza maschile è un processo di emancipazione non solo per tutte le donne ma anche per l’intera società civile e come tale va riconosciuta.
Vogliamo un intervento immediato sulla legge affinché sia l’uomo violento ad assumersi le responsabilità della violenza agita, vogliamo più case e lavoro regolare per le donne, il riconoscimento di permessi di soggiorno più veloci e permanenti per motivi legati alle violenze di genere.
Lo vogliamo ora. Siamo stanche delle vostre briciole.
Associazione Trama di Terre Aps-Onlus
via Aldrovandi, 31 – 40026 Imola (Bo) tel. 393 5596688 antiviolenza@tramaditerre.org
Relazione dati di accoglienza e ospitalità del Centro Antiviolenza Trama di Terre
1 Gennaio – 31 Ottobre 2021
CHI SONO LE DONNE ACCOLTE
Le donne che si sono rivolte al Centro Antiviolenza nei primi 10 mesi del 2021 sono state 100. Accolte per la prima volta 58, mentre in percorso dagli anni precedenti 42.
Delle 58 donne nuove 30 sono italiane, mentre 24 provengono da paesi diversi e per 4 non è stato possibile rilevare il dato.
Rispetto all’anno precedente le richieste di aiuto sono lievemente aumentate, + 4 rispetto al 2020.
I bisogni espressi dalle donne che si sono rivolte al nostro Centro sono:
22% richiesta informazioni
42% donne che sperano di poter trovare uno sfogo alla situazione violenta che vivono o trovare consigli e strategie per uscire da questa terribile esperienza
13% consulenza e assistenza legale 10% ospitalità in emergenza
3% ricerca della casa
3% consulenza psicologica 7% altri e vari motivi
Nella grande maggioranza la signora è venuta a conoscenza del Centro attraverso passaparola di amici, parenti o familiari. Nello specifico, è aumentato, rispetto al 2020, il numero di donne accolte che ha avuto le informazioni direttamente per passaparola da altre donne accolte nel nostro Centro o dalle forze dell'ordine.
Il numero delle donne che ha dichiarato di aver conosciuto il Centro Antiviolenza attraverso una informativa da parte del Servizio Sociale è rimasto invariato rispetto al 2020.
Nel tentativo di isolare le donne dalle loro reti sociali, amicali e affettive, gli uomini maltrattanti hanno trovato un forte alleato nelle restrizioni sanitarie alle quali siamo state soggette nell'ultimo periodo. In particolare, le restrizioni hanno contribuito ad aumentare ulteriormente l’isolamento delle donne e le loro difficoltà ad attivare richieste di aiuto. È indicativo come delle 58 nuove donne accolte nel 2021, la metà sono arrivate al Centro Antiviolenza solo negli ultimi 4 mesi, ovvero nel periodo senza restrizioni, anche perché la ripresa delle attività quotidiane dell'associazione ha permesso nuovamente un accesso diretto al Centro Antiviolenza che ha sempre accolto senza la mediazione del telefono.
Rispetto al 2020 sono aumentate le donne che si sono rivolte al Centro per richiedere una ospitalità in e m e r g e n z a ( + 7 d o n n e ) . Questo dato ci permette di sottolineare ancora una volta che la pandemia ha acutizzato il trauma della violenza, portando le donne a chiedere aiuto tardivamente quando si trovano ormai in una fase acuta e pericolosa per la loro incolumità ma anche che i Centri antiviolenza si dimostrano ancora una volta come indispensabili punti di riferimento riconosciuti dalle donne anche in situazioni emergenziali.
Inoltre, la crisi economica legata alla pandemia ha ulteriormente aggravato la situazione occupazionale delle donne. Il trend locale, che rispecchia quello nazionale, indica che sono state proprio loro le prime ad essere espulse dal mondo del lavoro subendo una doppia discriminazione. Perdendo l'occupazione il carico di lavoro di cura non retribuito (specialmente quello con i figli) è anche aumentato. Anche nel caso “fortunato” in cui hanno potuto proseguire il lavoro da casa, lo sforzo è stato doppio mentre molto più difficile è stato per loro chiedere aiuto. Abbiamo osservato che le restrizioni e gli elementi sopra descritti hanno di fatto aumentato la possibilità di controllo e violenza psicologica da parte del maltrattante . Riscontriamo quindi che, le donne già in percorso presso il nostro Centro, stanno vivendo una sorta di “paralisi” (se non una retrocessione) dei loro progetti in uscita dalla violenza a causa del peggioramento delle condizioni generali, economiche e sociali aggravatesi per la pandemia.
