UN PASSO AVANTI E' STATO FATTO

da | Ott 27, 2021 | Donne e lavoro

di Isa Maggi – #statigeneralidonne

 

Siamo più della metà della popolazione ma se guardiamo ai luoghi della rappresentazione pubblica, politica, stampa, magistratura, università e impresa, ci dobbiamo chiedere: dove sono le #donne?

Il 26 ottobre 2021 si è compiuto un altro passo avanti per la piena parità di genere tra donne e uomini: Il Senato ha votato la parità salariale e la certificazione della parità di genere per le imprese, alcune misure previste dalla strategia nazionale per la parità di genere.

Con il via libera della Commissione Lavoro del Senato il Testo unificato sulla Parità Salariale diventa Legge dello Stato.

Grazie alla Legge sulla parità di genere si supera il divario retributivo uomo-donna che ogni anno costa all’Italia circa l’8% del Prodotto interno lordo.

La norma definisce una serie di modifiche e integrazioni al “Codice sulle pari opportunità tra uomo e donna”, in particolare con riferimento all’ambito lavorativo.

Il disegno di legge era stato approvato dalla Camera dei Deputati il 13 ottobre 2021 ed è stato licenziato dalla Commissione Lavoro al Senato lo scorso 20 ottobre 2021. Finanziata con 50 milioni di euro per il 2022, questo disegno di legge cerca di ridurre le differenze di retribuzione tra uomo e donna.

Infatti, in Italia, secondo i dati ISTAT, la retribuzione oraria è pari a 15,2 euro per le donne e a 16,2 euro per gli uomini. Il differenziale retributivo di genere è più alto tra i dirigenti (27,3%) e i laureati (18%). Inoltre, stando ai dati ISTAT pubblicati lo scorso febbraio: su 101.000 nuovi disoccupati, 99.000 sono donne.

Il disegno di legge definitivo dunque, prevede una serie di interventi di sensibilizzazione e premialità per le azione per abbassare il cosiddetto “gender pay gap” (ovvero la discrepanza in opportunità, status e attitudini tra i due sessi) che raggiunge picchi del 44% in Italia.

In dettaglio cosa prevede la legge?

La legge sulla parità salariale si muove secondo due direttrici:

– la prima prevede una serie di interventi per contrastare ex ante il gap retributivo di genere, attraverso misure premiali per le aziende che rimuovono le discriminazioni,

– la seconda prevede provvedimenti volti a favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

Ecco i fondamenti della legge.

1) CERTIFICAZIONE SULLA PARITÀ DI GENERE

Il disegno di legge approvato dal Senato prevede l’istituzione della certificazione della parità di genere a partire dal 1° gennaio 2022. Tale documento mira ad attestare le politiche e le misure concrete adottate dal sistema delle imprese per ridurre il divario di genere circa le opportunità di crescita in azienda, la parità salariale a parità di mansioni, le politiche di gestione delle differenze di genere e la tutela della maternità.

Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri saranno poi stabiliti:

i parametri minimi per il conseguimento della certificazione della parità di genere da parte delle aziende, con particolare riferimento alla retribuzione corrisposta, alle opportunità di progressione in carriera e alla armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro anche con rispetto ai lavoratori occupati di sesso femminile in stato di gravidanza;

le modalità di acquisizione e di monitoraggio dei dati trasmessi dai datori di lavoro e resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

le modalità di coinvolgimento nel controllo e nella verifica, del rispetto dei parametri indicati, delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e dei consiglieri di parità regionali, delle città metropolitane e degli enti di area vasta di cui alla Legge 7 aprile 2014, n. 56; 

le forme di pubblicità della certificazione della parità di genere.

La norma inoltre istituisce, presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, un Comitato tecnico permanente sulla certificazione di genere nelle imprese.

2) SGRAVI PER LE AZIENDE CHE RISPETTANO LA PARITÀ SALARIALE

A partire dall’anno 2022, alle aziende private che siano in possesso della certificazione della parità di genere viene previsto un esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro. Il tetto massimo sarà di 50 milioni di euro annui.

L’esonero è determinato in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda. Nello specifico, l’esonero sarà riparametrato e applicato su base mensile, con un apposito decreto da adottare entro il 31 gennaio 2022.

3) PREMIALITÀ NEI BANDI PER LE AZIENDE VIRTUOSE SULLA PARITÀ SALARIALE

Alle aziende private che, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, siano in possesso della certificazione della parità di genere la norma riconosce un punteggio premiale per la valutazione, da parte di Autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.

