Da poco vi è stata la ricorrenza più commerciale e leggera che riguarda l’amore: il giorno di San Valentino! Una festa che celebra l’amore e l’innamoramento per far girare accumulo di capitale, tra centri commerciali e corrieri express!
Invece vi propongo una celebre coppia francese. Lui, Jacques Lacan, il grande psicoanalista, ricordato anche per la sua tradizione cattolica, rinomina l’inconscio di Freud come linguaggio.
Lei, Sylvia Bataille, sposata con Georges Bataille, intellettuale di spicco in Francia, era una famosa attrice di origine ebraica che lavorò con registi come Jean Renoir, figlio del pittore impressionista Pierre-Auguste Renoir.
Quando incontra Lacan, lui è già sposato con Marie-Luise Blondin e padre di due figli. Una paternità che si distinguerà sia per qualità affettiva quanto per assenza fisica.
Cosa succede quando conosce Sylvia? La passione travolge la razionalità. Vedremo perché.
Lui teorizzò l’amore impossibile, almeno simbolicamente, tra la coppia. Ovvero consistente nello scontro tra uomo e donna a causa della loro diversità sostanziale causato dalla personalità a tratti divergente e completamente estraniante. Un incontro difficile il loro.
Jacques Lacan fu teorico della funzione paterna. Il cosiddetto “Nom-du-pere”, in italiano il nome-del-padre, dispositivo simbolico che regola il godimento materno con il figlio, se non viene messo in atto crea una forma di psicosi nella nostra vita.
Lei, Sylvia Bataille, è una fine interprete del cinema francese d’autore, sempre più sofisticato e d’essai, con uno sguardo critico alla realtà che ci circonda.
Siamo verso il 1940 quando a Parigi nasce la terzogenita di Marie-Luise Blondin e Jacques Lacan e, a distanza di circa un anno, dall’incontro del grande psicoanalista francese con l’attrice nascerà un’altra figlia. Si chiamano rispettivamente Sybille e Judith.
La prima nasce segnata dal vuoto e dalla mancanza paterna, dal successivo abbandono. Judith, la seconda, si chiamerà Bataille per anni ed eredita il cognome del futuro marito, Jean-Alain Miller. In futuro costoro diventeranno psicoanalisti di fama internazionale.
Perché interessarmi ad una storia di un amore “illecito”, “proibito” semplicemente? Non per mera curiosità, ma perché se c’è una cosa così complessa e contemporaneamente naturale e comune a tutti è proprio l’amore!
Poi i protagonisti rivestono un’importanza per la mia professione. Ho incontrato Lacan da grande, nel periodo della mia analisi personale, quando studiavo presso una scuola di specializzazione di psicoterapia psicoanalitica di Milano, esperienza molto disciplinante ma senza “misteri”, ovvero di stampo scientifico. Infatti da subito mi hanno messo in guardia da falsi miti tradizionali teorici e intrisi di pregiudizi, per non giudicare nulla e nessuno!
Grazie ai miei professori dell’I.C.L.E.S, l’Istituto per la clinica dei legami sociali di Milano, Maria Teresa Maiocchi e Mario Binasco, ho accettato perfino ciò che per me era un atto negligente, ovvero abbandonare una figlia appena nata, per procrearne un’altra quasi nello stesso istante, con un’altra donna.
Nel 2005, studiando l’etica della psicoanalisi, nel Seminario VII scritto da Jacques Lacan nel 1960, edito da Einaudi in Italia molto tempo dopo, ho dovuto misurarmi con ideali da trasformare in realtà, in possibilità di nuovi incontri se l’amore era troppo difficile e veramente impossibile da vivere. Comprendendo l’amore tra due amanti famosi e speciali, assolvevo non già i miei desideri ma anche le mie fantasie, i miei pensieri liberi in contatto con un inconscio privo di ipocrisie.
Così penso sia un esercizio utile, leggere la fine di un rapporto consolidato in una coppia, ma comunque che può finire, anche se privo apparentemente di errori umani e distrazioni sessuali. Tuttavia minacciato, se così si possono interpretare le varie strategie di Cupido, ovvero un rapporto di coppia suggellato dal sempre vivo desiderio per una donna, come per un uomo. Da provare senza falso pudore, senza sensi di colpa, senza autocondannarsi.
Chinando la testa in senso riflessivo, magari perdonando con empatia. Ovvero riconoscendo nella mancanza di fedeltà e di abnegazione del proprio partner, una variante non tanto occasionale e futile, ma necessaria e vitale. L’amore…