Sì al danno patrimoniale alla casalinga se prova gli effetti permanenti della lesione sul suo lavoro, 11 novembre 2011

da | Nov 15, 2011 | Anno 2011

Sì al danno patrimoniale alla casalinga se prova gli effetti permanenti della lesione sul suo lavoro
Impossibile negare che l’alto grado d’invalidità dovuto all’incidente riduca la capacità di attendere alle attività domestiche

Fare la casalinga è un lavoro come tutti gli altri: la lesione riportata dopo l’incidente stradale dalla donna che si occupa delle faccende domestiche rientra nel danno patrimoniale laddove l’infortunata lamenti effetti negativi permanenti che scaturiscono dalla lesione alla salute riportata nel sinistro e che le impediscono di attendere come in passato alle sue attività quotidiane. Ma in mancanza di prove certe in questo senso il giudice non può liquidare alcun risarcimento. È quanto emerge da una sentenza pubblicata l’11 novembre 2011 dalla terza sezione civile della Cassazione.

Onere della prova
La lesione alla salute dell’infortunato cagionata dal sinistro non implica di per sé la liquidazione del danno patrimoniale da riduzione della capacità di lavoro. E la lesione alla salute patita dalla “regina della casa” non fa eccezione. La casalinga che invoca il risarcimento, allora, dovrà documentare la sussistenza di esiti permanenti riconducibili al sinistro che le impediscono o le rendono più pesante, lo svolgimento del lavoro domestico, tanto oggi quanto in futuro.

Vizio di motivazione
Accolto, nella specie, il ricorso della danneggiata. La prima consulenza rileva un’invalidità permanente al 42 per cento ma esclude ogni effetto negativo sullo svolgimento delle attività domestiche. A questo punto il giudice dispone il rinnovo della Ctu: la seconda perizia individua un’incidenza del 25 per cento sulla capacità lavorativa casalinga. Sbaglia allora il giudice del merito a ritenere tout court non allegati fatti idonei a dimostrare il danno patrimoniale futuro sotto i profili del danno emergente e del lucro cessante. E ciò per due motivi: non è razionale ritenere che un’invalidità permanente piuttosto elevata non determini alcuna conseguenza sull’attività di casalinga; è contraddittorio disporre il rinnovo della Ctu in accoglimento di tesi prospettate con l’atto di appello e poi, dopo l’esito favorevole dell’accertamento medico-legale, rimproverare alla parte istante di non avere offerto elementi idonei. La parola torna alla Corte d’appello.