Il 54% delle donne accolte ha un'età compresa tra i 18 e i 39 anni, il 24% tra i 40 e i 49. Questo dato continua a testimoniare il trend degli ultimi anni per cui non solo le donne chiedono sostegno sempre prima, ma che la fascia di età 18-49 è il periodo più pericoloso per le donne.
Delle donne accolte al Centro, il 67% ha figli. Tra loro la metà nomina la violenza sia diretta che assistita subita dai figli nel contesto della relazione.
Osserviamo quindi come la violenza assistita fatichi ad emergere perché non riconosciuta dai padri e dalle istituzioni. La manifestazione della violenza familiare ha un aspetto duplice: quella vissuta e assistita direttamente e quella che viene percepita dal minore anche solo respirando l’aria di un contesto familiare violento, senza assistere direttamente ai fatti. Siamo convinte di poter affermare che la violenza assistita è una violenza psicologica sui minori, un vero e proprio abuso all’interno delle mura domestiche. Gli ultimi eventi di cronaca di figlicidi da parte del padre dimostrano la sottovalutazione del tema anche da parte degli istituti legislativi. Il non riconoscimento della violenza sui minori come conseguenza della violenza maschile in ambito familiare è causato anche dall'incapacità di molti operatori/trici di distinguere tra conflitto e violenza.
Tutta la difficoltà che si evidenzia nel riconoscere la violenza assistita deriva anche da una cultura che esclude il minore dalle dinamiche relazionali intra familiari e che dà poca importanza all’ascolto del loro sentire.
Proteggere i bambini dalle violenze agite sulla madre significa garantire il benessere psicofisico della diade per tutto il processo di emancipazione dalla violenza: allontanamento, separazione, ricostruzione indipendenza, autonomia.
Come equipe ci chiediamo se la necessità di “salvare” la figura paterna a tutti i costi sia un bisogno del minore o piuttosto degli adulti. Il minore è davvero soggetto di diritto o piuttosto oggetto di diritto degli adulti? Senza dubbio riabilitare la figura paterna è fondamentale per la crescita di un minore ma, in una situazione di violenza, questo processo di riabilitazione richiede tempo, cura, collaborazione e soprattutto consapevolezza da parte dell'uomo e dei servizi specialistici coinvolti.
Riteniamo che, nelle situazioni in cui le donne chiedono l'allontanamento dalla casa familiare per mettersi in sicurezza con i loro figli, proporre incontri protetti con il padre pochi giorni dopo o definire modalità di visita senza un impegno preciso da parte del padre maltrattante in un percorso di riabilitazione sia rischioso per la sicurezza emotiva e/o fisica non solo della donna ma anche dei figli/e.
Ci chiediamo, senza toni polemici, se questa necessità di salvare la figura paterna, anche se maltrattante, può significare “salvare il valore della famiglia tradizionale eteronormata” a tutti costi.
A partire dalla nostra esperienza possiamo affermare che, nella fase di allontanamento da casa, sia fondamentale supportare il nucleo madre-bambino/a in questa delicata fase di ri-costruzione della relazione creando luoghi di incontro neutri e tutelanti. Questo è ciò che facciamo a Trama di Terre grazie al progetto:
“ P i c c o l i O s p i t i ”
f i n a n z i a t o d a l l a F o n d a z i o n e P a n g e a O n l u s .
TIPOLOGIA DELLA VIOLENZA
Nel complesso, rispetto all’anno precedente, il quadro rilevante le tipologie di violenze subite rimane invariato. Il dati di accesso per tipologia di violenza relativi al periodo gennaio-ottobre 2021 sono i seguenti:
30% violenza psicologica
22% violenza fisica
21% stalking
15% violenza economica
7% matrimoni forzati
5% violenza sessuale
E’ importante sottolineare come la violenza psicologica rimanga la forma di violenza più denunciata nonostante sia quella più difficile da dimostrare. Questo dato ci dimostra come stia aumentando la consapevolezza nelle donne degli effetti distruttivi che questa tipologia di violenza genera su di loro, superando anche l’idea comune di riconoscere come violenza solo l’aggressione fisica o sessuale.
