Se l'Aula dimentica le donne

da | Lug 22, 2018 | L'opinione

di Linda Laura Sabbadini

l Parlamento ha votato per il rinnovo dei suoi rappresentanti negli organi di autogoverno della
Magistratura: per quella ordinaria (Csm), quella Amministrativa, Tributaria e la Corte dei conti. Si tratta di 8 componenti per il Csm e 4 per ciascuno degli altri tre organi. Sapete il risultato? 20 uomini su 20. E sapete quante sono le donne nella magistratura ordinaria? Il 53% del totale

Nella consiliatura precedente il Parlamento aveva eletto donne in tutti e quattro gli organi di autogoverno della Magistratura. E ora, nessuna. Nella componente del Csm eletta direttamente dai magistrati, il risultato è stato migliore, con 4 donne.
Ma non va bene lo stesso, perché ciò significa che nel Csm saranno presenti solo 4 donne su 27, cioè meno del 15% del totale. Dove è finito l’art.3 della Costituzione che afferma la parità formale e sostanziale? Dove è finito l’art.51 che impone pari opportunità nelle cariche elettive? Stiamo facendo i passi del gambero, siamo tornati indietro e di tanto. Il Parlamento mostra di stare più indietro dell’Assemblea Costituente del 1946 che ha varato la Costituzione che garantisce la pari opportunità nelle cariche pubbliche.
C’era stata una strenua battaglia ad opera delle 21 donne costituenti su 556 membri, per eliminare qualunque riferimento a mancate attitudini delle donne nel campo della giustizia.
Il Parlamento dimostra di stare più indietro di quello del 1981, ben altra epoca, che votò per la prima volta due donne nel Csm, controbilanciando l’assenza tra le togate. Dimostra di stare anche più indietro dei sei differenti Parlamenti che si sono succeduti e hanno espresso donne tra gli eletti. La presenza delle donne negli organi di autogoverno è un presupposto fondamentale di una democrazia compiuta, perché o la democrazia è fatta di uomini e donne o non è. E il Parlamento dovrebbe essere primo a garantire una equa rappresentanza di uomini e donne in organismi così delicati per la democrazia del Paese.
Bisogna sanare questo vulnus. Il governo e il Parlamento propongano un disegno di legge che introduca un meccanismo contro il monopolio maschile nell’elezione degli organi di autogoverno di tutta la magistratura, sia per la componente togata eletta dai magistrati, che per la componente laica eletta dal Parlamento. Stiamo parlando della fruibilità di un diritto delle donne. Le donne in magistratura sono tante, sono brave, competenti, forti. Non hanno bisogno di elemosina, ma devono poter esercitare il loro diritto a contare. Se non si riesce a garantire la fruibilità del diritto, si proceda con strumenti e meccanismi in grado di assicurare, anche mediante quote di risultato, la equilibrata rappresentanza di genere. In altre parole, nel caso non venisse eletta nessuna donna nella componente dei togati si proceda all’elezione della prima delle non elette (e via dicendo per le successive) fino al raggiungimento di una equa rappresentanza, analogamente nel caso del Parlamento.

L’Associazione delle Donne Magistrato per bocca della sua presidente Carla Marina Lendaro denuncia la gravità della totale assenza di elette di genere femminile, sottolinea che «è» indispensabile che il Csm esprima le diverse sensibilità anche di «genere» e fa appello «affinché
anche in questa legislatura vengano operate scelte che rimedino allo squilibrio di genere nell’organo di autogoverno». Raccogliamo l’appello! Ci vuole giustizia per governare con giustizia.

pubblicato su La Stampa, 21 luglio 2018