Il 25 novembre è la giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne. Come ogni anno in questi giorni si fa il conto delle donne uccise da partner o ex-partner, padri e fratelli: in Italia siamo a 123 dal 1 gennaio a oggi.
Il portone di Trama di Terre, ogni anno, viene attraversato da centinaia di donne che chiedono di essere ascoltate e sostenute nella loro lotta per far valere i propri diritti e per liberarsi dalla violenza. In questa giornata simbolo, Trama di Terre sarà CHIUSA PER PROTESTA, quest’anno insieme ai centri antiviolenza di Modena, Viterbo e Catania.
Perché chiudiamo?
A partire dal 25 novembre 2012, passando dallo Sciopero delle donne fino all’ultima edizione di One Billion Rising, siamo scese in piazza in centinaia a Imola chiedendo le stesse cose:
• un tavolo politico di contrasto alla violenza che ad oggi non esiste ancora (esiste solo un tavolo tecnico);
• una formazione continua e condivisa per tutti i soggetti che lavorano per contrastare la violenza maschile sul territorio;
• una convenzione che copra i costi reali della gestione del Centro Antiviolenza e delle case rifugio e di emergenza;
• la pubblicazione dei dati dell’incidenza della violenza maschile sul territorio (non solo dati quantitativi ma anche le risposte qualitative date alle donne che si rivolgono ai servizi);
• campagne di informazione e sensibilizzazione in tutte le scuole, di ogni ordine e grado.
A oggi NULLA È CAMBIATO e noi siamo STANCHE DI RIPETERE GLI STESSI APPELLI.
A livello nazionale sarà Roma a ospitarci il 26 novembre in un corteo che speriamo oceanico. Centinaia di pullman da tutta Italia porteranno collettivi, associazioni, singole donne a partecipare a quella che – si prevede – sarà una delle più grandi manifestazioni contro la violenza maschile sulle donne nel nostro Paese. Da Imola partiremo con un pullman da 93 posti, ma altre decine di donne della città si aggiungeranno con il treno.
Perché noi donne di tutto il mondo sappiamo che, davanti all’assenza di assunzione di responsabilità politica da parte di chi ci amministra, è solo con la nostra lotta dal basso che possiamo produrre quel cambiamento radicale, culturale e sociale, di cui abbiamo bisogno per sconfiggere la violenza.