Le amministrazioni aggiudicatrici poi, sono tenute a indicare nei bandi di gara, negli avvisi o negli inviti relativi a procedure per l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell’offerta per le aziende private che hanno la certificazione della parità di genere.

4) NUOVO OBBLIGO PER LE AZIENDE CON PIÙ DI 50 DIPENDENTI

La legge sulla parità salariale introduce l’obbligo per le aziende pubbliche e private con “oltre 50” dipendenti (anziché “100” come prevede la normativa vigente) di redigere un rapporto ogni due anni sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni e in relazione allo stato di assunzioni. La relazione dovrà riguardare anche gli ambiti della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica. Inoltre, sottolinea le azioni anche su altri fenomeni di mobilità, sull’intervento della Cassa integrazione guadagni, sui licenziamenti, sui prepensionamenti e pensionamenti, sulla retribuzione effettivamente corrisposta. Invece per le aziende pubbliche e private che occupano fino a 50 dipendenti è prevista la facoltà, su base volontaria, di redigere il rapporto. Il rapporto deve essere inviato entro il 31 dicembre di ogni anno. Le aziende che non rispettano l’invio possono essere sanzionate attraverso verifiche dell’Ispettorato del Lavoro.

5) LA “DISCRIMINAZIONE DIRETTA E INDIRETTA”

La norma integra la nozione di discriminazione diretta e indiretta (di cui all’articolo 25 del Codice per le pari opportunità, Decreto Legislativo 11 aprile 2006, n. 198). In particolare, vengono inseriti tra le fattispecie discriminatorie anche gli atti di natura organizzativa e oraria nei luoghi di lavoro. Il testo si riferisce a quegli interventi che, modificando l’organizzazione delle condizioni e il tempo del lavoro, mettono la lavoratrice in una posizione di svantaggio. Stesso discorso per le modifiche che limitano lo sviluppo di carriera per le donne, rispetto alla generalità degli altri lavoratori. La nozione di discriminazione è stata estesa anche agli atti compiuti nei confronti di “candidate e i candidati in fase di selezione del personale” e non più solamente alle lavoratrici e lavoratori.

6) OBBLIGHI PER LE SOCIETÀ PARTECIPATE

Nella legge sulla parità salariale si estende anche alle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni ai sensi dell’articolo 2359 del Codice Civile, non quotate in mercati regolamentati, l’obbligo di dotarsi di uno statuto che preveda che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato in base a un criterio che assicuri l’equilibrio tra i generi come previsto dal Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

7) MONITORAGGIO SULL’APPLICAZIONE DELLA LEGGE

La legge sulla parità salariale dispone che venga presentata una relazione biennale relativa ai risultati del monitoraggio sull’applicazione delle norme in materia di parità e pari opportunità nel lavoro. Inoltre, la valutazione degli effetti delle disposizioni del Codice delle pari opportunità sia presentata al Parlamento dalla consigliera o dal consigliere nazionale di parità, entro il 31 marzo di ogni anno. A monitorare l’applicazione della Legge, anche il Comitato nazionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento e uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici.

L’obiettivo della nuova legge sulla parità salariale è sostenere le imprese “vitali”, che rispettano e diffondono le buone pratiche in materia di uguaglianza di genere. Un modo per spingere anche quelle che finora hanno operato discriminazioni a cambiare registro, dando così vita a un circolo virtuoso anche attraverso un maggiore coinvolgimento delle donne nel mondo della politica, della formazione e del lavoro. La legge attende la pubblicazione in Gazzetta.

La legislazione si evolve e si arricchisce di nuove norme per contrastare ogni forma di discriminazione di genere ma d’altra parte sappiamo che la società italiana presenta ancora grosse criticità con una profonda arretratezza culturale che determinano pregiudizi e ostacoli alla piena valorizzazione delle donne, soprattutto sul mercato del lavoro.

Abbiamo bisogno di un linguaggio nuovo dove sdoganare definitivamente le parole come “ conciliazione” e “inclusione”.

Noi donne siamo le protagoniste, non soggetti deboli da “includere”!

Abbiamo bisogno di maggiore spazio di formazione, di coraggio e di determinazione.

Abbiamo bisogno sempre più di Uomini Illuminati che con noi camminano sulle strade della parità.

Non potrà essere una norma a cambiare la storia ma intanto è stato compiuto un passo avanti perché è questo il tempo per noi donne di essere protagoniste del cambiamento nel segno di una grande Alleanza.

#oraomaipiù