Allo stesso tempo notiamo ancora come sia difficile per molte donne riconoscere e quindi denunciare abusi sessuali quando vengono attuati all’interno di relazioni intime. Nonostante il processo culturale abbia modificato questa visione, ancora oggi risulta molto complesso riconoscere e denunciare tale abuso, in particolare all'interno del matrimonio.
Notiamo anche un lieve aumento delle richieste di aiuto per matrimoni forzati o combinati. Questo dato è possibile collegarlo al femminicidio della ragazza pakistana in provincia di Reggio Emilia che ha allarmato molte ragazze e donne, non solo all'interno della comunità pakistana. Abbiamo rilevato che tra le donne che hanno chiesto aiuto per questa specifica tipologia di violenza, alcune l'hanno fatto per evitare un matrimonio forzato e altre hanno riconosciuto la violenza del matrimonio combinato solo in seguito alle violenze agite dall'uomo ormai sposato. Il dato è interessante anche perchè va a decostruire il relativismo culturale percui il matrimonio combinato, così come alcune violenze legate all'onore, non vengono riconosciute ancora come violazione dei diritti umani delle donne (così come sancito dalla Convenzione di Istanbul) ma come una “tradizione da tollerare” o peggio come un comportamento da non criminalizzare.
AUTORI DELLA VIOLENZA
I dati confermano, in linea con gli scorsi anni, come gli autori della violenza siano per la grande maggioranza coniugi o partners con cui le donne hanno, o hanno avuto, una relazione:
36 % coniugi
21 % ex
16 % fidanzati
16 % familiari
9 % conviventi
2 % amici e conoscenti 2 % sconosciuti
Questi dati supportano la tesi precedentemente riportata, per la quale anche la maggior parte delle violenze sessuali vengono consumate all’interno delle relazioni intime.
Gli autori sono per il 50 % di origine italiana e per il 50 % di origine straniera.
OSPITALITA’
Nel 2021, l e richieste di ospitalità in pronta emergenza provenienti del territorio di Bologna Città M e t r o p o l i t a n a s o n o s t a t e 4 3 r i s p e t t o a l l e 4 8 d e l 2 0 2 0 ( – 5 ) . Di queste 43 richieste, alcune sono partite su segnalazione diretta del nostro Centro mentre altre sono arrivate mediante segnalazione del PRIS e dei Servizi Sociali all’interno dell’Accordo di ambito metropolitano per la realizzazione di attività ed interventi di accoglienza, ascolto ed ospitalità per donne che hanno subito violenza.
Il nostro Centro, come ogni anno, non ha potuto accogliere tutte le richieste di ospitalità in pronta emergenza ricevute. Riteniamo che, a partire dalla nostra lunga esperienza sul campo, la situazione in cui si trovano le donne non sia più da considerarsi come un'emergenza ma come, purtroppo, un fatto strutturale. Ciò richiederebbe a nostro avviso che finalmente vengano potenziati ed usati gli strumenti legislativi già esistenti come l'allontanamento immediato dell'uomo maltrattante al momento della denuncia, affinché le donne con i/le figli/e possano continuare a vivere la propria vita e la propria quotidianità nelle loro case.
Le case Rifugio non possono essere l’unica soluzione per quelle donne che decidono di dire basta alla violenza familiare. In un percorso di uscita dalla violenza, già di per sé doloroso, le donne continuano a percepire la collocazione nelle case protette come una punizione. Continuano ad esserci risposte legali e sociali ancora troppo flebili per le donne che decidono di intraprendere un percorso di emancipazione dalla violenza. In questa ottica diviene molto difficile pensare a una progettazione futura in autonomia quando anche il contesto sociale pone dei limiti oggettivi come la difficoltà di trovare lavoro e la difficoltà di trovare una casa. È questa situazione di forte incertezza che spinge le donne, in alcuni casi, a ritornare con l’uomo maltrattante.
OSSERVAZIONI FINALI
Dal quadro fin qui esposto, e soprattutto per l'aumento esponenziale dei contatti con donne in difficoltà avuti dal nostro Centro nelle ultime 4 settimane (dati che non sono inclusi in questo report), ci aspettiamo un progressivo aumento sia delle richieste di sostegno che di quelle di aiuto in emergenza.
Chiediamo quindi, per una reale efficacia delle politiche di sostegno e aiuto in uscita dalla violenza, che si inizi finalmente a ragionare in un’ottica di Welfare femminista che supporti le donne sole e/o con bambini nella ricerca e ottenimento di una fattiva autonomia.